Un articolo del Guardian

Nelle misteriose sale del Vaticano Ecco quel che c'è dietro le quinte

Nelle misteriose sale del Vaticano Ecco quel che c'è dietro le quinte
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Le porte e i portoni del Vaticano, simboli di un riserbo che da secoli ammanta la Chiesa Romana, si sono aperti recentemente per alcuni fortunati giornalisti del giornale britannico The Guardian. Il fotografo Christian Sinibaldi ha ricevuto una concessione senza precedenti da Papa Francesco, che gli ha permesso di esplorare e immortalare i luoghi e le persone che si trovano oltre le mura vaticane. Le foto sono state pubblicate in due diversi articoli (qui e qui), mentre un terzo racchiude il racconto e le interviste di Paula Cocozza. Una narrazione che, al pari delle foto, scavalca le mura e spalanca le porte, ritrae tante situazioni e altrettante persone poco note, che compongono armonicamente questo piccolo microcosmo nel cuore di Roma.

Un mondo in miniatura. Racconta la giornalista del Guardian che lo stato del Vaticano, nonostante le aperture di Papa Francesco su molte questioni, resta ancora oggi un luogo altamente misterioso. Ad aprire loro un gigantesco portone è Alessio Censoni: il battente è più grande della sua testa, la chiave gira emettendo suoni taglienti, all’apertura una luce abbagliante piove sulle sue scarpe. Il Vaticano è un mondo in miniatura: nei suoi 0,44 chilometri quadrati ha tutto ciò che serve. Alte mura, la banca all’interno di un’antica fortezza, i pompieri con un minibus; c’è anche una piccola prigione, utilizzata nello scorso luglio per detenere il sacerdote Vallejo Balda, coinvolto nello scandalo Vatileaks. La benzina costa solo 40 centesimi.

 

 

L'autista del Papa. Ad una delle pompe stanno rifornendo la papa mobile; l’autista si chiama Renzo Cestiè (62 anni, lavora in Vaticano dai 14). «Rispetto ai due papi precedenti, l’attuale flotta non è blindata, perché Bergoglio non ha paura di niente – ha spiegato l’autista –. Anche io non ho paura; se succede qualcosa, vorrà dire che andremo in Paradiso». Cestiè racconta quando andò a prendere Papa Francesco per la prima volta: «Arrivai con la Mercedes, ma il Papa preferì prendere l’autobus e andare con i cardinali». Ogni tanto l’autista cerca il viso di Francesco osservandolo dallo specchietto retrovisore: «Ma appena i nostri sguardi si incontrano guardo altrove perché è come se in quel momento vedesse dentro di me e sapesse immediatamente chi sono».

Le tante persone. C’è padre Pavel Benedik, un taciturno sacerdote slovacco, che armeggia con il suo smartphone: è il custode della Sala Regia. Ricoperta di armadi lucidi, è una sorta di alveare di porte di legno numerate: i paramenti sono ordinati per dimensione. Ad aiutare padre Pavel c’è padre Jesus Polentino: 30 anni, dal Venezuela. L’elezione di Bergoglio è stata consolante per lui: «Sono andati alla fine del mondo per trovarlo. Ciò significa che anche noi, che arriviamo da così lontano, siamo in grado di arrivare al cuore di questa chiesa». Quando la giornalista del Guardian chiede a padre Federico Lombardi se Francesco è un riformatore, la risposta è eloquente: «Ha dato un grande impulso a metterci tutti in cammino. Quando dice che la chiesa deve “andare fuori” intende che non dobbiamo trincerarci dietro le mura a mo’ di autodifesa, né essere auto-referenziali. In questo senso è un riformatore, ha rimesso la chiesa sulla strada».

 

 

La comunicazione di Francesco. Padre Lombardi ha discusso lungamente, parlando delle possibili riforme della curia e delle finanze vaticane. Quando poi gli si chiede se gestire la comunicazione di Bergoglio è difficile, risponde a sorpresa: «No. Era più difficile con i due predecessori. Giovanni Paolo II negli ultimi 5 o 6 anni ha detto davvero poche parole; Benedetto invece si esprimeva in termini meno concreti e quindi era più difficile da spiegare alle persone. Francesco ha il grande dono di comunicare in modo diretto: usa frasi brevi ed orecchiabili, che si adattano naturalmente ai 140 caratteri di Twitter. È l’ideale; ha avvicinato la chiesa all’umanità sofferente e in difficoltà di oggi».

Gli aneddoti, meravigliosi. Sono diversi i piccoli episodi che spiegano l’essenza di Papa Bergoglio. Alessio Censoni, il responsabile delle chiavi, conferma come vero il racconto secondo il quale il Pontefice invitò delle donne ad allattare all’interno della Cappella Sistina. Filippo Patrignani, che lavora agli uffici dei Musei Vaticani, conferma di averlo visto prendere il caffè alle macchinette, con le monete. Oppure si riferisce di quando l’estate scorsa preferì non andare fuori città per sfuggire la canicola, dando invece i soldi risparmiati ai poveri. In un altro aneddoto, Francesco offre una sedia per sedersi a una guardia svizzera; lo conferma l’alabardiere Nico Castelluzzo. Si racconta anche che durante i turni notturni delle guardie, il Papa continui ad affacciarsi dalla porta per chiedere loro se hanno riposato: «Nel mio primo turno di notte, mi ha offerto un biscotto», racconta Castelluzzo.

 

 

Le necessità contingenti. Il Vaticano è fatto anche di concretezza. Pietro Zander, capo della fabbrica di San Pietro, controlla gli addetti alle pulizie e alla manutenzione. Ci sono 22mila metri quadri di pavimenti da pulire ogni giorno. Quando un raggio di luce entra dalla finestra, Zander vede fili di lana, peli, granelli di polvere minuscoli. Conosce ogni minimo particolare della vasta basilica. Egli si occupa anche di altri problemi pragmatici: quando Giovanni Paolo II gli ha chiesto una tomba, ha dovuto risolvere anticipatamente un problema di “traffico pedonale” spostando quella di Innocenzo XI. Altrimenti si sarebbero creati ingorghi.

E ora godetevi le fotografie: prima parte e seconda.

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