Un milione per Francesco a Seul
Davanti a una folla immensa e in un caldo afoso, sabato 16 agosto Papa Francesco, al terzo giorno della sua visita in Corea del Sud, ha celebrato a Seul una messa all’aperto per la beatificazione di 124 martiri coreani perseguitati tra il 1791 e il 1888. La messa si è tenuta a piazza Gwanghwamun, nel centro di Seul, Secondo i giornali locali hanno partecipato circa un milione di persone, 800mila è invece la stima di padre Lombardi, il portavoce Vaticano. I fedeli hanno seguito la celebrazione e ascoltato le parole del pontefice in assoluto silenzio. Circa 30mila agenti di polizia sono stati coinvolti per garantire la sicurezza dell’evento. Il papa ha raggiunto l’altare su una piccola automobile scoperta, e si è fermato per salutare le famiglie di alcune persone morte nel naufragio del traghetto Se Wol - nel quale morirono più di 300 coreani - che aveva già incontrato privatamente venerdì.
«I laici - ha detto Francesco nell'omelia - sono stati i primi apostoli della Corea! Questa storia ci dice molto sull'importanza, la dignità e la bellezza della vocazione dei laici». Nella lunga attesa del Papa, i fedeli hanno recitato il Rosario e cantato.
Come scrive Andrea Tornielli, inviato de La Stampa, sul sito Vatican Insider, Paul Yun Ji-Chung e i 123 compagni martiri costituiscono la prima generazione di cattolici coreani. "Paul fu martirizzato con suo cugino per aver violato i rituali confuciani organizzando funerali cattolici per sua madre. Nel gruppo di compagni, tutti laici, c'è un solo sacerdote, James Ju Mun-mo, cinese, il primo prete a entrare in Corea, il primo a celebrare la messa in questa terra. Era noto per il suo impegno missionario, e dopo sei anni dal suo arrivo, i cattolici erano diecimila. Dopo la sua decapitazione, la sua testa venne esposta al pubblico ludibrio. Un grande e prolungato applauso ha salutato la proiezione dell'immagine dei 124 nuovi beati nei due maxischermi ai lati dell'altare".
«Cristo è vittorioso e la sua vittoria è la nostra. Oggi celebriamo questa vittoria in Paolo Yun Ji-chung e nei suoi 123 compagni», ha detto Francesco nell'omelia. «Tutti vissero e morirono per Cristo e ora regnano con Lui nella gioia e nelle gloria... nella morte e nella resurrezione di suo figlio, Dio ci ha donato la vittoria più grande di tutte». Bergoglio ha sottolineato l'importanza della loro vocazione laica in virtù del battesimo. «Nella misteriosa provvidenza di Dio, la fede cristiana non giunse ai lidi della Corea attraverso i missionari; vi entrò attraverso i cuori e le menti della gente coreana stessa. Essa fu stimolata dalla curiosità intellettuale, dalla ricerca della verità religiosa. Attraverso un iniziale incontro con il Vangelo, i primi cristiani aprirono le loro menti a Gesù. Volevano conoscere di più su questo Cristo che ha sofferto, è morto ed è risorto dai morti...». «I martiri ci richiamano a mettere Cristo al di sopra di tutto e a vedere tutto il resto in questo mondo in relazione a Lui e al suo regno eterno, ha concluso il Papa. Essi ci provocano a domandarci se vi sia qualcosa per cui saremmo disposti a morire».
Ai preti: non siate "chierici di Stato". Venerdì sera, incontrando a sorpresa i gesuiti della Sogang University di Seoul, Papa Francesco ha chiesto nuovamente ai preti, ai novizi e ai giovani impegnati nel percorso di formazione di essere misericordiosi, di non cedere nella tentazione del clericalismo diventando «chierici di stato». «Non castigate più il popolo di Dio! Consolate il popolo di Dio! - ha esortato il Papa - Tante volte il nostro atteggiamento clericale cagiona il clericalismo che fa tanto danno alla Chiesa. Essere sacerdote non dà lo status di chierici di stato, ma di pastore. Per favore, siate pastori e non chierici di stato. E quando siete nel confessionale ricordatevi che Dio non si stanca mai di perdonare. Siate misericordiosi!». Il popolo di Dio, ha spiegato il Papa, «necessita consolazione, di essere consolato, il "consuelo". Io penso che la Chiesa sia un ospedale da campo in questo momento. Il popolo di Dio ci chiede di essere consolato. Tante ferite, tante ferite che hanno bisogno di consolazione…
Il discorso è stato pronunciato in gran parte a braccio e padre Spadaro, presente all'incontro, lo ha definito "semplice e potente".
L'abbraccio a Myan e ai rifiutati. Sabato, prima della messa, Francesco ha fatto visita a Kkottongnae («collina dei fiori»), un centro che raccoglie strutture riabilitative, sanitarie, religiose fondate dal francescano John Oh Woong Jin, Qui il Papa - è stato il momento più commovente - ha accarezzato a lungo il volto di Myan, una giovane donna immobilizzata a letto, che non può parlare ma solo sorridere e sorride a lungo guardando negli occhi il Papa. Dopo di lei ha abbracciato bambini, ragazzi, adulti e anziani gravemente disabili o abbandonati dalle loro famiglie. Un ragazzo in carozzella gli ha messo al collo una corona di fiori violacei decorata con un largo nastro. All'uscita, Francesco si è recato in auto al Training Centre «School of Love», accompagnato dal canto di un «Coro di senzatetto». Durante il tragitto, il Papa ha sostato in preghiera davanti al «Giardino dei bambini abortiti», un prato con una distesa di piccole croci bianche, alla presenza di una rappresentanza degli attivisti pro-life coreani e fra' Lee Gu-won, giovane missionario nato senza braccia né gambe.