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Le api come i dinosauri? Sono calate del 50 percento

Le api come i dinosauri? Sono calate del 50 percento
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I primi a dirlo furono i due evoluzionisti ed esperti di biodiversità Edward Wilson e Niles Eldredge vent’anni fa: la sesta estinzione di massa del nostro pianeta sta iniziando. Allora, gran parte della comunità scientifica mondiale, la ritenne però un’ipotesi esagerata e ampiamente catastrofista. Dieci anni dopo, nel marzo del 2004, il direttore del Centro per l’Ecologia di Dorset, Jeremy Thomas, condusse un nuovo studio che portò allo stesso tragico verdetto del precedente: la Terra sarebbe sull’orlo della sesta tragica estinzione di massa. Lo studio non era particolarmente accurato e nonostante l’attenzione che ricevette da parte dei media, il mondo scientifico lo snobbò. Solamente nel 2011, grazie allo studio di un gruppo di paleobiologi dell’Università di Berkley pubblicato sulla rivista Nature, ci si convinse che il nostro pianeta fosse realmente sull’orlo del baratro. La conferma definitiva è giunta pochi giorni fa, quando la rivista Science ha pubblicato lo studio di un gruppo di biologi di Stanford guidati da Rodolfo Dirzo, che rende noto come l’attività dell’uomo stia provocando danni enormi sull’equilibrio della Terra, danni che potrebbero portare alla sesta estinzione di massa da qui a tre generazioni.

 

 

Le “Big Five” e l’attuale situazione. Quella che, secondo gli studiosi guidati da Rodolfo Dirzo, sarebbe in corso è la sesta estinzione di massa poiché il nostro pianeta ha già assistito ad altri cinque eventi simili, noti con il soprannome di “Big Five”. In 540 milioni di anni, la Terra ha assistito a cinque ecatombi dovute ai più disparati motivi (eruzioni vulcaniche, variazioni climatiche o asteroidi) e che hanno portato ogni volta alla completa scomparsa di almeno il 75% delle specie animali viventi. L’ultima estinzione di massa è avvenuta 65 milioni di anni fa e portò all’estinzione quasi tutti i dinosauri. Da quella tragedia furono avvantaggiati mammiferi, tra cui l’homo sapiens, che sta oggi causando la sesta estinzione di massa della storia della Terra. Dal 1500 ad oggi ben 322 specie di vertebrati si sono estinte e circa un terzo delle rimaste sono in via d’estinzione. Tutte sono mediamente vittime di un calo della popolazione pari al 28%. Gli invertebrati son messi peggio, con un calo di unità, negli ultimi 40 anni, di circa 45 punti percentuali. E gli insetti non stanno meglio: un terzo delle specie è in via d’estinzione, con farfalle e falene diminuite del 35% e api e coleotteri in calo addirittura per circa il 50%. Le cause di questa rapida e immane ecatombe sono tutti riconducibili all’uomo, a partire dalla deforestazione e frammentazione degli habitat (che ha colpito soprattutto le grandi specie di mammiferi come tigri, panda ed elefanti) per arrivare all’inquinamento delle attività agricole e industriali, passando per lo sfruttamento intensivo di caccia e pesca. In pochi secoli un’unica specie, quella umana, ha saputo portare sull’orlo del baratro il resto delle forme viventi che con lei convivono su questo pianeta.

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Le api sono a forte rischio estinzione

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I coleotteri sono diminuiti di circa il 50%

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Le farfalle sono diminuite del 35%

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Il rinoceronte nero è una specie a rischio estinzione

Le conseguenze e l’unica soluzione possibile. I fattori che hanno portato la vita sulla Terra a questa situazione, spiega il team di ricercatori, si sono mixati insieme, dando vita ad un cocktail letale. Il panorama che si apre innanzi a noi è quello di un equilibrio biologico completamente sfasato in cui vivranno le nostre future generazioni. Un pianeta con meno biodiversità, in cui poche specie domineranno in maniera opportunistica e feroce il mondo intero, risulterebbe logicamente più debole e più facilmente vittima di scontri esistenziali. La scomparsa di anche una sola intera categoria animale causerebbe un effetto domino che colpirebbe tutte le specie esistenti. Ecco perché è importante preoccuparsi della possibile estinzione anche di specie apparentemente “inutili” come tanti insetti. L’unica soluzione possibile, secondo gli scienziati, sarebbe attuare immediatamente una serie di politiche di tutela ambientale globale da anni usate come slogan, ma mai realmente intraprese. Gli ostacoli sono però di due tipi: uno è legato alle difficoltà di coordinamento politico e l’altro a cause psicologiche. Un singolo Stato o governo poco può fare, sarebbe necessaria un’azione collettiva da parte di tutte le nazioni, ma la cosa appare, oggi più che mai, impossibile. Inoltre è sempre difficile assumersi un impegno sociale ed economico rivolto non al presente, bensì al futuro, ovvero a favorire di qualcuno che ancora non esiste. Ma siamo figli di una fine del mondo altrui, accaduta 65 milioni di anni fa, e ora rischiamo di essere gli autori di una nuova strage.

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