Che peccato per questo mondo sempre più alieno e alienato

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L'ho detto e lo ripeto anche adesso: vengo da un mondo diverso da questo, forse addirittura opposto. Eppure per mia indole non indulgo in sentimentalismi nostalgici e anzi guardo al futuro preferendo comunque un’adesione massima al presente, forte di una formazione classica che mi ha solidamente ancorato alle logiche oraziane del carpe diem. Un modo di guardare me stesso e il mondo che mi rende quasi insopportabile voltarmi indietro, perfino allergico allo sfogliare gli album fotografici. Se mi capita di farlo è cosa fuggevole  e sempre con un vago senso di insofferenza. Tempus fugit, dicevano i latini, tutto ci scappa di mano ed è impossibile bagnarsi due volte nello stesso fiume,  perché tutto scorre via velocemente: Eraclito se ne intendeva molto!

Il mestiere di giornalista ha nel tempo definito meglio questa mia propensione all'osservazione e alla fredda deduzione holmesiana portandomi a guardare ai fatti con distacco, analizzandoli e vivisezionandoli, lasciando perdere le implicazioni personali ed emotive. E adesso posso addirittura godermi il privilegio, pagato con l'avanzare dell'età, di guardare a due epoche ben distinte essendo testimone di entrambe, permettendomi comparazioni negate evidentemente alle nuove generazioni.

Così osservo due mondi : quello di prima e questo. Quello del prima internet e il presente che si confronta con la realtà virtuale, concetto che in altre epoche poteva confinare con una dimensione assolutamente immaginifica e onirica, quindi irreale tout-court. Adesso l'accelerazione epocale cui stiamo assistendo è sbalorditiva e qualcuno è pronto a giurare che molto probabilmente siamo soltanto agli inizi. Eppure se da un lato c'è sgomento, dall'altro resta viva l'attenzione e la curiosità in uno stato d'animo vicino al «vediamo come va a finire» e alle attese più sbalorditive, proiettate in un futuro che oggi non possiamo neppure pallidamente immaginare. Internet dopo la scoperta del fuoco, del volo e della CocaCola è in assoluto l'elemento innovativo e dopante di questi nostri giorni perché entrato nella vita di tutti, fino a cambiarla e forse stravolgerla.

Possiamo lamentarcene? Perché dovremmo, in fondo? Come tutte le cose che alleggeriscono e facilitano i nostri compiti quotidiani va salutata come un'invenzione felice, per non parlare della funzione didattica che potenzialmente riesce a svolgere regalando lo scibile variamente declinato con un semplice click. Eppure, come dice il famoso personaggio televisivo, la domanda sorge spontanea: a fronte di una sensazionale evoluzione tecnologica, esiste un pari crescita di natura intellettuale, morale ed emotiva nella massa di persone che formano il genere umano? E qui i mah si moltiplicano esponenzialmente e i dubbi con le loro legittime perplessità restano tantissimi.

Il web offre a chiunque l'impressione di entrare in possesso di nozioni senza averle prima assimilate con uno studio metodico e questo dato di fatto si è trasformato in una specie di megalomania e di delirante protagonismo. Lo possiamo constatare sui social, che quella mente geniale e 'diabolica' di Zuckerberg ha pensato come il più immane pollaio del pianeta, dove chiunque può aprir bocca e dar fiato, senza il minimo imbarazzo e pudore, temerario nell'essere esperto in tutto e strenuo custode della propria ignoranza sbandierata alla stregua di una laurea.

E forse anche con qualche ragione, visto il valore intrinseco delle lauree rilasciate da un certo periodo a questa parte. Un tempo un titolo di studio andava di pari passo a sviluppo e affinamento personali: oggi chi è tamarro resta tale e quale anche con la laurea, così effimera e priva di spendibilità da sembrare presa con i punti del supermercato. Il processo evolutivo personale è pari a zero, per non parlare delle lacune di base che persistono in modo impressionante: basti prendere a esempio il fin troppo tristemente famoso concorso per magistrati annullato a causa dei troppi errori di ortografia.

E intanto la realtà 2.0 va avanti e ci sovrasta, anzi corre in maniera tanto forte quanto inversamente proporzionale rispetto al progresso umano, sempre più prossimo, in verità, a un regresso. Il futuro prevedibile? Che le macchine intelligenti sovrasteranno un uomo nuovo sempre più idiota. Non credo occorra Asimov o la nutrita schiera di futurologi e scrittori dell'immaginario per ipotizzare una simile probabile eventualità. D'altra parte si sta costruendo scientemente una massa di persone innamorate di un protagonismo senza fondamento, privo di basi costruite sul lavoro intellettuale in un contesto di volgarizzazione globale che non risparmia nessuno: il medico, il politico e il professore marciano affiancati e in perfetta sintonia e facebookiana condivisione col meccanico, il panettiere e l'idraulico.

Se questo è possibile dipende dal fatto che i ruoli come i titoli di studio sono ormai pura fantasia: il politico sbraita come una donnetta al mercato, il professionista litiga come il peggiore esemplare del sottoproletariato, i ragazzi di buona famiglia non esistono più perché il bullismo prescinde dall'estrazione sociale, per non parlare di chi, abbandonato riserbo e buonsenso (questo sconosciuto), si lancia in crociate e scomoda termini come consapevolezza quando dovrebbe evitare semplicemente di cadere nel ridicolo involontario.

Ne stiamo vedendo di belle in questi giorni da Babilonia e certamente sempre di più col progressivo impoverimento delle menti in questua di certezze da quattro soldi raccattate sui social, forti del medesimo valore della spazzatura per strada. Ma la morale di oggi è questa, intrisa di ipocrisia catto-puritana di nuovo conio, le persone queste, il vitello d'oro è venerato più che mai ed è tutto finto e senza anima: del tutto degno di una realtà 2.0. Non c'è da farsi troppe illusioni perché il mondo va avanti e se procedere significa farlo alla deriva e in mare aperto, sia.

Mi dispiace solo per i tanti giovani che non sanno come solo qualche decennio fa tutto fosse diverso. Niente di straordinario, ma tutto straordinariamente normale. Mi dispiace tantissimo per questi giovani che hanno a che fare con la loro realtà virtuale, di plastica, che hanno contatti con gli squali del mondo eppure si rifiutano di crescere, che sono stati convinti sin dalle elementari che fumare una sigaretta sia mortale, mentre rimane il sospetto che un sistema dissociato li incoraggi verso ben altro. Mi dispiace per loro perché ogni giorno li osservo e ascolto una caterva di luoghi comuni da filmetti americani per adolescenti.

Poi ripenso alla quantità di formule che per noi sessantottini si sono rivelate preziose quanto un pezzo carta stagnola. La differenza è che noi pensavamo da illusi a migliorare questo mondo, questi viaggiano a vista, confusi e talvolta assenti, in un pianeta sempre più alieno e alienato.

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