Che giornata domenica al Corviale Il Papa, un bambino e la speranza
Che giornata domenica al Serpentone. Per chi non lo sapesse il Serpentone è quell’immenso e famigerato complesso abitativo costruito nella periferia sud ovest di Roma negli Anni Settanta, meglio noto come Corviale. Domenica da quelle parti è stata una giornata molto speciale per la visita di papa Francesco. O meglio, di Francesco vescovo di Roma, come Bergoglio si è definito sin dal primo giorno di pontificato. Il papa non ha mai dimenticato in questi anni la sua funzione, e poco alla volta sta visitando tutte le parrocchie delle borgate romane. È già arrivato alla sua sedicesima visita.
Domenica è stata la volta di San Paolo della Croce, la parrocchia del Corviale. Appena arrivato ha voluto rendersi conto del contesto facendo un giro in macchina del complesso, che è lungo oltre un chilometro e nel quale ci sono 1200 appartamenti e quindi qualche migliaio di persone. Le strade erano state risistemate dal Comune per l’occasione. Le persone si affacciavano per una volta a festa dalle finestre di quell’infinito alveare di abitazioni. Sono situazioni in cui Francesco si trova immediatamente a suo agio, perché nell’incontro con questa umanità povera e ricca solo di bisogni, trova accenti di autenticità umana. Si trova insomma più a casa qui che non in Vaticano.
C’è stato un momento clou quando il papa ha incontrato bambini e ragazzi nell’oratorio tenuto con tanta passione dal parroco don Roberto Cassano e da due sacerdoti fiorentini che hanno scelto di vivere in un appartamento nel Corviale, per condividere la vita delle persone ed essere loro più vicini. C’era un microfono pronto per le domande dei bambini, in quel contesto spoglio ma così pieno di attese. Quando è arrivato il turno del piccolo Emanuele, imbacuccato nella sua giacca a vento quasi avesse pudore a mostrare il volto, è accaduta una cosa che ha commosso tutti. Emanuele infatti, dopo qualche tentativo, non è riuscito a prendere la parola e a rivolgere la domanda che aveva preparato a papa Francesco. Don Roberto, che conosceva la sua storia, si è affrettato ad aiutarlo e ha cercato di fargli tornare coraggio standogli vicino. Ma alla fine le lacrime di Emanuele hanno commosso anche lui.
Così Francesco ha chiamato a sé il ragazzino e abbracciandolo si è fatto dire a tu per tu quello che avrebbe voluto chiedergli. Emanuele ha raccontato di aver perso da poco il papà e di aver paura che essendo stato ateo nella vita non possa essere andato in Paradiso. Un pensiero semplice e meraviglioso di un figlio che ha voluto tanto bene a un padre. Francesco ha voluto sapere di più. Ha così scoperto che quel papà aveva altri tre figli, e che pur non credendo aveva voluto che tutti fossero battezzati. È un minuto di colloquio nel silenzio generale, ma sembra lungo un’eternità. Il Papa prima risponde a lui all’orecchio. Quando Emanuele è tornato al suo posto e si è asciugato le lacrime il Papa ha ripreso la parola davanti a tutti.
«Magari tutti noi potessimo piangere come Emanuele, quando avremo un dolore come ha lui nel cuore. Lui piangeva per il papà. E ha avuto il coraggio di farlo davanti a noi, perché nel suo cuore c’è l’amore del papà. Io ho chiesto il permesso a Emanuele di dire in pubblico la sua domanda e lui mi ha detto di sì. Per questo la dirò». E poi ha continuato: «Che bello che un figlio dica di suo papà: era bravo. È una bella testimonianza che quell’uomo ha dato ai figli. Se è stato capace di fare figli così, è vero, era un uomo bravo. Non aveva il dono della fede ma aveva il cuore buono. Chi decide chi va in cielo è Dio, ma come è il cuore di Dio davanti a un papà così? Dio ha un cuore di papà. Voi pensate che Dio sarebbe capace di lascialo lontano? Dio abbandona i suoi figli? Li abbandona, quando sono bravi?». Francesco poi ha guardato il bambino: «Emanuele, questa è la risposta: Dio sicuramente era fiero di tuo papà, perché è più facile battezzare i figli essendo credente che non essendolo. E sicuramente a Dio questo è piaciuto tanto. Parla con tuo papà, prega tuo papà».