La posta degli amori sfigati Ci mettiamo in vetrina, ma poi...

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Cara Alba,
Credo di avere un problema. Finita una storia relativamente seria, mi sono iscritto a Tinder. Un po’ per gioco, un po’ perché avevo voglia... Sì, beh, di storie leggere. Quello che fanno in tanti ormai, o almeno così dicono. Perché la verità è che di leggero, per ora, non ci ho trovato niente. Quando esco con una ragazza conosciuta lì, infatti, sebbene io sia stato il più chiaro possibile, finisce sempre che son costretto a scappare. Vogliono sempre qualcosa di più. Ora: o sono io che non mi so spiegare, o sono sempre io che non ho capito come funziona, oppure un sacco di ragazze hanno scambiato Tinder per un’agenzia matrimoniale. Oppure sono sfigato, cosa che non mi sento di escludere. Mi sai dire che cosa passa nel cervello di quelle tipe che lì pensano di trovarci marito? Grazie.
Flavio

Caro Flavio,
La definizione più geniale di Tinder l’ha data una mia cara amica: è come la spesa a domicilio, neanche il piacere di uscire per andare al supermercato. Certo, è disumanizzante, ma non siamo poi troppo lontani dalla realtà. Siamo al catalogo, al volantino con gli sconti, all’esibizione su scaffali telematici. Senza la contaminazione della vita fuori. Eppure parliamo di esseri umani e di sentimenti. Il periodo ce lo chiede: siamo abituati, in ogni aspetto della nostra vita, a rendere noi stessi un buon prodotto da vendere, da mettere sui social con il filtro che ci fa più belli. Così trattiamo anche le relazioni: ci facciamo un cv della nostra persona e ci proponiamo a un pubblico indefinito, sperando che qualcuno ci scelga. Ma anche se siamo nel 2018, anche se tutti hanno un paio di profili sui social e perdiamo ore per editare lo scatto perfetto, quello che vogliamo dall’inizio del mondo è essere amati e scelti per quello che siamo. Quando non siamo belli, quando non siamo allegri, quando siamo nelle nostre stanze. Sotto la superficie patinata, dove siamo danneggiati e indifesi. Cosa vogliono queste ragazze? L’amore. È la speranza dietro a un match. Ce l’abbiamo tutti, anche tu.

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