Perché Putin tifa Trump (e ritorno)
Nelle prossime elezioni americane per chi fa il tifo Putin? Ci sono pochi dubbi. Il presidente russo è tutto schierato con Donald Trump. E da parte sua, Donald Trump senza nascondersi fa capire che, se vincerà, con il Cremlino ci sarà un bel feeling. Lo si è capito ieri quando il candidato repubblicano, rivelando una familiarità di rapporti sorprendente, ha chiesto a Putin di tirar fuori tutte le mail che riguardano un pasticcio in casa democratica: sono le mail che confermano come la Direzione nazionale di quel partito, la Dnc, non sia stata affatto imparziale nel corso della campagna elettorale che ha visto Hillary Clinton in duello con Bernie Sanders. La Dnc avrebbe apertamente favorito Hillary, venendo meno a una delle regole del partito. Era stato lo stesso capo della campagna della Clinton, Robby Mook, a puntare il dito contro Mosca: «Gli esperti ci dicono che soggetti statali russi sono entrati nel serve della Dnc rubando le mail e le hanno rese pubbliche per dare una mano a Trump».
Ecco il punto: per dare una mano a Trump. Ma perché a Putin interessa una vittoria del candidato repubblicano, rappresentante di una destra giudicata da tutti molto retriva? Tradizionalmente, i repubblicani danno più attenzione alla politica interna che a mire internazionali. Quindi un repubblicano alla Casa Bianca lascia più tranquillo Putin. Un segnale lo si è avuto subito. Trump, rispetto alla questione della presenza delle truppe Nato nei paesi vicini alla Russia, si è fatto scappare una minaccia che è piaciuta al Cremlino: ha detto che la Nato stessa non farà scattare l’articolo 5, quello della mutua solidarietà in caso di attacco, se i Paesi eventualmente sotto tiro di Mosca (il riferimento è in particolare alle repubbliche baltiche) non saranno a posto con il pagamento delle loro quote per la Nato. Lo ha detto in un’intervista al New York Times, quindi ha lanciato un segnale forte. Insomma ha trasformato una questione geopolitica in una questione da ragioneria economica.
Con Trump al potere, allora, Putin sa che troverà un tacito alleato nella sua offensiva contro le minoranze, gay in particolare. La psicologia politica dei due è molto affine: non amano condividere le decisioni, non temono di esprimersi con un linguaggio diretto e volte brutale. Pensano che la spregiudicatezza sia una qualità per chi governa. E non vedono certo bene l’idea che una donna prenda il potere…
Poi ci sono altri fattori più concreti. Il Washington Post ha scritto che «a partire dagli anni Ottanta, Trump e la sua famiglia hanno compiuto numerosi viaggi di lavoro a Mosca alla ricerca di opportunità di business». Come ha scritto Luigi Ippolito sul Corriere della Sera, «Trump fa molti affari in Russia e ha perfino organizzato il suo concorso di Miss Universo a Mosca nel 2013. E il manager della sua campagna, Paul Manafort, aveva in precedenza lavorato per il presidente filorusso dell’Ucraina Viktor Yanukovich». Ultimamente il candidato repubblicano avrebbe trovato difficoltà a farsi aprire linee di credito dalle banche americane dato il suo indebitamento, e così sarebbero arrivate in suo soccorso banche russe. Secondo un giornalista investigativo, Josh Marshall, che sul tema ha scavato molto – Trump sarebbe diventato «con gli anni, sempre più dipendente dal flusso di denaro dalla Russia». Insomma l’erede di quell’altro Donald, il grande Reagan che aveva affossato il comunismo di Mosca, oggi è il miglior alleato del nuovo zar. Chi ha da temere è la candidata Hillary…