Voltare a destra col rosso si può A Parigi le bici sono più avanti
Allora: se sei a Parigi, e se la stai girando in bici, da oggi puoi voltare a destra all’incrocio anche col rosso. Oppure, sempre se sei a Parigi e stai andando come un pazzo in bici, puoi passare col rosso se c’è solo una traversa alla tua sinistra. Vedi schizzo. Beh, dirà qualcuno, che c’è di strano? Io l’ho sempre fatto. Certo, lo abbiamo sempre fatto tutti, ma violando la legge. Da oggi, invece, a Parigi, lo si fa senza violare la legge. E questo è il miracolo: che le autorità cittadine abbiano preso atto di come vanno le cose e abbiano detto: ok, va bene così.
In altre città questo non succede. Ad esempio, se in una delle nostre città un tale percorre contromano - sempre in bici e rasente il marciapiede - un senso unico di quelli che ci passerebbero comodi due TIR affiancati, rischia la multa. Che poi non è la multa la cosa che scoccia (anche la multa, d’accordo) quanto l’insensatezza assoluta, il mondo labirintico di anti-senso e lucida follia in cui si precipita quando un ausiliare del traffico inizia - irremovibile - la pratica avversa. A Parigi, dunque, non hanno solo favorito i ciclisti. Mediante loro hanno voluto ridurre sensibilmente il tasso di nevrosi diffuso fra gli abitanti. Perché quando ti fanno la multa per un motivo insensato non è che la cosa finisca lì. Ti resta dentro, e quando torni a casa magari uccidi tua madre e quando ti interrogano, in questura, balbetti: È che stamani un’ausiliare del traffico mi ha beccato contro mano...
È come la storia dei sentieri nelle aiuole. C’è la strada che arriva nella piazza, poniamo, della posta o della fermata dei pullman. L’ingresso dell’ufficio o la banchina coperta sono lì, davanti a te, a portata di mano. Tu sei in ritardo - come ovvio - e vorresti entrare a spedire il vaglia o a rinnovare l’abbonamento. Ma fra te e l’immaginata destinazione hanno eretto, da anni, un tappeto erboso invalicabile, di forma rettangolare e messo per il verso sbagliato, ossia in modo tale da offrirti il lato più lungo, che se dovessi girarci attorno addio autobus e addio bigliettino A, P, C della coda alla posta.
Che si fa? Lo si attraversa, il praticello, apportando il proprio contributo allo scavo del canyon che migliaia di cittadini hanno già contribuito a scavare negli anni e che la pioggia rende viscido e pericolosissimo, con costi altissimi per la Sanità. E uno pensa: ma perché non ci fanno una passerella come usano nei prati di montagna, quando il sentiero attraversa un acquitrino? Più semplicemente: perché non lo tagliano in due - cosa che avrebbero dovuto pensare già al momento della progettazione, per altro. No. Parigi è unica. Non esistono, da noi, aiuole col lampeggiante che invita: Piétons, passez! (Pedoni, dàteve ‘na mossa!).
E in effetti, da oggi, sotto i semafori parigini comparirà un triangolo a punta in giù - dare la precedenza - con una bella bici unisex (c’era da giurarlo) e la freccetta che indica “puoi svoltare a destra quando ti pare” oppure “anche se vai dritto non ti multiamo”. Tutto ciò accade in una città che non è Padova dove, se cammini distrattamente su una pista ciclabile (e ce ne sono chilometri) rischi di venir travolto da studenti universitari impegnati, vien da pensare, a superare il record del chilometro da fermo. E non è neppure, Parigi, una città tedesca in cui, se un agente della municipalità ti vede con un piede sulla pista col timbro bianco della bicicletta, rischi di essere portato al più vicino posto di Polizei per essere interrogato dall’ispettore Derrick.
E non è nemmeno, la Ville Lumère, la catalana Barcellona, dove le auto sfrecciano sulle Avenidas (avingudas) o sulle Calles (carrères) come se stessero sempre inseguendo dei rapinatori in fuga nella Chicago del proibizionismo. E dunque lì bisogna fare molta attenzione: non basta avere il diritto di passare col rosso, bisogna cercare in tutti i modi di portare a casa la pelle (piel). Come sempre, del resto. Come ovunque.