«Ha solo due espressioni: con o senza cappello»

Dicono che Clint Eastwood abbia compiuto 85 anni. Bah...

Dicono che Clint Eastwood abbia compiuto 85 anni. Bah...
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A dar seguito a quelle notizie infondate che circolano sul web, il 31 maggio Clint Esatwood avrebbe compiuto 85 anni. Da una parte sembra accertata la sua nascita a San Francisco il 31 maggio 1930. Dall’altra però è impossibile che il sigaro di Per un pugno di dollari (e i corrispettivi cappello e poncho) abbia più di trent’anni. Che l’Ispettore Callaghan e la sua 44 Magnum debbano essere considerati in pensione. Che il padre di Million Dollar Baby e il maniacale curatore della Ford Gran Torino possano essere invecchiati. Scusateci, ma noi utilizziamo il tempo del cinema e non quello degli orologi e delle anagrafi, e dunque ‘sta storia degli 85 anni la consideriamo priva di qualsiasi fondamento. Conobbi un pittore, una volta, che gli assomigliava come una goccia d’acqua: si chiamava il signor Schlatter. Una volta vuol dire poco dopo la guerra. Poi cambiai città e non lo vidi più. E così il signor Schlatter non è mai invecchiato. Anche il cinema è fatto così.

 

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Affrontare il compito di darne notizia significa accettarne la mitologia, non seguire la storia, tanto più se ufficiale. Dal punto di vista dell’ufficialità la vita di Clint Eastwood è la vita di un lavoratore infaticabile. La sua filmografia - sia in quanto attore, sia come regista e infine come produttore - non finisce mai. Chi cominciasse col dare un’occhiata a Wikipedia o a Mymovies avrebbe la serata occupata fino a tardi. Anche i premi, non si contano più.

E allora diciamo qualcosa che forse sanno in pochi. A cominciare dal regista Sergio Leone che lo lanciò e che lo scolpì nella famosa frase: «Mi piace Clint Eastwood perché è un attore che ha solo due espressioni: una con il cappello e una senza cappello». Era appunto quel ch’egli desiderava da quel metro e novanta di pellemista della West Coast, nato in una famiglia protestante con radici in Irlanda, Scozia, Olanda e Inghilterra. Non è facile mantenere lo sguardo così fisso per tutta la durata di un film. Anche Henry Fonda, quando (alla fine) recitò per il regista romano divenuto famoso worldwide, ci mise parecchio ad adattarsi. Dunque questo Sergio Leone, prima di essere Sergio Leone, lavorava per la “nuova” San Paolo Film a Roma. A quel tempo una delle locations preferite dai registi di Cinecittà era un paese nei pressi di Palestrina, Castel San Pietro Romano, che nel suo sito riporta questa storia:

«Intorno agli anni Cinquanta, Castel San Pietro Romano era “il paese più scassato d’Italia”! Così lo definì il suo sindaco, il famoso fotoreporter (primo in Italia) Adolfo Porry-Pastorel. Parlando con il suo amico Vittorio De Sica, questi gli disse: "Abbiamo percorso l’Abruzzo in lungo e in largo e non siamo riusciti a trovare un paese scassato, ma scassato assai per poterci girare un film". Allora Porry quasi urlò: "Io sono il sindaco del più scassato paese italiano!". Ecco che Castel San Pietro Romano divenne Sagliena, il paese delle rocambolesche vicende amorose del maresciallo (Vittorio de Sica) e la bersagliera (Gina Lollobrigida) in "Pane, amore e fantasia"»

Il compito storico di Castel San Pietro Romano fu però anche un altro: rivelare la presenza - nei suoi dintorni - di altri paesi similmente scassati, fra i quali un agglomerato di case arroccato attorno ad un roccione in alto, chiamato Guadagnolo. Fu lì che Sergio Leone girò alcune scene di quello che avrebbe dovuto chiamarsi - notizia ex auditu - Jim, il primo. Sperava di realizzare il primo western italiano. Le attrici in costume di velluto marrone e cappellini quaccheri si facevano il trucco nello specchietto retrovisore (o anche in quello interno) delle poche auto che arrivavano fin lassù, eventualmente scansando i resti di diligenze fracassate a bella posta e osservando gli stuntman che eseguivano salti impossibili per atterrare su perfette rocce di polistirolo nascoste nella vegetazione. Poi, invece, non se ne fece niente.

 

https://youtu.be/YpztLxdgua4

 

Però in quegli anni - oggi pare non usi più - i film, prima di iniziare il loro circuito nelle sale delle città importanti, venivano programmate nei cinema di quelle di provincia: Piombino, Modena, Frosinone. Tanto per sentire il polso della gente. Ebbene, fu proprio in un cinema di Modena che un venerdì pomeriggio del 1964 dettero Per un pugno di dollari, di tale regista Bob Robertson, con un ignoto Clint Eastwood e altri interpreti parimenti sconosciuti fra i quali uno a nome John Wells. Le musiche erano di Dan Savio o, in altra parte dei titoli, Leo Nichols. Dimitrj Tiomkin aveva fatto il suo tempo. Nonostante l’atmosfera pesantemente fumosa tipica di quegli anni, tuttavia, il presunto John Wells si dava perfettamente a riconoscere come Gian Maria Volonté, e il fischio che reggeva titoli e colonna sonora non poteva essere altro che quello del maestro romano Alessandro Alessandroni, che grazie a Fellini diverrà, appunto Fischio. Il migliore al mondo.

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Dunque poteva anche darsi che il Messico di quella storia fosse una Guadagnolo (o una Castel San Pietro Romano) travestita. Ma era troppo diversa, e dunque non doveva essere vero. Il film, in effetti, fu girato nell’unico deserto dell’Europa continentale, il Desierto di Tabernas, a una trentina di chilometri dalla città spagnola di Almeria. Il posto più scassato d’Europa, si direbbe. Il giovane attore americano, che non aveva mai girato in condizioni altrettanto impossibili, a un certo punto voleva mollare tutto. Per fortuna il regista romano riuscì a farlo recedere dai suoi propositi. E così cominciò la sua leggenda. Per un po’ il film si presentò come americano - per la stessa ragione per la quale, fino a pochi anni fa, da noi una birra doveva avere un nome tedesco per essere credibile - poi fu salutato come la nascita di un nuovo genere. Speriamo che, nonostante i suoi 85 anni, quel distinto signore chiamato Clint Eastwood si ricordi ancora di quei tempi di fumo e di paesi scassati. In fondo non erano male.

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