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Marcello ha addirittura pianto durante l’inno della Champions

Marcello ha addirittura pianto durante l’inno della Champions
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Cara Atalanta ti scrivo alle 23.09 di un giovedì sera di fine luglio in cui è impossibile respirare. Per i bergamaschi è semplice caldo estivo, per tutti i tuoi tifosi è la diretta conseguenza di qualcosa che non si può spiegare. Nemmeno se sei un poeta navigato. Certe serate ti restano dentro, è successo contro il Sassuolo ed è successo anche adesso che lo stadio è mezzo inagibile con la presentazione spostata a fine ritiro per permettere a tutti di arrivare.

Sono un semplice cronista che ha la fortuna di raccontare gli anni più belli della tua storia ma vedi, cara Atalanta, quando ci sono serate così potrei tranquillamente evitare. Bastano le immagini per raccontare tutto e non parlo di quelle riprese dai telefonini o sparate in diretta sui social. Intendo proprio quelle che si mettono lì, in fondo al cuore degli oltre ottomila pazzi innamorati che hanno scelto di sostituire il gelato alla Marianna con una bella sudata collettiva solo per dirti “Ti Amo”. Il mio amico Roby lo ha messo pure su un due aste, tutto gli altri lo hanno gridato con il cuore, con le mani, con gli occhi e con la voce. Un turbinio di fantastiche emozioni che anche Duvan Zapata ha celebrato facendo il segno della “Pelle di Poia”. Che non è lo striscione del Bixio ma uno stato mentale diffuso e continuo che si è impossessato di tutta la gente atalantina.

Lo striscione ai pali ricordava i campi polverosi di serie C, adesso che tutto magnificano la Champions League, è chiaro che la dimensione è cambiata ma alle cose belle non ci si abitua. Mai. Vedi, cara Atalanta, Marcello ha pianto durante l’inno della Champions e in tantissimi hanno fatto lo stesso. Perché noi non siamo gente da giacca e cravatta nel ristorante bello, ma uomini da “Pà e Strinù” con le bermuda e la canottiera quando si parla di pallone. Dalla tribuna stampa ho visto migliaia di persone appiccicate nel piazzale della Morosini, non credo abbiano visto molto ma c’erano. E per loro, cara Atalanta, conta solo quello.

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Questa sera allo stadio di Bergamo sono successe tante cose ma prima di chiederti il favore più grande lasciamene sottolineare tre. Prima di tutto, “Vinceremo il Tricolor”. Perché un popolo che canta a Gomez e due volte al Presidente che “Vinceremo il Tricolor” è semplicemente matto per la sua squadra. Qualcuno ci crede, altri si divertono, ma la verità è che tutti sentono la pulsione più forte che li spinge a venire a dare una mano. Vada come vada, i tifosi ci sono e danno una mano. Sempre.

In secondo luogo, le parole del nuovo concittadino Gasperini. “Noi ci metteremo tutto quello che abbiamo, vedo che il vostro entusiasmo è già alle stelle quindi sono convinto che possiamo fare ancora qualcosa di grande insieme”. Non è una promessa del risultato da urlo, ma la garanzia che ci siamo e che lottiamo. Tutti assieme. O vinciamo oppure impariamo. Perché vedi, cara Atalanta, il paradosso è che siamo in Champions League ma nessuno pensa al risultato che deve venire, ma freme dalla voglia di vedere ancora in campo la Dea.

Terzo e ultimo, quel coro “The Champions” cantato a squarciagola con le ascelle pezzate e la temperatura sopra i 35 gradi. Sentire oltre ottomila persone cantare l’inno di una manifestazione che fino all’anno scorso (e da sempre) Bergamo guarda in tv è una roba da far accapponare la pelle. Negli occhi dei giocatori ho visto la voglia di spaccare tutto, anche Sportiello che si è preso un po’ di fischi sono sicuro che sarà importante. Serve tempo.

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E allora, cara Atalanta, ecco la richiesta finale che arriva dal cuore di uno che scrive per passione e ha la fortuna di poterti seguire ovunque nelle gare che contano. Fai di tutto perché questa gente sia sempre così follemente innamorata di te. Non contano i risultati ma l’impegno, non importa la meta ma il percorso che possiamo fare insieme. Ho sentito mandare a quel paese il Barcellona e cantare l’Atalanta come se fosse domani la partita d’esordio in campionato. Dai Atalanta, hai dietro un popolo che non ci sta più dentro e che in attesa di formare compatto il “Muro Nerazzurro” nella nuova Pisani ha solo voglia di stringersi attorno a te per andare alla conquista del mondo. Non dell’Italia, non dell’Europa ma del mondo intero. Perché, come cantano i tuoi tifosi, “Siam Bergamaschi e non conosciam confine”.

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