A Dalmine

La collezione privata di Pierluigi Secoli di storia chiusi in una stanza

La collezione privata di Pierluigi Secoli di storia chiusi in una stanza
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«Qui siamo nel 1908. Quello che vedi è l'inizio della costruzione della Dalmine, del suo primo capannone; qui invece è immortalata la costruzione della chiesa, nel 1920». Pierluigi Brugnetti, cinquantacinquenne dalminese, mi traduce a parole quello che scorgo nella sua raccolta di cartoline, un album ricco di testimonianze che raccontano in autentica tinta bianco-nera la Dalmine che fu. Poi ancora «la villa Camozzi (che non c'è più), il bar centrale, la vecchia entrata dello stabilimento dell’azienda. Della Tenaris ho anche recuperato materiale più particolare rispetto alle classiche cartoline. In un cassetto, per esempio, conservo fotografie scattate 24 ore dopo il bombardamento del 1944, immagini che non si troverebbero da nessun’altra parte».

Il collezionismo rappresenta per Pierluigi una passione nata per caso, diversi anni fa. Era infatti il 1978 quando «mio fratello, a scuola, aveva l’abitudine di scambiare le figurine dei calciatori con i compagni. Ricordo che un suo amico una volta si è ritrovato ad avere come unica merce di scambio una manciata di monetine, si trattava di denaro svedese. Le ho viste e non ho potuto evitare di finire in un vortice di domande sulla Svezia, sulle monete, sul resto del mondo». È quello il primo mattoncino che si scopre, quando si tenta di ripercorrere i passi che hanno condotto Pierluigi a costruire la stanza che lui chiama il suo regno: una mansarda che contiene tanta di quella ricchezza da fare invidia a un museo, pochi metri quadrati all’ultimo piano della sua villetta dove convivono a stretto contatto secoli e secoli di storia, testimonianze di un tempo mai incrociato e frammenti indimenticabili che provengono da diverse regioni del mondo.

 

 

Il suo personale viaggio nel collezionismo parte proprio da lì, da quelle monetine provenienti dall’estremo Nord che lo spingono verso il bisogno di approfondire, di leggere libri sempre più specifici necessari a mettere ordine alle informazioni che pian piano raccoglie. «Grazie a quelle monete mi sono chiesto dove si trovasse esattamente la Svezia, chi fossero i personaggi che raffiguravano, e così via». Ironia della sorte, l’arte di collezionare non sarà l’unica passione che legherà Pierluigi alla Scandinavia: ci sarà anche Mari, svedese conosciuta a Rimini nonché sua moglie da 33 anni e madre dei suoi figli, Daniele e Martina. «La mia famiglia sa quanto sia importante per me collezionare, e sa che non cederei mai nessuno dei miei pezzi. Oggi sono tesserato al circolo numismatico di Bergamo, ho monete di Federico II, monete romane, bizantine, etrusche. Ma anche monete di Bergamo, e perfino monete della Dalmine. Passioni come questa ti permettono di scoprire cose di cui la gente nemmeno sospetta l’esistenza. Ma la mia collezione non si è fermata a questo ramo».

Negli scaffali fitti di cassetti che ci circondano, infatti, ci sono anche tantissime medaglie (quasi 700), album di cartoline, vetrine che contengono materiali spesso contesi anche dai musei, come caschi, elmetti, uniformi. E benché lo storico dalminese sia geloso del materiale che ha raccolto nel corso della sua decennale passione, qualche progetto per diffondere la ricchezza collezionata è tuttavia alle porte: «con la collaborazione del colonnello Diego D'Elia stiamo ultimando un libro specifico sulle medaglie dei carabinieri, che attualmente non esiste in commercio».

Ci vuole una buona attenzione per orientarsi tra i vicoli di storia che Pierluigi imbocca invece con un entusiasmo e naturalezza da manuale. Una cultura a cui è giunto grazie alle centinaia di libri storici che si è divorato negli anni: «Per me è fondamentale informarmi, senza un’accurata conoscenza non potrei nemmeno decidere cosa collezionare. Nelle scelte dei miei acquisti considero la rarità, la provenienza del pezzo. Io tengo costantemente monitorati i forum su Internet e cerco di visitare tutte le fiere d'Italia: Milano, Roma, Bologna, Napoli. Ovunque ce ne sia una, sono sempre pronto a partire, non salto un appuntamento».

 

 

I suoi testi preferiti (esclusivamente storici) riguardano perlopiù i personaggi che hanno fatto grande Bergamo: «Ho anche due medaglie che mi sono state regalate dalla sorella di Antonio Locatelli, Rosetta, morta qualche anno fa: si tratta di una medaglia d’argento e una di bronzo. La sorella le conservava dal 1946, e siccome sapeva che ero un appassionato, le ha consegnate a me. Io non ho mai neanche pensato di vendere niente, sono oggetti unici. Mi è capitato di mettere a disposizione parte della mia raccolta nelle scuole, per spiegare ai più giovani il valore del nostro passato, e annualmente tengo una mostra a Stezzano. Sono occasioni per tenere vivo l’interesse su epoche trascorse. Molta della ricchezza che ha caratterizzato la nostra tradizione rischia di essere perduta, per certi versi è già accaduto».

È il caso, per esempio, delle cartoline. «Purtroppo la cartolina, nella funzione che aveva un tempo, non esiste più. La tecnologia ha finito per metterla definitivamente da parte. Ed è un vero peccato, perché non sono semplicemente cartoline, ma vere e proprie testimonianze visive di un'epoca, testimonianze viaggiate, scritte. Basta guardarle un solo momento per avere una misura di quanto le cose siano cambiate. Sono prove tangibili di tempi che non abbiamo mai vissuto».

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