I 750 anni del Sommo Poeta

Dante raccontato con allegria Primo: il colpo di fulmine con Bice

Dante raccontato con allegria Primo: il colpo di fulmine con Bice
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Si chiama Calendimaggio. Vuol dire: i primi giorni di maggio. E Giovanni Boccaccio, scrittore quant’altri mai ameno, li descrive così: «Nel tempo nel quale la dolcezza del cielo riveste de’ suoi ornamenti la terra, e tutta per la varietà de’ fiori mescolati fra le verdi frondi la fa ridente, era usanza della nostra città, e degli uomini e delle donne, nelle loro contrade ciascuno in distinte compagnie festeggiare». La nostra città è Firenze e il tempo del quale si parla è la primavera affermata: maggio, appunto.

Finito il gelo la notte, gli alberi non più stecchiti, ognuno fa festa con chi vuole nei diversi quartieri. E fu appunto seguendo questa tradizione che «per avventura», ossia casualmente «Folco Portinari, uomo assai orrevole [tenuto in grande onore] in que’ tempi tra’ cittadini, il primo dì di maggio aveva i circustanti vicini raccolti nella propia casa a festeggiare, infra li quali era il già nominato Alighieri». Il padre del più noto di quel nome. «Al quale [cioè: alla festa del quale], sì come i fanciulli piccoli, e spezialmente a’ luoghi festevoli sogliono li padri seguire, Dante, il cui nono anno non era ancora finito, seguìto avea; e quivi mescolato tra gli altri della sua età, de’ quali così maschi come femine erano molti nella casa del festeggiante, servite le prime mense, di ciò che la sua picciola età poteva operare, puerilmente si diede con gli altri a trastullare».

 

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Dunque c’è una festa in casa Portinari; babbo Alighieri è invitato e il figlio - che tra meno di un mese avrebbe compiuto (“finito”, in fiorentino) nove anni - va con lui sognando pizzette, patatine (che non erano ancora state scoperte) e nutella a gogò. Dopo di che non restava altro da fare che giocare a ce l’hai, palla prigioniera o al mondo o campana che dir si voglia.

Ma a casa di Folco c’è di meglio che mettersi a saltare la corda. «Era intra la turba de’ giovinetti una figliuola del sopradetto Folco, il cui nome era Bice, come che egli sempre dal suo primitivo, cioè Beatrice, la nominasse, la cui età era forse d’otto anni, leggiadretta assai secondo la sua fanciullezza, e ne’ suoi atti gentilesca e piacevole molto, con costumi e con parole assai più gravi e modeste che il suo picciolo tempo non richiedea; e, oltre a questo, aveva le fattezze del viso dilicate molto e ottimamente disposte, e piene, oltre alla bellezza, di tanta onesta vaghezza, che quasi una angioletta era reputata da molti». Dunque in casa la chiamavano Bice, per far prima. Un miracolo di bimba, di quelle che fanno girare la testa anche ai non più bambini come recita il seguito: «Costei adunque, tale quale io la disegno, o forse assai più bella, apparve in questa festa, non credo primamente, ma prima possente ad innamorare, agli occhi del nostro Dante: il quale, ancora che fanciul fosse con tanta affezione la bella imagine di lei ricevette nel cuore, che da quel giorno innanzi, mai, mentre visse, non se ne dipartì». Dunque mentre quelli son lì a ingozzarsi di chips e di cocacola lei «appare»: non «primamente», cioè non da subito. Un po’ dopo. Roba da mandarti di traverso tutto, se non ci stai attento. Nove anni. Ormoni in subbuglio.

 

Love

 

Come si sia creato questo mix magico «niuno il sa; ma, o conformità di complessioni o di costumi o speziale influenzia del cielo che in ciò operasse, o, sì come noi per esperienza veggiamo nelle feste, per la dolcezza de’ suoni, per la generale allegrezza, per la dilicatezza de’ cibi e de’ vini, gli animi eziandio degli uomini maturi, non che de’ giovinetti, ampliarsi e divenire atti a potere essere leggiermente presi da qualunque cosa che piace; è certo questo esserne divenuto, cioè Dante nella sua pargoletta età fatto d’amore ferventissimo servidore».

Insomma: non si sa come, ma accade, e poi uno non se lo scorda più. Una lieve alterazione alcolica, la musica di Carlos Santana o di Demis Roussos, un clima di euforia diffuso nel profumo delle rose e dei glicini in fior e tutti, eziandio gli uomini maturi, son lì a credersi recapitati in un mondo di sogno. La playstation può attendere. Il Nasdaq anche.

Comincia così l’avventura del più grande  e misconosciuto poeta di tutti i tempi: Dài, Dantino, vieni anche te alla festa dei Portinari. Sì babbo. Non sapevano, né il grande né il figliolo, che il destino era lì, in agguato tra le pizzette. [continua]

 

c 1487-95 Artist Unknown British Library, London, Harley 4425   f. 42   Amour and the Lover - Copy

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