Altra morte sul lavoro

Chi era l’elettricista delle Ghiaie ucciso da una bobina di metallo

Chi era l’elettricista delle Ghiaie ucciso da una bobina di metallo
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Dopo 13 giorni di lotta tra la vita e la morte non ce l’ha fatta Matteo Regazzi, 38 anni, elettricista delle Ghiaie di Bonate Sopra, coinvolto lunedì 5 novembre in un grave incidente all’interno della Diesse Rubber Hoses spa di Filago, lungo la strada provinciale da Ponte San Pietro a Capriate San Gervasio. L’uomo è spirato ieri mattina all’ospedale «Papa Giovanni» di Bergamo, dov’era stato ricoverato nel reparto di terapia intensiva in condizioni gravissime.

 

 

Dipendente di un’altra ditta. L’elettricista era dipendente della ditta Elettrobonatese di Bonate Sopra: stava svolgendo attività di manutenzione nell’azienda di Filago. Era piegato ad avvolgere una matassa di cavi quando stato investito da una pesante bobina caduta da un carrello elevatore, guidato da un dipendente della Diesse. L’autista, secondo una prima ricostruzione, ha frenato dopo una curva, trovandosi improvvisamente l’elettricista davanti. La bobina, così, è caduta e ha colpito alla testa Matteo. La salma è stata composta nella camera mortuaria dell’ospedale cittadino, a disposizione dell’autorità giudiziaria che potrebbe disporre l’autopsia.

Lascia la compagna Chiara. Le foto su Facebook lo mostrano felice con la compagna Chiara, con cui conviveva da anni, durante le ultime vacanze estive a Lanzarote, Canarie. O mentre festeggia il suo compleanno con gli amici alla Caprese di Bergamo. O, ancora, intento a girare l’Italia a bordo della sua moto. Matteo lascia papà Giovanni, mamma Valeria e la sorella Veronica.

«Non è degno di un paese civile». Femca Cisl e Filctem Cgil hanno organizzato un’assemblea con i lavoratori della Diesse Rubber per domani (20 novembre) e valuteranno le azioni che saranno ritenute necessarie: «quanto è accaduto non è degno di un paese che si dichiara civile – dicono Cristian Verdi, Femca Cisl, e Eleonora Lavelli, Filctem Cgil -, di aziende che dichiarano di mettere la sicurezza al primo posto. Le dichiarazioni non sono sufficienti: certe condizioni non si possono ritenere fatalità, troppe volte la sicurezza viene considerata un costo assolutamente da ridurre. È necessario che la gestione della salute e della sicurezza diventino un elemento qualificante e distintivo delle aziende stesse perché a tutti i lavoratori va garantito di tornare alla propria casa una volta terminato l’orario lavorativo».

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