Alla Virgin ferie illimitate (vorreste lavorarci, vero?)
Mesi e mesi di vacanza senza perdere il lavoro, anzi, rispondendo ai propri compiti esattamente come se si fosse in ufficio tutto il giorno: perché no? È la domanda che si è posto Richard Branson, fondatore e numero uno di Virgin, il gruppo di rilevanza mondiale che si occupa di viaggi, intrattenimento e media. Tutto sommato, si chiede Branson, se un dipendente riesce ad espletare il proprio lavoro in meno tempo di quanto previsto, oppure addirittura da una spiaggia sorseggiando cocktail e ascoltando il mare, perché si dovrebbe obbligarlo a venire in ufficio? Da queste riflessioni è nato il nuovo piano ferie della Virgin: liberi tutti, basta che portiate a termine quello che dovete fare.
Un’idea (quasi) pionieristica. Questa nuova impostazione delle ferie dei propri dipendenti, Branson l’aveva già anticipata lo scorso settembre, in occasione dell’uscita del suo libro The Virgin Way, in cui spiegava al mondo i principi e le idee sottostanti ad una delle imprese più innovative e di successo del mondo. Branson scrive: «Il lavoro flessibile ha rivoluzionato come, dove e quando svolgiamo le nostre mansioni. Perciò, se lavorare dalle 9 alle 17 non esiste più, perché dovremmo avere linee rigide annuali per le vacanze?». A dire il vero, l’intuizione di Branson non è del tutto innovativa, poiché si tratta di un’impostazione lanciata già da Netflix, il colosso mondiale di noleggio di Dvd e videogiochi e dello streaming online: nella società californiana avevano già adottato una linea per cui si poteva godere di ferie illimitate e gestire le spese senza che vengano approvate dai direttori, a condizione che agiscano nell’interesse dell'azienda.
Netflix si definì orgogliosa di assumere solo «adulti totalmente qualificati», che vengono trattati come tali. È conferita loro la massima libertà d’azione, in modo che possano correre rischi e proporre idee innovative senza restare impantanati in un procedimento prestabilito. La nuova impostazione di Netflix sembra aver funzionato alla grande, e così Branson ha deciso di tentare anche nella sua Virgin. In quest’ultimo anno lavorativo, dunque, i dipendenti degli uffici di New York, Londra, Sydney e Ginevra, per un totale di 160 lavoratori, hanno avuto la possibilità di gestire come meglio ritenevano il loro tempo, stabilendo ciascuno a proprio piacimento quanto dedicare al lavoro e quanto al tempo libero, con un’unica condizione: non ledere le proprie mansioni e il business dell’azienda. In questi primi mesi i risultati sono stati ottimi, e qualora la sperimentazione dovesse superare brillantemente anche l’ostacolo principale, ovvero l’estate, allora questa nuova policy coinvolgerà tutti i dipendenti dell’azienda.
Tutto sta in unico concetto: responsabilità. Si intuisce come al fondo di questa nuova impostazione ci sia un grande fiducia nella responsabilità e nella maturità professionale dei propri lavoratori, chiamati a saper organizzare perfettamente il proprio tempo e i propri compiti. Branson, d’altra parte, ammette senza problemi di nutrire piena fiducia nel fatto che i suoi dipendenti si dimostrino all’altezza, poiché allora potranno constatare come la possibilità di svolgere le proprie mansioni in totale libertà, in termini sia di tempo che di spazio, porterà ad un incremento della loro creatività ed efficienza. E se tutto dovesse andare per il verso giusto, a guadagnarci, oltre che il personale, sarà anche l’azienda, sgravata da numerose faccende burocratiche di organizzazione delle ferie dei propri dipendenti e di eventuali rimborsi di ferie non sfruttate. Ma qualche critico ha già fatto sentire la propria voce: c’è chi ritiene, infatti, che lasciare la più completa libertà organizzativa ai propri dipendenti possa generare in loro una costante ansia rispetto al riuscire a svolgere adeguatamente il proprio lavoro, oltre che ad eventuali sensi di colpa per il non essere partecipi, localmente parlando, in prima linea all’attività dell’azienda. Tutti aspetti che, inevitabilmente, lederebbero la serenità e il rendimento dei lavoratori. Ma Branson intende provarci comunque, e il precedente di Netflix fa senz’altro ben sperare.