A salvarla fu proprio il fotografo

Come e dove vive oggi Kim Phùc la bambina spogliata dal napalm

Come e dove vive oggi Kim Phùc la bambina spogliata dal napalm
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Pochi soldati in secondo piano. Si volgono indietro, dove tutto è fumo, tutto brucia. In primo piano, bambini. Piangono. Al centro c’è una bambina esile, nuda, la bocca è spalancata e anche se la foto non può restituire il suo grido, sappiamo, soltanto a guardarla, come doveva risuonare forte, e arrabbiato, e disperato. Le braccia spalancate come in una piccola passione già dicono l’inferno che si portava sulla schiena. Davanti a lei un giovane fotografo dell’Associated Press, Nick Ut, l’ha ritratta. Il giorno dopo, il 9 giugno 1972, la foto comparve sulla prima pagina del New York Times. Un anno dopo, Nick Ut avrebbe vinto il premio Pulitzer. Ma non è questo che importa. Importa il fatto che Ut prese la bambina, la caricò su un furgoncino e la portò in ospedale. Le salvò la vita.

 

[Nik Ut, il fotografo]

Nick Ut

 

La storia, come andò. Era l’8 giugno 1972, la guerra del Vietnam era ancora in corso. Si sarebbe conclusa solo tre anni dopo, nel 1975, con conseguenze devastanti. I soldati americani avevano sgomberato il villaggio di Trang Bang, ma i nordivietnamiti, comunisti, e i sudvietnamiti, filoamericani, avevano a lungo guerreggiato intorno al centro abitato. L’8 giugno Kim Phúc era a Trang Bang con la sua famiglia, da tre giorni si trovava nel tempio Cao Dai, una religione monoteista fondata negli anni Venti del Novecento, il cui simbolo è un occhio racchiuso all’interno di un triangolo. I caccia sudvietnamiti cominciarono a lasciare cadere bombe al napalm sull’edificio. La sostanza, acida, corrosiva e altamente infiammabile, divorava tutto, pietra, legno, esseri umani. Il braccio sinistro di Phúc prese fuoco assieme ai vestiti. La bambina se li strappò, ma non poteva bastare a fermare la tortura. Con i fratelli e i cugini scappò dal tempio. Gridava: «Scotta! Scotta!», avrebbe poi raccontato Nick Ut. A un certo punto la bambina, che aveva nove anni, si unì ai soldati sudvietnamiti, quelli che compaiono nella foto di Ut.

Kim è sopravvissuta. Lungo la strada percorsa da Kim c’era l’obiettivo fotografico di Ut, poi le sue braccia, che sollevarono la bambina e la portarono in ospedale. Un terzo del corpo di Kim era ustionato gravemente. Solitamente, anche solo il 10 percento di quelle bruciature era sufficiente per morire. Lei, invece, si salvò, anche se vari strati di collagene della sua pelle erano stati distrutti dal fuoco, anche se le sue cicatrici erano quattro volte più spesse di un normale strato epidermico. Fortunatamente, il primo ministro vietnamita Phạm Văn Đồng si interessò alla storia di Kim Phúc, la conobbe personalmente e le permise di andare a studiare a Cuba. Qui la ragazza conobbe un giovane, vietnamita come lei. Si sposarono nel 1992, fecero il viaggio di nozze a Mosca, ma poi decisero di averne avuto abbastanza dei paesi comunisti. Insieme scapparono in Canada, dove vivono tutt’ora, con i loro due figli, di 18 e 21 anni. Kim Phùc, che oggi ha 52 anni, non ha mai smesso di soffrire per le ferite riportate quando era una bambina.

