«I frati ci hanno baciato i piedi. E abbiamo cantato»

Il Cammino di Santiago di Marco «Ho capito di essere diverso»

Il Cammino di Santiago di Marco «Ho capito di essere diverso»
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«Turista è chi passa senza carico né direzione. Camminatore chi ha preso lo zaino e marcia. Pellegrino chi, oltre a cercare, sa inginocchiarsi quando è necessario» (San Riccardo). Marco Minali è tornato. Dopo più di trenta giorni da pellegrino, 799 chilometri percorsi, tantissime persone conosciute, esperienze condivise, gioie, lacrime e conquiste, è qui per raccontarci questa esperienza che ha dell’incredibile. Questo secondo tempo della sua vita che, grazie al trapianto, gli sta donando possibilità inaspettate. E una speranza a tutti coloro che sono in attesa, come lo è stato lui, di ricominciare. L’abbiamo seguito, come tanti altri, in questo suo percorso ogni giorno, grazie ai post pubblicati sulla sua pagina Facebook  «A piedi sogno di un trapiantato». Foto e video bellissimi, grazie ai quali ci siamo sentiti un po’ parte della sua avventura, e che ci hanno fatto conoscere un pezzo di Spagna molto diverso dalle più note Formentera e Barcellona. Scorci di vita che hanno il sapore di tempi passati, dove tutto ha un ritmo diverso, più lento, più accessibile, più umano. Quando si raccontano esperienze così intense, si ha sempre il timore di partire dal punto sbagliato, di lasciare fuori qualcosa, di non riuscire a far comprendere l’importanza di certe situazioni. Per questo abbiamo deciso di partire dall’inizio per poi, come tutti i pellegrini, sostare, deviare, o divagare, a seconda di ciò che ci dice il cuore. «L’inizio è sempre un po’ così. Arrivi da un volo e, dopo aver preso il bus che ti porta in questo paesino dei Pirenei insieme a gente che non conosci, incominci a camminare, a girare, per capire dove ti trovi. È un po’ quello che ho fatto. Sono andato alla ricerca dei posti che avrei dovuto incontrare il giorno dopo quando, al risveglio, avrei cominciato la mia avventura. Ho cercato la porta da attraversare per cominciare il cammino, i segnali che poi avrei dovuto seguire, l’ufficio per farmi rilasciare il famoso primo timbro. Sono momenti in cui comincia a salire l’agitazione, si prende possesso del paese e si realizza che, la mattina dopo verso le 6.30, si partirà per cominciare questa avventura con la tappa più impegnativa».

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Il primo scoglio. «Il tratto che, nei primi 6-7 chilometri, è proprio un sentiero di montagna di quelli tosti, dove molti rinunciano. Si cammina su una strada asfaltata, ma è comunque un percorso molto impegnativo, ed era quello che mi metteva più in ansia. Non erano gli altri 800 chilometri, per me lo scoglio era la prima tappa, superata quella mi sarei lasciato alle spalle buona parte delle mie paure. È talmente dura che molti partono dalla tappa successiva evitando di farsi questa arrampicata che però ha un suo perché, dato che le tappe più impegnative sono un po’ come quelle della vita, che ti fanno sudare di più, ti fanno soffrire ma poi, quando le hai superate, ti danno una grande soddisfazione. La prima notte ho dormito in un albergue che  si chiama “La vita è bella”, e già il nome è tutto un programma. Ho cenato con una dozzina di persone e lì ho cominciato a entrare nello spirito del pellegrino, a parlare le altre lingue. La mattina dopo mi sono svegliato prestissimo, pronto ad affrontare i primi 7 chilometri, molto duri. Ho cominciato a superare altri pellegrini che erano già in difficoltà, gente con zaini grossissimi, mentre io ero ben attrezzato perché, avendo già fatto precedentemente pezzi di cammino, sapevo come preparare lo zaino in modo razionale. Tra paesaggi con cavalli, pecore e boschi, sono arrivato al primo snodo della tappa. C’è una croce che segnala che da lì in poi si entra in un sentiero e comincia il vero cammino di Santiago e la fatica in salita è ormai finita. Cominci a scollinare, cammini su terriccio con foglie bagnate, guardi giù e vedi Roncisvalle, che è il monastero dei pellegrini, grandissimo. In quel punto c’è un cartello con l’indicazione dei 790 km che mancano per arrivare a Santiago».

790 km a Santiago. «Arrivati al monastero fai l’accettazione, c’è tutta la fila dei pellegrini, ti mettono il nuovo timbro, ti danno il copri materasso e il copri cuscino. Io dormivo nel mio sacco a pelo, ma il copri materasso e il copri federa che ti danno servono a garantire un minimo di igiene. All’interno sono tutte camerate di letti a castello che ospitano fino a cento persone, e qui comincia la convivenza vera e propria. C’è l’universo umano più variegato e io, una volta arrivato, fatta la doccia, lavati e asciugati i miei panni, mi ritaglio due ore di relax prima della cena. Con i tappi. Per isolarmi dall’universo variegato. Poi andiamo alla messa del pellegrino con la prima benedizione. Il frate del monastero ci ha benedetti tutti uno a uno, augurandoci buon cammino per i successivi 800 km. E qui cominci a essere toccato al cuore perché ti rendi conto che stai facendo questo pellegrinaggio e che sei stato investito ufficialmente della carica di pellegrino».

Le Mesetas. «Dopo questa prima tappa cominciano a esserci paesaggi completamente nuovi, si passa dalla montagna ai tratti pianeggianti. Una delle tappe più belle è stata quella delle Mesetas, un altopiano di 900 metri dove si procede nel nulla, isolati, si fanno anche 17 km senza incontrare una casa. Molti mi hanno chiesto se non avevo paura a starmene da solo. No, mi piaceva, me la sono gustata proprio perché sapevo che comunque non ero isolato, il mio telefono era collegato e se mi fosse successo qualcosa prima o poi qualcuno sarebbe passato. Le Mesetas sono state un altro punto fondamentale, volevo arrivare a un albergue che si chiama San Nicolas, è un ostello italiano dove non c’è la corrente, se non in una casetta dietro dove si fanno le docce. Ma nella struttura principale non esiste. Cenavamo e facevamo colazione a lume di candela. Ci tenevo a fare l’esperienza di dormire in questa chiesa sconsacrata e di cenare quasi al buio. Qui i frati ci hanno fatto il lavaggio dei piedi, ma ci hanno chiesto di...

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo a pagina 9 di Bergamopost cartaceo, in edicola fino a giovedì 21 giugno. In versione digitale, qui.

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