Personaggio poliedrico

Il pittore futurista di Zanica che ha scritto 100 libri di storia

Il pittore futurista di Zanica che ha scritto 100 libri di storia
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«Mi definisco un artista poliedrico». È con queste parole che facciamo la conoscenza di Luca Cristini, zanichese che ha appena pubblicato la sua ultima opera La Guerra dei trent’anni», divisa in cinque volumi. Perché, guardando alla sua biografia, questo emerge; lo stesso Cristini, infatti, racconta di come sin da giovane fosse stimolato da una forte creatività: «A Zanica ci chiamano “la famiglia degli artisti” – dice –. Mio nonno era un grande sarto, mentre mio padre fu pittore, allievo dei maestri Funi e Simoni». Inoltre, il signor Luca è nipote della poetessa del paese, Lidia Cristini, sorella del genitore, della quale si è parlato su queste pagine. «Seguendo le orme di mio padre, ho iniziato a dipingere tra i 12 e i 13 anni. Direi con un certo successo: ho realizzato 600 o 700 quadri nell’arco di quasi sei anni. Si trattava di un tipo d’arte differente rispetto a quella di papà: lui, sotto l’in - flusso dei suoi maestri, ha coltivato uno stile novecentesco, Tardo impressionista. Io, invece, ero innamorato delle avanguardie: mi sono ispirato al Surrealismo e al Cubo-Futurismo».

Arrivato ai 19 anni, Cristini decide di sperimentare una nuova forma artistica: «Dopo la pittura, mi sono dedicato alla scultura. I miei soggetti erano miniature militari, ovvero dei soldatini da collezione. Lì ho raggiunto i vertici mondiali per numeri: sono arrivato a produrre 80mila soldatini all’anno per il mercato modellistico e circa 300 statuette ogni 12 mesi per il mercato collezionistico». Ed è stato proprio questo lavoro che lo ha portato ad avvicinarsi all’editoria: «Insieme alla mia passione per la storia, i soldatini mi hanno permesso di avvicinarmi ad alcune riviste del settore modellistico, divenendone direttore». Impiego di rilievo, viste le collaborazioni con realtà molto importanti nell’editoria italiana. «In seguito, dopo vari anni, mi sono stancato di fare lo scultore e ho iniziato a fare lo storico e lo scrittore». La motivazione di questo cambiamento è molto semplice: «Ancora oggi mi piace dipingere. Come ogni cosa, però, anche le passioni hanno dei cicli: una volta terminati, o quando si sente il bisogno di cambiare, bisogna intraprendere un’altra strada. Come quarto e ultimo passo, ad esempio, mi piacerebbe fare il musicista, imparare a leggere le note. O penultimo – scherza –, nella vita non è mai detto».

Viene spontaneo chiedere a Luca come sia nata la sua passione per la storia: «È una cosa che ho sin da piccolo: alle elementari, ogni sasso che trovavo per terra doveva essere un reperto etrusco o romano. Li portavo da mio nonno che, in dialetto, mi diceva scherzando che erano sassi del Serio. Con gli anni ho coltivato la passione per l’archeologia e la storia antica e romana. Crescendo, le mie passioni sono andate verso il Seicento, il Settecento, le guerre napoleoniche e anche l’epoca contemporanea. In virtù di ciò, sono arrivato a pubblicare come editore 700 libri, 100 come scrittore». Chiediamo a Cristini quale sia la sua percezione della storia: «Credo che si ripeta, come teorizzò il Machiavelli a suo tempo. Purtroppo, oggi è una materia bistrattata, ma farebbe molto bene riscoprirla. Vedo una percezione scarsa della storia da parte delle nuove generazioni. I ragazzi, magari, preferiscono un film horror, senza però rendersi conto che eventi del passato, come i drammi hitleriani, possono rendere la realtà di gran lunga più orribile di una pellicola».

E infine uno sguardo al presente, con l’autore che analizza i cambiamenti dovuti alla grande recessione di società, politica, economia e cultura: «Credo che in questi ultimi anni si sia perso molto rispetto agli insegnamenti passati. Prova ne è la diffusione del Trumpismo e il dilagare di nuovi nazionalismi. Credo che gli anni migliori per il genere umano siano stati quelli successivi alla seconda guerra mondiale: tutti quegli orrori pare che abbiano portato a un’immediata purificazione. Con il benessere, tuttavia, la lezione sembra dimenticata. Non escluderei che in un prossimo futuro possano capitare altre tragedie». Quest’ultima affermazione ci ha incuriositi: «Ci sono stati diversi periodi di pace nella storia occidentale, come quella seguita alla guerra franco-prussiana. La speranza è riposta nell’Europa, ma questa sembra continuamente divisa da troppi egoismi nazionali. Vero è che la letalità degli armamenti è un ottimo deterrente per la deflagrazione di conflitti planetari; questo non toglie, però, la possibilità di conflitti combattuti con strategie terroristiche, come il 2001 ci ha insegnato. Questo è il rischio maggiore, secondo me, per i prossimi 10 o 15 anni».

In chiusura, gli chiediamo come vede il suo prossimo futuro, e anche il nostro: «Per quanto mi riguarda, posso dire che alcuni problemi di salute mi hanno fatto dare sempre meno importanza alla linea temporale. Per quanto riguarda i giovani di oggi, mi sembrano un po’ vittime della tecnologia: credo sia uno strumento formidabile, da usare però con cautela. Nonostante questo, nutro delle simpatie per le nuove generazioni: le intelligenze artificiali non potranno mai sostituire il pensiero umano. E, guardando ai ragazzi del 2018, vedo alcune menti dotate di grande entusiasmo». Il futuro, dunque, lascia ben sperare.

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