Voi gufate pure quanto volete Io (bianconero) mi godo Berlino
28 maggio 2003, Manchester, stadio Old Trafford. Il Milan alza la coppa dalle grandi orecchie in faccia alla Juventus, dopo aver battuto le zebre per 3-2 ai calci di rigore. Rivedere quella terribile lotteria dal dischetto è un esercizio che anche lo juventino più masochista della terra farebbe fatica a digerire: troppo dolorosi, troppa rassegnazione, troppe recriminazioni. 12 anni dopo però, quasi inspiegabilmente, la Juventus si ritrova nuovamente a giocare una finale di Champions League. È qui che si conclude il sogno del tifoso bianconero, grato di tutto ma desideroso di nuotare in un mare di libidine al termine della finalissima di Berlino. Difficilmente qualche non juventino tiferà per la Vecchia Signora, ma questo, in fondo, non importa proprio a nessuno. E anzi, è giusto così. Il ranking UEFA è fatto grazie alla finale, vincerla vorrebbe dire qualche puntincino in più, nulla di trascendentale. Per cui sotto di nuovo a gufare (come è giusto che sia e come avrebbero fatto anche i bianconeri a parti invertite, grazie al cielo!).
[Il rigore decisivo di Shevchenko nella finale di Manchester 2003]
Ma torniamo a Berlino. Proprio Berlino. Se non è destino questo poco ci manca. I bianconeri, storicamente fucina di calciatori azzurri, tornano in finale in una manifestazione europea nel famigerato palcoscenico dell’ultimo trionfo della Nazionale azzurra, quella Coppa del Mondo del 2006 che ha troppi legami con la storia juventina per ignorarli. Buffon, Cannavaro, Zambrotta e Camoranesi in campo, Lippi in panchina, Dortmund e Berlino come stadi chiave nel cammino. E poi si era in pieno scandalo Calciopoli. Già, proprio Calciopoli. 12 anni da Manchester e 9 anni dalla retrocessione in Serie B, dal primo match della storia bianconera in serie cadetta, a Rimini: se a Berlino c’è stata gioia, nella città romagnola, il 9 settembre 2006, la Juve partiva con fatica da un nuovo inizio, verso mete all’epoca inimmaginabili perché incalcolabili. Per sapere come ci si sentiva, provate a chiedere a quel signore tra i pali con il numero 1 se si ricorda cosa vuol dire scendere di categoria e passare da essere protetti da Cannavaro e Thuram a Boumsong e Kovac.
[Rimini-Juventus 1-1. Il gol di Ricchiuti a Buffon]
12 anni da Manchester, 9 da Rimini e 3 anni da Trieste, ovvero il luogo in cui i colori bianconeri tornarono a colorare un trofeo. Era il 6 maggio e sul campo neutro triestino la Juve di Conte, il modello della “juventinità”, conquistava uno scudetto che, all’inizio della stagione, era assolutamente inaspettato. Come? Sfruttando ogni minimo errore dei rivali, sapendo che, pur non avendo i favori del pronostico, anche il minimo dettaglio sarebbe stato in grado di fare la differenza. Domani non basterà neanche questo probabilmente contro quegli alieni del Barcellona: occorrerà attaccare per cercare di segnare almeno un gol e poi tanta fortuna, oltre che abilità, nel potersi difendere.
[Chiellini portato in trionfo dai tifosi dopo lo Scudetto 2012 vinto a Trieste]
L’ossessione di vivere nell’anonimato e senza vittorie è stata superata da un pezzo a Torino, sponda bianconera. Ora manca l’alloro più prestigioso, quello europeo. Con la coscienza di essere tornati una grande squadra. E questo, con buona pace degli avversari, è un bene per tutto il calcio italiano. Andiamo però contro le fantasticherie che descrivono la Juventus come tranquilla perché sfavorita e a mente sgombra: quando arrivi in finale di Champions League hai una vita da perdere. Può farcela di fronte ai marziani del trio MSN (Messi-Suarez-Neymar)? Se hai superato le umiliazioni di un anno in B, hai la forza “sportiva” per fare e rifare tutto (anche di vincere un tabù che ti vede da sempre grande in Italia, ma povera in campo internazionale), perché no? Le battaglie si vincono con i guerrieri, anche se sono gli eroi a rimanere nella leggenda. Per questo ci si ricorda di Vialli e Del Piero, tralasciando troppo frettolosamente l’apporto di Porrini e Paulo Sousa. Questa Juve non ha prime donne e campionissimi, vista anche la forma dell’ultimo Pogba post infortunio, ma tanti ragazzi consci dei propri limiti e disposti a sacrificarsi per la causa e un sogno comune (e in questo senso si legge il rammarico per il forfait di Chiellini). Un po’ come era a Berlino, a Rimini e a Trieste.
Poi se non volete tifare Juve fate pure. È una vita che succede così. La gioia e le emozioni che si provano nel vivere una finale di Champions League sono le stesse che, a livello calcistico, si sentono davanti ad una triangolazione tra Messi, Neymar e Suarez (ecco, magari non stasera). Oppure davanti a una punizione di Pirlo. Già, una punizione di Pirlo... Magari.
https://youtu.be/XItQsl_FpR4