Dopo il '92, secondo round

Corsa alla Casa Bianca, sorpresa: toccherà di nuovo a un Bush?

Corsa alla Casa Bianca, sorpresa: toccherà di nuovo a un Bush?
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Clinton vs Bush, secondo round: dopo l’ormai certa candidatura della moglie dell’ex Presidente Bill Clinton, Hillary, alle elezioni presidenziali del 2016 (sponda democratica), ecco che ieri, 16 dicembre, con un tweet che lascia poco spazio ai dubbi, Jeb Bush, figlio di George H. W. e fratello di George W., annuncia di star prendendo seriamente in considerazione l’ipotesi di tentare la scalata alla poltrona d’onore della Casa Bianca; una scelta dall’affascinante sapore storico, in memoria delle elezioni del 1992 che già videro opposte proprio le famiglie Clinton (con Bill) e Bush (con George padre). Una candidatura interessante, quella di Jeb, che potrebbe piacere assai alle lobby e agli ispanici e, forse, un po’ meno ad alcuni repubblicani.

La presenza sui manifesti elettorali del 2016 dell’ultimo della dinastia Bush ha cominciato a circolare, come possibilità, nei giorni scorsi, quando lo stesso Jeb ha fatto pubblicare circa 250mila sue e-mail risalenti all’epoca del suo governatorato in Florida (1999-2007), come a sottolineare quanta professionalità e trasparenza di azione avessero nutrito il suo mandato; sicuramente interessante, ma perché un lavoro del genere a 7 anni di distanza? A corroborare ulteriormente i sospetti, l’intenzione annunciata di redigere, entro brevissimo tempo, un piccolo pamphlet (qualcuno ha detto “elettorale”?) per raccogliervi le sue idee circa il buon governo e la concezione migliore di Stato. E se due indizi ancora non fanno una prova, ci ha pensato il tweet di ieri ha cancellare qualsiasi dubbio.

 


La brillante carriera. Da un punto di vista dei trascorsi politici, Jeb ha di che andar fiero del proprio cursus honorum, grazie al doppio mandato di Governatore della Florida, che ha fatto della penisola atlantica uno degli Stati più ricchi di tutti gli Usa. Ma dal 2007 in poi ha abbandonato le cariche istituzionali, limitandosi a presiedere il suo Pac (Political action committee), un comitato di raccolta fondi e di libera circolazione di idee per sostenere i progetti e gli uomini che hanno da offrire qualcosa di positivo al Paese. Nella giostra della politica, sette anni sono un’era, e Jeb dovrà fare del suo meglio per riportare in auge il suo nome nell’elettorato repubblicano; anche se, ovviamente, il cognome che porta è garanzia di notorietà, oltre che di appoggi esterni che potrebbero rivelarsi significativi in un’ottica di campagna elettorale. La famiglia Bush, come se occorresse sottolinearlo, gode di un notevole appeal mediatico ed economico, cosa che potrebbe portare a tante “disinteressate” donazioni in caso di effettiva discesa in campo del 61enne Jeb: i più innocenti scrivono di semplici sostenitori del Gop, i più smaliziati leggono di lobby del petrolio e delle armi; comunque sia, l’appoggio certamente non mancherà.

Le posizioni sui grandi temi. Meno certo invece, paradossalmente, il favore incondizionato all’interno dello stesso partito repubblicano: Jeb è considerato un tradizionale conservatore rispetto ai temi sociali e fiscali, mentre le sue posizioni rispetto ad immigrazione ed istruzione fanno storcere il naso a tanti sono l’effigie dell’Elefante. Per quanto riguarda la prima, il tema è delicato: Jeb ha governato otto anni uno Stato dei cui cittadini il 15 percento è ispanico, ed è quindi logico che non intenda tradire le aspettative di una robusta fetta di sostenitori su cui potrebbe già contare

Oltretutto, la recente riforma di Obama, che ha garantito la cittadinanza, da un giorno all’altro, a 5 mila immigrati, ha riportato un certo consenso se non all’attuale Presidente, perlomeno agli ambienti democratici; e Jeb sa bene che nei sempre più multiculturali Stati Uniti, quello dell’immigrazione è un tema che, anche solo da un punto di vista del profitto politico, non può essere trattato con mere argomentazioni tradizionaliste. Piccola postilla: sua moglie è di origine messicana.

In secondo luogo, per quanto riguarda la scuola, J. B. si è più volte dichiarato favorevole all’introduzione nell’istruzione pubblica dei Common Core State Standard, ovvero una sorta di prove nazionali, comuni in tutti gli Stati, volte a stabilire i livelli di apprendimento degli studenti e, al limite, di decretarne o meno la possibilità di accedere a college ed università. Due grossi temi su cui Jeb nutre posizioni diametralmente opposte a quelle dominanti all’interno del Gop, il quale non ha mai visto di buon occhio la concessione di diritti (figurarsi la cittadinanza) agli immigrati e che ha sempre cercato di mantenere lo Stato il meno invadente possibile nelle questioni educative. Si vedrà. Clinton vs Bush: che il revival abbia inizio.

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