Chi è Patrick Modiano

Il Nobel della letteratura a uno che non conoscevamo

Il Nobel della letteratura a uno che non conoscevamo
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Quattro minuti dopo l’annuncio a Stoccolma il sito francese di wikipédia aveva già aggiunto alla voce “Patrick Modiano” la notizia del premio Nobel 2014. C’è voluto qualche tempo in più a quello italiano per aggiungere la motivazione: «Per l'arte della memoria con la quale ha evocato i destini umani più inesplicabili e scoperto il mondo della vita nel tempo dell'Occupazione». Tanta sollecitudine non è tuttavia riuscita a cancellare il fatto che dei quasi trenta titoli di romanzi dell’ultimo arrivato nell’Olimpo svedese di nessuno è indicata la traduzione nella nostra lingua, come invece si rileva scorrendo i titoli delle librerie online.

Un bel tenebroso - sembrerebbe dalle foto - segnato dalla vita avventurosa sua propria e ancor più da quella di suo padre e del padre di suo padre. Traduciamo:

Suo padre (il padre di Patrick, ndr), orfano a quattro anni, non ha conosciuto il suo, un avventuriero toscano “disebreizzato” di Alessandria (d’Egitto, ndr), nato a Salonicco e stabilitosi nel 1903, con una cittadinanza spagnola - dopo un periodo di vita a Caracas - a Parigi, dove faceva l’antiquario al n° 5 di rue de Châteaudun. Cresciuto in uno stato di semiabbandono col fratello (in una serie di case) da una madre anglo-piccardese (aggettivo orribile, ma così si chiamano i nati in Piccardia, ndr) a trent’anni questo futuro padre incontra, nella Parigi occupata (dai nazisti, ndr), nell’ottobre del 1942, la futura madre di Patrick, traduttrice alla Continental (La Continental-Films, Compagnia di produzione cinematografica di proprietà tedesca durante l’Occupazione. Vi si accenna in Bastardi senza gloria di Q. Tarantino, ndr).

Τrafficante per diletto durante la giovinezza, e dopo aver subito diversi rovesci negli ambiti finanziario e petrolifero, Albert Modiano gestì fino all’inizio della guerra un negozio di calze e profumi in boulevard Malesherbes. Smobilitato (si suppone per motivi di età, ndr), gli cadde fra capo e collo la legge 3 ottobre 1940 (le leggi razziali in Francia, ndr) ma non si presentò a farsi registrare, nonostante ne avesse l’obbligo. Nel febbraio 1942, sei mesi prima del decreto del 6 giugno - applicativo della legge e data d’inizio delle deportazioni - entrò in clandestinità a seguito d’una retata e della successiva evasione. Introdotto da un amico banchiere italiano (o dall’amante di uno dei suoi capi) nel SD (Sicherdienst, il Servizio di Sicurezza della SS, ndr) al quale procurava ogni ben di Dio grazie al mercato nero, «Aldo Modiano», al momento del suo incontro con Louisa Colpeyn (futura madre del Nostro, ndr) aveva iniziato ad accumulare una vera e propria fortuna che manterrà fino al 1947. Sicuro di non essere arrestato, ma non di non poter essere perseguitato, va ad abitare in Quai de Conti 5 con la sua nuova compagna. La coppia condurrà vita fastosa continuando ad avere frequentazioni malavitose fino alla Liberazione, che coincide con la nascita del loro primogenito (che è il nostro Patrick Premio Nobel, il 30 luglio 1945 ndr).

Ce n’è per diversi romanzi, come si vede. Tanto più che il giovane Patrick qualcosa deve aver ereditato dei geni di famiglia. Infanzia fatta di spostamenti continui, giovinezza burrascosa con tanto di ripetute fughe dal collegio, studi mai finiti. Ma l’incontro, fortuito, con Raymond Queneau (al tempo uno dei mostri sacri della cultura parigina) che lo presenta all’editore Gallimard. È fatta. La vita si mette a posto. Nascono i libri, le sceneggiature cinematografiche e piovono i riconoscimenti, compreso il Grand prix du roman de l'Académie française e il Prix Goncourt.

Ha evocato i destini umani più inesplicabili, recita la motivazione del Nobel. Poteva forse fare altro?

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