Praticamente un miracolo

Vivo dopo 42 minuti sott'acqua E tutti gli altri salvati in extremis

Vivo dopo 42 minuti sott'acqua E tutti gli altri salvati in extremis
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In questi giorni i mass media riportano l’incredibile storia di un ragazzo che, rimasto per diverso tempo sott’acqua, è riuscito comunque a salvarsi grazie alla tenacia e al coraggio di alcuni medici del San Raffaele di Milano. Ma andiamo con ordine. È il 24 aprile scorso quando Michael, questo il nome del protagonista della vicenda, assieme a un piccolo gruppo di amici, si sta tuffando da un ponticello nelle acque del Naviglio, a Castelletto di Cuggiono, in provincia di Milano. Forse fa caldo, forse il primo sole primaverile li ha invitati a far qualcosa di diverso piuttosto che stare davanti alla tv. Ad un certo punto tocca a Michi che, come tutti, dopo essersi aggrappato al muricciolo del ponticello, si tuffa. Il solito boato e gli schizzi d’acqua che si espandono dal punto in cui il corpo si è immerso.

Ma c’è un problema. Gli amici, tra le risa e le chiacchere di chi si vuol godere un caldo pomeriggio di aprile, si accorgono subito che Michi non torna più su, la sua testa non riemerge dall’acqua: è rimasto impigliato sul fondo del fiume. I suoi compagni provano subito a immergersi per aiutarlo nella risalita, ma le acque sono molto torbide e non si vede praticamente nulla. Anche qualche passante prova un inutile e disperato tentativo di salvataggio, ma il corpo viene recuperato solo dai sommozzatori dei vigili del fuoco. L’intervento del 118, seppur tempestivo e puntuale, pare non poter far altro che constatare la morte del giovane ragazzo che ha appena 14 anni. Si è tuffato alle 16.53 e il corpo è stato estratto dall’acqua solo verso le 17.35; in tutto sono 42 minuti trascorsi sulle profondità del fiume: un tempo troppo lungo per sperare che la vita sia ancora in lui. Michi è in arresto cardiaco, ma gli operatori del 118 gli fanno comunque il massaggio cardiaco, continuando anche nell'elicottero che lo porta al San Raffaele. E poi il cuore ricomincia a battere, seppur con un ritmo molto debole.

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«La temperatura corporea di Michi era di 29 gradi, ed è rimasto immerso nell'acqua del naviglio che aveva una temperatura di 15 gradi. Di solito – così ha spiegato Alberto Zangrillo, primario della Rianimazione dell'ospedale, - quando l'arresto di circolo è superiore ai sei minuti bisogna constatare il decesso». Invece, il cuore, in maniera misteriosa (e quasi miracolosa) ricomincia a battere, per questo i medici decidono di tentare il tutto per tutto. Lo “attaccano” a un macchinario all’avanguardia e innovativo, l’Ecmo, che è una sorta di super bypass che drena il sangue del paziente, lo riscalda e riattiva la circolazione. A seguire vengono subito iniziati diversi trattamenti per aiutare gli altri organi a riprendere le normali funzioni vitali. È purtroppo necessario amputare la gamba destra, al di sotto del ginocchio, per un problema di perfusione sanguigna.

«Nel corso dei giorni ha iniziato a rispondere alle terapie. In questo mese c'è stato lo svezzamento dalla circolazione extracorporea. E abbiamo iniziato a vedere increduli che Michi emergeva. Siamo andati oltre le più rosee aspettative. Adesso è sveglio, è assolutamente orientato. Ha recuperato lo spirito di quel ragazzino che conoscono genitori e amici. Un ragazzo eccezionale, dotato di intelligenza non comune. Tutti i giorni parlo con lui e scherzo», ha spiegato ancora il dottor Zangrillo. Il suo primo pensiero, una volta sveglio, è stato per la Champions: ha chiesto, infatti, se fosse già stata giocata la finale. Il caso di Michi è più unico che raro e in questi giorni la letteratura medico-scientifica si è molto interessata alla sua vicenda.

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Episodi simili, che per alcuni aspetti si avvicinano al caso di Michi, sono già accaduti nel corso della storia. «Sono fatti - ha precisato Alberto Zangrillo, Responsabile del servizio di Anestesia e Rianimazione del San Raffaele - accaduti soprattutto a latitudini nordiche, in Scandinavia, nei fiordi norvegesi o nelle acque prospicienti l'Irlanda del Nord». Tutti casi documentati da uno studio del 2002, pubblicati da una rivista chiamata Resuscitation. In questo studio venivano prese in considerazioni 61 casi  di persone annegate in acque con una temperatura media di 17 gradi. Così spiega l’articolo di Rainews che approfondisce questo tema: «Delle 61 persone, 43 sono sopravvissute alle prime manovre di rianimazione e 18 sono decedute. Dei sopravvissuti (rimasti in acqua per un tempo medio di 10 minuti), solo 26 (60 percento) hanno avuto un decorso neurologico favorevole, quelli con un tempo medio di immersione pari a 5 minuti (con range da 1 a 21 minuti). Altri 6 (14 percento) sono rimasti moderatamente disabili e 11 severamente disabili o in stato vegetativo. Questi ultimi erano stati in acqua in media 14 minuti e mezzo (da 5 a 38 minuti)».

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