Le nuove sperimentazioni

Primo soccorso del futuro, tra droni e ambulanze che si guidano da sé

Primo soccorso del futuro, tra droni e ambulanze che si guidano da sé
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L’assistenza di primo soccorso sarà robotizzata, affidata cioè dapprima a strumenti di elevata tecnologia piuttosto che all’uomo, in grado, grazie all’automazione e a sistemi di controllo remoto, di migliorare le prestazioni, specie nei momenti critici e di emergenza, rendendole più rapide, efficaci ed efficienti. Insomma l’assistenza sanitaria del futuro potrebbe essere assicurata e gestita ad esempio da droni volanti o ambulanze senza conducente. Un'opportunità molto più prossima di quanto si creda.

 

 

Ambulanze autoguidate. Dimenticatevi l'ambulanza che sfreccia tra le strade cittadine, guidata da un autista: presto potrebbe essere condotta da un sistema automatico. Non è utopia ma già realtà, almeno in alcuni Paesi. Come in Inghilterra, dove si sta valutando la potenzialità di soccorsi prestati con ambulanze driveless. Estendendo cioè anche all’assistenza sanitaria quanto da anni si sta sperimentando in ambiti non pubblici, ricorrendo all’impiego di camion e mezzi di trasporto automatizzati, e che ora cominciano a entrare in attività a tutti gli effetti. Applicare questa tecnologia sulle ambulanze o per l’assistenza sanitaria in genere avrebbe sensibili vantaggi, dicono gli esperti. Consentirebbe innanzitutto di non dover dedicare una persona alla guida del mezzo di soccorso, destinando invece quello stesso paramedico all’assistenza del paziente. L’introduzione di ambulanze driveless sarebbe comunque graduale, testandole dapprima nel solo trasporto di pazienti a basso rischio verso l'ospedale più vicino e lungo percorsi predefiniti, in cui uno studio dedicato prevede un migliore e più rapido servizio di assistenza, con un possibile e sensibile risparmio, anche economico.

 

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Droni volanti. Questi non filmeranno, immagazzinandole, immagini dall’alto di paesaggi e eventi, né verranno utilizzati per scopi militari e scientifici come già accade. Bensì fungeranno da defibrillatori alati per prestare anch’essi soccorsi d'emergenza. Una prova su carta è già stata fatta da un istituto clinico svedese che in uno studio, pubblicato su Jama Network, ha analizzato l’efficacia dei droni in azioni di intervento in caso di arresto cardiaco. La tempestività in queste situazioni critiche è, infatti, fondamentale e salva la vita: ogni minuto che passa dal collasso, precisano gli esperti, riduce le possibilità di sopravvivenza del 10 per cento, a tal punto che dopo 10-12 minuti dall’evento arrivano a rasentare lo zero. Così la ricerca, che ha confrontato i tempi d’intervento delle ambulanze con quelli di droni appositamente equipaggiati, avrebbe evidenziato che l’utilizzo di questi ultimi anticipa i servizi di assistenza di ben oltre 16 minuti. Un'opportunità, quella dei droni volanti, che sarebbe utile anche in Italia dove ogni anno si verificano all’incirca 100mila infarti e, sebbene la tempestività di intervento sia sensibilmente migliorata con la presenza di colonnine con defibrillatori diffuse sul territorio, i droni consentirebbero un ulteriore perfezionamento e una maggiore tempestività assistenziale.

 

 

I ricercatori sono andati ber oltre dallo studio solo statistico poiché, con la collaborazione dell’agenzia dei trasporti svedese, hanno sviluppato un drone multirotore del peso di 5,7 chili e capacità di raggiungere una velocità massima di 75 chilometri all'ora, equipaggiandolo anche di un sistema GPS e un defibrillatore automatico esterno (DAE). Il drone, che ha trovato la sua prima ubicazione nella stazione dei vigili del fuoco di una zona molto frequentata a nord di Stoccolma, ha risposto a 18 chiamate di soccorso per arresto cardiaco nel raggio di 10 chilometri dalla sua base, ottenendo ogni volta prestazioni migliori rispetto a quelle fornite dalle ambulanze. Ovvero con tempi di arrivo medi sul luogo di soccorso pari a 5 minuti e 21 secondi, contro i 22 minuti impiegati invece dalle ambulanze.

I limiti. Non tutto naturalmente è perfetto, o almeno non è ora che siamo solo all’inizio. Va detto innanzitutto che lo studio di soccorso con droni, ma anche con ambulanze driveless, al momento si è misurato con un numero ancora troppo esiguo di voli, tanto più svolti in condizioni di traffico aereo e meteorologiche controllate, che non consentono di trarre conclusioni di efficacia definitive. Inoltre, mancano ancora procedure e norme di controllo del traffico aereo, che dovranno essere stilate e condivise con le autorità preposte. Non ultimo occorre considerare l’aspetto fiducia: un sondaggio condotto su circa mille statunitensi avrebbe infatti attestato che oltre il 50 degli intervistati, preferirebbe, almeno al momento, essere soccorso da un'ambulanza con un uomo al volante, piuttosto che da un sistema di automazione.

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