Uno studio statunitense

I leader migliori sono quelli umili

I leader migliori sono quelli umili
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L’umiltà, specie quella intellettuale, fa la differenza e rende migliori. In ogni contesto e ambito di vita quotidiana o professionale. Specie se si occupano posizioni di leadership. Infatti, questa qualità consente di rimettersi in gioco, confrontarsi con gli altri e di ampliare le proprie vedute, anche su idee opposte alle proprie. Lo ha attestato uno studio della Duke University, negli Stati Uniti, pubblicato sulla rivista Personality and Social Psychology Bulletin.

 

 

Un punto di forza. L'umiltà intellettuale è un grande punto di forza. Per sfondare in una carriera politica, diplomatica, nel mondo della scienza o degli affari così come nella vita quotidiana. Perché essere umili consente di raggiungere i propri obiettivi con saggezza e intelligenza, senza fare le scarpe agli altri, senza imporre le proprie idee a tutti i costi, rivedendo le proprie convinzioni con obiettività e riconoscendo gli errori quando necessario, ma anche accogliendo gli altri con un'apertura di vedute, indispensabile per predisporsi correttamente all’incontro e allo scambio paritetico. Una personalità qualunque? No, da leader, perché essere intellettualmente umili favorisce le scelte migliori, dettate non dalla foga dell’impulso ma maturate con ragionata consapevolezza e lungimiranza. Un gruppo di ricercatori americani sottolinea anche che l’umiltà intellettuale, al pari dell’apertura mentale, non ha sesso né colore: è trasversale, si può riscontrare in persone conservatrici e profondamente religiose, così come in laici progressisti, in politici di destra, tanto quanto in quelli sinistra.

 

 

Il test dell’umiltà. Basta poco per scoprire il vero leader da colui che, invece, con arroganza vuole solo scalare la vetta. Lo hanno capito i ricercatori della Duke University, sottoponendo un gruppo di volontari a un test di lettura, utilizzando saggi di argomento religioso, spesso causa di accese discussioni tra sostenitori e contrari, chiedendo anche un giudizio su colui che, quelle teorie, le aveva scritte. E qui si sarebbe svelata la vera natura del lettore ‘leader’, capace di valutare l’autore e il suo pensiero, non in base alle proprie credenze ma in funzione dei contenuti dello scritto, traendo da esso informazioni e spunti di riflessioni utili ad ampliare la propria visione delle cose. Contrariamente invece agli intellettualmente arroganti, rimasti ancorati alle proprie idee, di norma contrastanti con quelle del testo, tanto da esprimere giudizi negativi sull’autore dello scritto anche in termini di moralità, onestà e competenza.

 

 

Idem per la scienza e gli affari. Questa apertura mentale, secondo i ricercatori americani, riguarderebbe anche la scienza. La modestia permetterebbe di valutare in maniera più efficace la qualità delle prove scientifiche a sostegno di un’affermazione, riuscendo cioè a distinguere una forte evidenza da una debole, anche nel caso di studi dibattuti. Lo stesso negli affari o della politica, dove il manager dotato di l’umiltà intellettuale farebbe scelte plastiche  nel bene del gruppo di cui è a capo, specie nel caso di decisioni di un certo peso.

Una materia scolastica. Insomma, secondo i ricercatori americani l’umiltà intellettuale sarebbe la dote in grado di migliorare il mondo, a tal punto da sostenere che debba entrare a far parte dei programmi educatici scolastici. Come è accaduto in una scuola media della California,  la Intellectual Virtues Academy di Long Beach, dove le classiche materie di studio sono state integrate da nuovi orientamenti, utili al potenziamento della personalità: lo sviluppo e sensibilizzazione alla curiosità, all’autonomia e soprattutto all’umiltà intellettuale.

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