 

[Kim Phùc, oggi]

Dr. Jill Waibel, Kim Phuc

 

Oggi, la cura. «Per tanti anni ho pensato che quando sarò in paradiso non avrò più cicatrici, non avrò più dolore. Ma ora, c’è il paradiso in terra, per me!», così ha affermato la signora Phùc. Una dermatologa di Miami, infatti, le ha proposto una cura con il laser per alleviare la sofferenza dovuta alle ustioni e si è offerta di prestare i dovuti trattamenti a titolo gratuito, benché di norma costino tra i 1500 e i 2000 dollari. Le sessioni di cura sono iniziate lo scorso mese. La dottoressa che si occupa di Kim, Jill Waibel del Miami Dermatology and Laser Institute, assicura che il laser aiuterà ad assottigliare e a ammorbidire le spesse cicatrici che si aggrovigliano lungo il braccio sinistro, dietro il collo e su quasi tutta la schiena. Inoltre, i trattamenti allevieranno i dolori acuti che hanno purtroppo accompagnato Phùc fino ad oggi. «Il fuoco le è rimasto attaccato per molto tempo», ha detto Waibel, che da dieci anni usa il laser per trattare cicatrici da ustioni, incluse quelle da napalm. Waibel ha incontrato per la prima volta Phùc un anno fa, quando la donna l’ha contattata per un consulto. La dottoressa ha deciso di curarla gratuitamente, perché suo suocero aveva ascoltato la signora vietnamita parlare in una chiesa e aveva poi conversato con lei, rimanendone molto colpito. Così ora Kim Phùc potrà essere sottoposta a sette sessioni di cura, nei prossimo otto o nove mesi.

Kim Phuc, Toan Huy Bui
Foto 1 di 4

In this Sept. 25, 2015 photo, Kim Phuc and her husband Toan Huy Bui arrive in Miami to start a series of laser treatments with a dermatologist to reduce burn scars and pain caused by a napalm attack when she 9 years old in Trang Bang, Vietnam. They defected to Canada in the early 1990s, living outside Toronto. Their sons are now 21 and 18. (AP Photo/Nick Ut)

Phan Thi Kim Phuc
Foto 2 di 4

FILE - In this Oct. 26, 1996, file photo, Kim Phuc, the victim of a napalm air strike in Vietnam in 1972, looks at a photo of herself holding her sleeping son, her back still bearing scars from the napalm burns, during a visit to the photography exhibit, "Eyewitness 1996," at the Museum of Tolerance in Los Angeles. The Pulitzer Prize-winning photo of Phan fleeing after the attack, by Nick Ut, is at left. (AP Photo/Nick Ut, File)

Kim Phuc
Foto 3 di 4

In this Sept. 27, 2015 photo, Kim Phuc shows the burn scars on her back and arms after laser treatments in Miami. Phuc was burned in the back and left arm by a napalm bomb in Vietnam more than 40 years ago. (AP Photo/Nick Ut)

KIM PHUC HUY TOAN
Foto 4 di 4

FILE - In this May 25, 1997 file photo, Phan Thi Kim Phuc holds her son Thomas, 3, in their apartment in Toronto. Her husband, Bui Huy Toan is at left. Kim Phuc's left arm shows evidence of the burns she suffered on June 8, 1972, when her village in Vietnam was hit by napalm bombs dropped by South Vietnamese warplanes acting on U.S. orders. "As a child, I loved to climb on the tree, like a monkey," picking the best guavas, tossing them down to her friends, Kim says. "After I got burned, I never climbed on the tree anymore and I never played the game like before with my friends. It's really difficult. I was really, really disabled." (AP Photo/Nick Ut)

Un nuovo capitolo. «Lui è l’inizio e lui è la fine», dice Phuc di Nick Ut, che lei chiama “Zio Ut”. «Mi ha scattato quella foto e ora sarà qui con me, all’inizio di questo nuovo viaggio, del nuovo capitolo». Ut, infatti, era presente alla prima sessione di cura di Kim, insieme al marito della signora. Per molti anni Kim non ha potuto più fare quello che amava di più, arrampicarsi sugli alberi, raccogliere i frutti. Non ha potuto nemmeno imparare a suonare il pianoforte, come avrebbe voluto, perché il suo braccio sinistro era completamente fuori uso. «Dopo che sono stata ustionata, non ho più scalato un albero e non ho più giocato come prima, con i miei amici. È stato veramente difficile. Ero molto, molto disabile».

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