I 100 latitanti che imbarazzano Pechino

La donna più ricercata dalla Cina

La donna più ricercata dalla Cina
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Era la latitante più ricercata di Pechino, una primula rossa di 68 anni, accusata di aver rubato una cifra pari a 40 milioni di dollari al governo cinese. Ora, mentre è in attesa di estradizione, è in prigione negli Stati Uniti, almeno così dice Bloomberg Television, citando fonti dei servizi anti corruzione del Partito Comunista cinese. Yang Xiuzhu, questo il nome della donna, sarebbe riuscita a entrare negli Stati Uniti un anno fa con un falso passaporto olandese. Che arrivasse dai Paesi Bassi è vero, dato che la donna era stata arrestata proprio lì nel 2005, e l’anno scorso era evasa dal carcere, in seguito al respingimento della sua domanda di asilo politico. In America è stata recentemente arrestata per aver violato le regole sui visti.

La Corrupt Queen con casa a Manhattan. Una storia, quella di questa Yang Xiuzhu, che risale ai primi anni del nuovo millennio, quando era vicesindaco di Wenzhou, una città di tre milioni di abitanti del sud est della Cina, affacciata sul mar Cinese Orientale. Una metropoli dal passato famoso perché sede di un importante porto internazionale, da cui partivano le ondate di emigrazione verso l'Europa e gli Stati Uniti. È la città da cui proviene il maggior numero dei cinesi che vivono in Italia. Yang Xiuzhu, oltre a fare il vicesindaco era anche un’importante esponente della nomenklatura comunista. Nei suoi anni da amministratore pubblico ha curato i progetti di costruzione della sua città durante il periodo della sua massima espansione, negli anni Novanta. L’incarico le fruttò non poco, tanto che la soprannominarono “Corrupt Queen” (la regina corrotta), oltre a metterla al corrente di informazioni impagabili. Un rapporto ufficiale della municipalità di Wenzhou del 2004 ha rilevato che la signora Yang aveva accumulato un patrimonio di 253,2 milioni di yuan (40,9 milioni dollari). Nel 1996 acquistò un intero edificio di cinque piani nel cuore di Manhattan, del valore di almeno 5 milioni di dollari.

 

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Yang Xiuzhu e gli altri della lista. Nel 2003, quando il fratello venne messo sotto inchiesta per corruzione, la signora Yang fuggì prima negli Stati Uniti e poi in Olanda, dove venne arrestata grazie all’Interpol. Dei tanti funzionari cinesi corrotti Yang Xiuzhu non è l’unica a essere fuggita. Pechino ha infatti stilato una lista di 100 nomi di persone che sono fuggite per evitare di sottoporsi a processo in patria. Molti di loro vivono tra gli Stati Uniti e il Canada, con la compiacenza dei governi che non collaborano con Pechino. Miss Yang era in cima alla lista, anche se forse dei 100 nomi della lista sono esclusi i latitanti che custodiscono informazioni e segreti che potrebbero imbarazzare il governo di Pechino. A questo punto, se gli Stati Uniti la deporteranno in Cina, significa che sono efficaci gli sforzi cinesi per promuovere una maggiore cooperazione tra i Paesi nel rintracciare i latitanti per reati di corruzione.

Si rifugiò anche in Italia? Secondo quanto ha riportato il Corriere della Sera nei giorni scorsi la signora Yang è stata anche in Italia, più precisamente a Milano, ma la polizia cinese mandata in incognito da Pechino non riuscì a superare il muro di omertà della comunità cinese di via Paolo Sarpi e dintorni. Forse la donna si sottopose a una plastica facciale, forse venne aiutata dagli apparati di intelligence occidentale a fuggire in Olanda. Sta di fatto che fece perdere le sue tracce, per non tornare in patria dove c’era e c’è tutt’ora l’abitudine di torturare quanti siano restii a confessare le loro colpe. C’è una certa reticenza da parte dei governi occidentali nel firmare trattati di estradizione con la Cina, a causa delle preoccupazioni per la trasparenza e un giusto processo nel sistema giudiziario cinese, così come il suo trattamento dei prigionieri. In particolare, i Paesi dove Pechino finora ha avuto meno successo nel farsi restituire i fuggitivi sono gli Stati Uniti, il Canada, l'Australia e il Regno Unito. I media ufficiali cinesi dicono che su circa 4mila funzionari scomparsi nel corso degli ultimi tre decenni, ne sono stati restituiti solo 155.

 

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La lotta alla corruzione del premier. Il premier Xi Jinping ha avviato una campagna anticorruzione che prevede ingenti sforzi, a livello sia di intelligence sia diplomatico, per riportare in Cina gli ex funzionari scappati. Per il partito e per il Paese, sostiene il premier, è una questione di «vita o di morte». E lo è a tal punto che lo scorso anno ha comunicato, nel tentativo di vietare i suicidi come forma di sottrazione alla giustizia, che i corrotti verranno puniti «anche da morti». Oggi diversi esperti sono preoccupati che la corruzione sia diventata così tanto parte del sistema cinese che senza le tangenti molti progetti non sarebbero conclusi, con serie conseguenze sull’economia nazionale, e le nuove politiche anti-corruzione siano anche responsabili del rallentamento della crescita economica della Cina. Da quanto è in carica al governo, oltre che alla guida del Partito, Xi Jinping ha avviato una lotta alla corruzione che ha messo sotto inchiesta finora almeno 182mila membri del partito comunista. Una decisione scaturita in seguito alla scoperta che tra il 1990 e il 2011, 18mila funzionari corrotti di vario livello sono fuggiti all’estero dopo aver rubato l’equivalente di 140 miliardi di euro. Una cifra che secondo altre fonti lieviterebbe fino a 2800 miliardi di euro.

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