Una storia bellissima

Alce Nero, il leggendario capo Sioux che adesso sta per diventare beato

Alce Nero, il leggendario capo Sioux che adesso sta per diventare beato
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Il giorno che lo proclameranno santo, sarà san Nicholas Black Elk. Tradotto in italiano, san Nicola Alce Nero. Proprio lui, il leggendario capo Sioux, che da bambino aveva combattuto a Little Big Horn contro il generale Custer e che era in prima linea nella terribile battaglia di Wounded Knee, dove fu testimone della strage di Sioux della tribù di Cavallo Pazzo, che era suo cugino. La conferenza episcopale americana riunita lo scorso novembre a Baltimora ha votato l’inizio del suo processo di beatificazione, partendo da una prima fase di ricognizione diocesana in South Dakota, la sua terra.

La notizia può sorprendere visto che si è comunque di fronte ad un uomo che è stato un leader in battaglia. In realtà la vera sorpresa viene dallo scavare dentro la biografia di Alce Nero. Era sensibile alla questione religiosa sin da quando a nove anni aveva avuto una visione dei suoi antenati in un contesto ultraterreno. Ma la sua era una religione sincretistica come quella di gran parte dei nativi americani. Aveva però sposato una donna cattolica, che morì di parto insieme al bambino nel 1903.

 

 

L’anno successivo, il giorno della festa di San Nicola, il 6 dicembre, venne battezzato insieme ai suoi tre figli. «Il mio cuore ora è triste, ma non diventerà mai cattivo», aveva scritto in una lettera nel 1948. «Da quando Wakan Tanka (il nome di Lakota per indicare Dio, Grande Spirito) ha dato luce al mio cuore, esso rimane in una luce che non conosce tramonto». Alce Nero già nel 1885 aveva mostrato questa sua sensibilità quando aveva messo la sua firma a una petizione per la beatificazione di Kateri Tekakwitha, la giovane della tribù dei Mohawka proclamata santa da Benedetto XVI nel 2012.

Alce Nero poi si sposò con Anne, anche lei cattolica, ed ebbe altri figli. Dal momento del battesimo la sua vita è stata segnata da uno straordinario impegno nei confronti del suo popolo. Teneva lezioni di catechismo, mostrando una memoria fuori dal comune nelle citazioni bibliche. La sua testimonianza di fede fece breccia nel cuore di oltre 400 persone, che grazie a lui si convertirono e battezzarono. Tutti restavano colpiti dai suoi modi umili: un profilo sorprendente per uno che era stato capo sui campi di battaglia. Si specializzò anche in teatro, per portare in scena delle rappresentazioni che raccontavano la storia del suo popolo al pubblico americano.

 

 

Furono i gesuiti ad accompagnarlo in questo percorso di conversione: infatti avevano compreso gli aspetti comuni tra il cattolicesimo e le religioni dei nativi americani e li avevano valorizzati nella loro opera di evangelizzazione presso la tribù Lakota. Quando un Lakota si convertiva al cattolicesimo non doveva rinnegare i principi fondamentali della religione che stava per abbandonare. I missionari spiegarono agli indiani che c'era una continuità tra la religione Lakota e il cattolicesimo.

Nel 1931 Alce Nero accettò la proposta avanzatagli da due scrittori antropologhi, John G. Neihardt e Giuseppe Epes Brown, di raccontare il mondo è la cultura dei suoi Lakota. Ne nacque un libro, Alce Nero parla, che divenne un caso editoriale a livello mondiale. Tuttavia i due autori censurarono completamente l’aspetto della conversione del capo Sioux. Così lo stesso Alce Nero, in una lettera del 1934 indirizzata a Neihardt, protestò perché nel libro-intervista non era menzionata la sua fede cattolica. «Io credo nei sette sacramenti della Chiesa cattolica», aveva dichiarato.

 

 

«Io stesso ne ho ricevuti sei: battesimo, comunione, confessione, cresima, matrimonio ed estrema unzione”. Per diversi anni ho accompagnato i missionari cattolici che percorrevano la riserva annunciando Cristo al mio popolo. Tutti i miei familiari sono battezzati. Per quasi vent'anni ho aiutato i sacerdoti servendo a Messa e sono stato diverse volte catechista. Posso dire perciò di conoscere la mia religione meglio di molti bianchi. Posso spiegare le ragioni per cui credo in Dio». Quando gli avevano chiesto un giudizio sui sacrifici fisici personali che ancora si consumavano nelle cerimonie degli stregoni, Alce Nero aveva risposto con prontezza che il sacrificio personale «è un atto volto a glorificare sé stessi».

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