Il formaggio non fa ingrassare (parola di scienziati irlandesi)

Un tagliere di formaggi gustato ovunque, meglio ancora se in una baita di montagna all’aria aperta, ha un sapore incomparabile. Buono è dir poco. Ma a cotanta prelibatezza e alle ricche fette di pane tagliate spesse con cui spesso si accompagna, si abbina solitamente un postumo un senso di colpa. Quanto meno nei confronti della linea, poiché, tra grassi e malsanità varie, non c'è da stare allegri. E invece no. Secondo i risultati di un nuovo studio dell’University College di Dublino, in Irlanda, pubblicato sulla rivista Nutrition & Diabetes, gli abituali consumatori di prodotti lattiero-caseari non solo sono più magri di coloro che ne mangiamo meno o addirittura vi rinunciano, ma non mostrerebbero neppure un incremento dei tassi di colesterolo cattivo (Ldl), quello responsabile del potenziale sviluppo di malattie cardiovascolari. Scende così dal banco degli imputati il formaggio, messo finora all’indice fra i principali cibi capaci di alimentare il grasso (adiposo o del colesterolo).
Lo studio. La ricerca irlandese ha coinvolto oltre 1.500 residenti di età compresa tra 18 e 90 anni, che per tre giorni sono stati interrogati e monitorati sulle loro abitudini alimentari, in particolare riguardo al consumo di formaggio e di prodotti lattiero-caseari, compresa la tipologia di latticino prescelto. Che poteva includere latte, formaggio, yogurt, burro e panna, tutti comunque con un contenuto più o meno importante di grassi. Saturi, in particolare, quelli che si dice vadano limitati il più possibile nella dieta, perché associati a un eventuale incremento di sviluppo di malattie cardiovascolari e del metabolismo.
Teoria smentita. I ricercatori avrebbero osservato che i forti - o comunque gli abituali - consumatori di prodotti lattiero-caseari, erano coloro che avevano un indice di massa corporea più basso, traducibile in una percentuale di grasso corporeo minore, una circonferenza vita inferiore e una maggiore sensibilità all'insulina rispetto ai blandi o non consumatori. Ma c’è di più, perché le quantità superiori di latticini assunte non si associavano a un incremento proporzionale dei livelli di colesterolo cattivo nel sangue. O comunque i livelli non risultavano più elevati rispetto ai tassi dei non mangiatori. Dunque, i prodotti lattiero-caseari non esporrebbero a un maggior rischio di malattie cardiovascolari, neppure i più golosi.
La spiegazione. Come si spiega la questione? Le ragioni sono almeno due. La prima è riferibile a particolari sostanze nutritive presenti nei latticini, comunque in grado di salvaguardare la crescita del colesterolo Ldl, e in secondo luogo, il formaggio non va considerato come alimento a sé, ma va posto in relazione con gli altri elementi della dieta. Ovvero va valutato all’interno di modello alimentare globale. Lo studio avrebbe poi fornito anche un'ulteriore informazione e cioè che i consumatori di formaggio tendono poi a mangiare più carboidrati rispetto ai mangiatori più moderati. Che posa potrebbe significare? La risposta, forse, ci sarà data da un nuovo studio. Tutto ancora da organizzare e avviare.