Dai licenziamenti alle maternità

Il Jobs Act, in sei punti

Il Jobs Act, in sei punti
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Con 165 sì, 111 no e due astenuti, la legge delega per la riforma del lavoro, firmata Renzi e Poletti (il ministro del Lavoro) e meglio nota come Jobs Act, ha superato l’esame del Senato nella notte fra l’8 e il 9 ottobre. Tantissimi i temi toccati, dai contratti di lavoro ai licenziamenti fino agli ammortizzatori sociali, che muteranno notevolmente l’attuale disciplina.

  • I rapporti di lavoro. Innanzitutto, la riforma ha messo mano al caotico mondo della contrattualistica del lavoro: l’intento principale è quello di favorire la stipulazione di contratti a tempo indeterminato, rendendoli allo stesso tempo economicamente più vantaggiosi per il datore di lavoro. Lo strumento con cui si intende perseguire questo obiettivo è il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti: in base all’anzianità di servizio, il rapporto di lavoro prevede differenti trattamenti, sempre più vantaggiosi per il lavoratore con lo svilupparsi della carriera. In questo modo verrebbero accontentate entrambe le parti: il datore di lavoro può assumere giovani professionisti senza obblighi contrattuali particolarmente onerosi, mentre il lavoratore ha la possibilità di ottenere fin da subito un contratto a tempo indeterminato con la garanzia che col passare del tempo i termini del rapporto di lavoro si faranno per lui sempre più vantaggiosi. Naturalmente, con questa nuova disciplina sparirebbero varie tipologie di contratto alternative al tempo indeterminato, semplificando complessivamente il mondo del lavoro e garantendo maggiori tutele per tutte le parti in gioco.
  • I licenziamenti. Dal punto di vista della disciplina dei licenziamenti, il grande tema riguardava il dualismo fra reintegra del lavoratore e indennizzo economico in seguito alla perdita del posto di lavoro; per analizzare al meglio le nuove modifiche della disciplina, occorre distinguere tre grandi categorie: i licenziamenti economici, quelli disciplinari e quelli discriminatori. Per quanto riguarda i primi, ovvero i licenziamenti dettati da esigenze economiche dell’azienda, la reintegra è prevista solo per i casi di manifesta insussistenza della causa, altrimenti il lavoratore avrà diritto ad un indennizzo calcolato in base all’anzianità del servizio. Per quanto riguarda i secondi, ovvero i licenziamenti dettati da comportamenti scorretti o irregolari del lavoratore, la reintegra avviene solo nel caso in cui le ragioni del licenziamento siano palesemente ingiustificate, secondo casi tassativamente stabiliti dalla legge (così da ridurre al minimo la discrezionalità del giudice), altrimenti è stabilito un indennizzo economico anch’esso calcolato in base a precise indicazioni della legge. Infine, i licenziamenti discriminatori, nonostante alcune polemiche delle ultime settimane, vengono naturalmente giudicati illegittimi in ogni caso, per il semplice fatto che sono costituzionalmente vietati.
  • Gli ammortizzatori sociali. Gli ammortizzatori sociali rappresentano una serie di misure che hanno l’obiettivo di offrire sostegno economico ai lavoratori che hanno perso il posto, come la cassa integrazione o l’assicurazione sociale per l’impiego (Aspi). Il Jobs Act prevede l’esclusione della possibilità di integrazioni salariali in caso di cessazione di attività aziendale o di ramo d’azienda: se è un singolo lavoratore a perdere il lavoro allora le tutele hanno luogo, se invece è l’intera attività a chiudere i battenti, non ci possono essere sussidi. Si potrà inoltre accedere alla cassa integrazione solo nel caso in cui si siano esaurite le possibilità di mantenimento del posto con riduzione dell’orario di lavoro. L’Aspi viene estesa anche a coloro che sono sotto contratto di collaborazione coordinata e continuativa (i famosi co.co.co.), mentre sono previste sanzioni per i lavoratori che hanno perso il posto ma che non si rendono disponibili ad una nuova occupazione o a programmi di formazione.
  • Il demansionamento. Con questo termine si indica una modifica delle mansioni del lavoratore in caso di crisi dell’azienda. Questa possibilità, secondo il Jobs Act, sussiste solo sulla base di parametri oggettivi ed entro determinati limiti, e deve bilanciare sia l’interesse del lavoratore che del datore di lavoro. Molto interessante è la possibilità di stabilire questi parametri e limiti non solo a livello di contrattazione nazionale, ma anche aziendale, con ogni singola impresa che ha la possibilità di perfezionare la disciplina di base secondo le proprie esigenze, attraverso il dialogo fra datore di lavoro e sindacati aziendali.
  • Il ricollocamento. Per quanto riguarda gli aiuti ai disoccupati, è previsto un collegamento fra misure di sostegno al reddito e agenzie di ricollocamento, con queste ultime che trovano finanziamento economico a fronte di un effettivo inserimento del lavoratore disoccupato per un congruo periodo. L’intento è trovare armonia fra i sussidi economici previsti per coloro che perdono il lavoro e l’attività di sostegno al reperimento di un nuovo impiego, così da evitare ogni genere di spreco.
  • Le tutele. Per quanto riguarda il tema della maternità e della relativa conciliazione fra tempi di vita e di lavoro, si intende ampliare il più possibile l’applicazione delle tutele riservate a questa categoria, con l’estensione dell’indennità anche alle lavoratrici che non hanno versato contributi, con la previsione di ulteriori tutele per coloro che hanno figli minori o disabili a carico, e con l’introduzione di forme di telelavoro, così da poter continuare a svolgere la propria mansione anche da casa in periodo di maternità. Confermata la facoltà di un lavoratore di cedere propri periodi di ferie a colleghi con necessità di tempo per la cura dei figli.
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