Un cestino per pulire gli oceani La trovata di due surfisti australiani
L’avvertimento lanciato martedì 19 gennaio dal World Economic Forum è molto serio. Entro il 2050 gli oceani conterranno più plastica che pesci, secondo le proiezioni degli esperti. L’uso del materiale è cresciuto di venti volte nell’ultimo mezzo secolo e ci si aspetta che raddoppi ancora nei prossimi vent’anni. Eppure, solo il 14 percento della plastica di imballo va nella raccolta differenziata, per essere riciclato – contro il 58 percento della carta e il 90 percento del ferro e dell’acciaio. Non potrebbe andare peggio, si potrebbe pensare. E invece no: quasi un terzo di tutta la plastica da imballaggio finisce in natura o ostruisce le infrastrutture. Questo non costituisce solo un danno enorme per l’ambiente, ma anche per l’economia. Come spiega il report del WEF, infatti, ogni anno si perdono tra gli 80 bilioni e i 120 bilioni di dollari, a causa dello spreco di plastica. L’unico modo per evitare il disastro – per evitare di sguazzare tra bottiglie di plastica – è incrementare il riciclo. Non esiste una terza via di compromesso.
Un cestino per pulire gli oceani. Date le (drammatiche) circostanze, l’invenzione di Pete Ceglinski e di Andrew Turton capita a proposito. Ceglinski e Turton sono due surfisti australiani. Hanno a che fare con l’oceano tutti i giorni, o quasi, e, quel che più conta, l’hanno a cuore. Perciò hanno ideato un cestino per la spazzatura che ripulisce le acque dei mari, goccia a goccia. Il progetto si chiama Seabin Project ed è molto ambizioso, dacché intende depurare le acque di tutti gli oceani.
Ceglinski e Turton non sono degli sprovveduti e sanno benissimo che mettersi in mezzo all’oceano con un cestino della spazzatura servirebbe a ben poco. Hanno dunque deciso di affrontare il problema a partire da un ambiente controllato, più facile da gestire: i porti turistici, i pontili galleggianti, gli yacht club. In assenza di grandi onde, di tempeste e marosi, è più facile lavorare. Allo stesso tempo, però, il vento e le correnti in costante movimento portano a riva i detriti galleggianti.
Come funziona. Seabin è un cestino della spazzatura automatizzato, in grado di catturare piccoli detriti galleggianti, come gli imballaggi di olio, carburanti e detergenti. Il metodo di funzionamento è molto semplice. Seabin è collocato in acqua e fissato ad un pontile galleggiante. Una pompa crea un flusso d’acqua verso l’interno del contenitore e porta con sé i rifiuti galleggianti e i detriti, che sono raccolti in un sacchetto di fibra naturale. Il sacchetto, inoltre, dispone di un filtro che separa l’acqua degli olii. L’acqua “liberata” è poi aspirata dalla parte inferiore del bidone, fino alla pompa dell’acqua, per essere immessa nuovamente nell’oceano, depurata da tutti i rifiuti.
Un progetto in corso d’opera. Seabin può essere lasciato in funzione sempre, a tutte le ore del giorno, per tutti i giorni dell’anno, anche senza il controllo umano. L’unica manutenzione richiesta è quella più ovvia, cioè il cambio del sacchetto – esattamente come una normalissima aspirapolvere, con la differenza che quest’ultima va trascinata in giro per casa. Se il progetto di Seabin venisse adottato su ampia scala, i risultati sarebbero davvero interessanti anche per le economie dei singoli Paesi. Difatti, le navi per la raccolta dei rifiuti che sono attualmente in uso costano moltissimo e, inoltre, sono poco efficaci quando si tratta di raccogliere i piccoli detriti. Ceglinski e Turton sperano di mettere Seabin sul mercato entro la fine dell’anno in corso e di trovare materiali ancora più ecologici per costruirlo. Pensano, inoltre, di servirsi di un sistema produttivo che sia il meno costoso e il meno inquinante possibile, magari «facendo produrre Seabin nel medesimo Paese dove poi verrà commercializzato», dicono i due surfisti-progettisti.