Sarebbe meglio dire "diari"

Storia vera del Diario di Anna Frank

Storia vera del Diario di Anna Frank
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Questa sera in tutti gli stadi d’Italia avverrà un rito inedito: sarà letta una pagina del Diario di Anna Frank, come risarcimento morale del grave gesto di cui si sono resi responsabili alcuni tifosi laziali domenica scorsa: avevano attaccato sulle sedie un adesivo in cui una foto famosa della ragazzina ebrea era stata manipolata e usata in funzione antiromanista. Un gesto di volgare antisemitismo che ha sollevato l’indignazione generale e che ha spinto la Federcalcio a far risuonare le parole di Anna Frank questa sera nel cuore dei campi. Si leggeranno alcune pagine di questo che è ormai uno dei più famosi e letti libri del mondo, pubblicato in oltre 60 lingue e venduto in decine di milioni di copie (è nella lista dei best seller di sempre).

 

 

Un libro dalla storia straordinariamente complessa e avventurosa che da sola meriterebbe di essere raccontata come un romanzo. Innanzitutto non è stato scritto, come si potrebbe pensare, in tedesco (Anna era nata a Francoforte) ma in olandese, dove la famiglia si era rifugiata per scappare alle prime persecuzioni antisemite. Anna iniziò a prendere note delle sue giornate a partire dal 12 giugno 1942, quando, in occasione del suo tredicesimo compleanno, ricevette in regalo un diario. Continuò a scrivere su vari quaderni sino al 1 agosto del 1944 sì, tre giorni prima di quando i nazisti scoprirono il nascondiglio della famiglia e i Frank furono portati ad Auschwitz.

Più che di un Diario si tratta in realtà di Diari, al plurale, che la ragazzina stese prima con molta semplicità e poi, con il passare dei mesi, sempre con maggior convinzione lavorando anche a stesure successive in vista di una possibile pubblicazione. Il giorno della cattura i quaderni rimasero nel rifugio che altro non era che un retrocasa, nascosto da una porta camuffata da camino. Per questo quando il padre Otto Frank, unico sopravvissuto della famiglia, ricevette dalle mani degli amici che li avevano salvati, li pubblicò con il titolo Achterhuis, cioè il Retrocasa.

 

 

La vicenda editoriale del Diario è stata molto tormentata, perché Anna aveva rimesso mano ai suoi testi dopo che nel maggio 1944 la radio del governo olandese in esilio aveva diffuso la raccomandazione a tutti i cittadini di conservare le memorie scritte. Per questo la ragazza aveva capito l’importanza che avrebbero avuto questo tipo di documento. Tuttavia quei manoscritti passarono per molte mani. Ciascuno, a partire dal padre, iniziò ad apportare o tagli o piccole correzioni (Otto ad esempio volle togliere le parti di Anna molto critiche rispetto alla madre). Ci furono censure su alcuni passaggi giudicati sconvenienti concernenti la sessualità (venne purgato dalla parola mestruazioni...).

Il padre morendo decise di lasciare tutti i materiali dei diari al Centro di documentazione bellica di Amsterdam. È a partire da lì che la Fondazione Anna Frank di Basilea diede incarico alla scrittrice tedesca Mirjam Pressler di curare una nuova edizione destinata al grande pubblico. Edizione che è stata pubblicata nel 1991 e che oggi è quella che tutti leggiamo e che verrà anche letta negli stadi di calcio prima delle partite. Il 1 gennaio 2016 sono tra l’altro scaduti i diritti d’autore: il Diario è così finito anche online in olandese, ma con il testo “vecchio” della prima edizione, scatenando tantissime polemiche. Per Anna Frank non c’è mai pace.

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