Bernadette e "Quella cosa là"

Quando Lourdes diventò Lourdes

Quando Lourdes diventò Lourdes
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In un paese che peggio di così è difficile trovarne, collocato esattamente nel corridoio pirenaico che le tempeste atlantiche percorrono per giungere da noi, piovoso, ventoso e nevoso al punto che d’inverno è impraticabile.

In una frazione di questo posto impossibile che si può raggiungere soltanto togliendosi scarpe e calze perché bisogna anche attraversare un fiume, d’inverno appunto, e precisamente l’11 febbraio 1858, una ragazza tisicuzza, di una famiglia povera al punto da abitare nella cella di una prigione dismessa, attraversò il fiume per andare a raccogliere della legna dove nessuno andava a raccoglierla per ragioni facilmente intuibili e le successe qualcosa di decisamente insolito.

La ragazza si chiamava Bernadette Soubirous, la località Lourdes, la frazione Massabielle, il fiume Gave. Quel che successe è che a Bernadette gelata com’era apparve una signora tutta di luce, bellissima, in abbigliamento estivo, che le dette appuntamento per il giorno successivo. La ragazza non sapeva chi fosse la Signora - parlando con gli altri la chiamava: “Quella cosa” - però continuò ad andare al roccione in cui le era apparsa la prima volta perché non poteva più farne a meno.

La Francia atea della Rivoluzione le si sollevò contro, quella cattolica e curiosa cominciò ad accorrere alla grotta sotto il roccione dove la ragazza si inginocchiava e parlava con la Signora, senza però che nessuno potesse sentire quel che si dicevano. Anche il prete del paese, don Peyramale, la minacciò, la trattò male, finché lei, un giorno di luglio - il 16, l’ultimo delle apparizioni - non corse a perdifiato dalla grotta alla canonica ripetendosi continuamente - per non dimenticarla - la frase che le era stata detta. A domanda di precisare la propria identità finalmente la signora aveva risposto: «Sono l’Immacolata Concezione». Quando la bambina, ansante per la corsa, ripetè questa formula al prete, sbagliandola anche un po’, il prete non poté far altro che rimanere di sale, perché lui sapeva cosa significasse (il dogma dell’Immacolata Concezione era stato proclamato soltanto da poco tempo), mentre la bambina non poteva esserne a conoscenza.

Da allora in poi Lourdes è diventata Lourdes. Uno dei suoi negozi ne ha voluto riassumere l’essenza chiamandosi “Tourisme et Religion”. Ma ha sbagliato bersaglio. Lourdes è il luogo dal quale tutti sperano di ritornare grati al Signore e a sua madre Maria Santissima. Non grati per aver ricevuto una grazia. Grati per aver avuto la possibilità di stare dove Maria aveva deciso di parlare con una di noi - una delle peggio conciate, in verità.

Cosa sia Lourdes lo si capisce solo leggendo una cosa che Bernadette ha voluto lasciarci. La scrisse nel convento di Nevers dove fu invitata a chiudersi stante la delicatezza della situazione e dove morì, a 35 anni. Non è un testamento, come generalmente è chiamato, ma un canto di gratitudine. Questo:

Per la miseria di papà e mamma, per la rovina del mulino, per la trave della nostra sfortuna, per il vino della stanchezza, per i bambini moccicosi, per le pecore con la rogna: grazie, mio Dio!

Bocca di troppo da sfamare che ero; per i bambini accuditi, per le pecore che ho pascolato, grazie!

Grazie o mio Dio, per il Procuratore, per il Commissario, per i Gendarmi, per le dure parole di don Peyremale.

Per i giorni in cui siete venuta, Vergine Maria, per quelli in cui vi ho aspettato, non vi saprò rendere grazie altro che in Paradiso.

Ma per lo schiaffo della signorina Pailhasson, per le beffe, per gli oltraggi, per coloro che mi hanno presa per pazza, per coloro che mi hanno presa per bugiarda, per coloro che mi hanno presa per interessata, Grazie Madre Maria!

Per l’ortografia che non ho mai saputa, per la memoria che non ho mai avuta per poter leggere i libri, per la mia ignoranza e per la mia stupidità, grazie!

Grazie! grazie,! perché se ci fosse stata sulla terra una bambina più ignorante e più stupida di me, avreste scelto quella!

Per mia madre morta lontano, per il dolore che ho provato quando mio padre, invece di tendere le braccia alla sua piccola Bernadette, mi chiamò Suor Maria Bernarda: grazie, Gesù!

Grazie per aver abbeverato di amarezza questo cuore troppo tenero che mi avete dato.

Per Madre Giuseppina che mi ha proclamata: "Buona a nulla”, Grazie!

Per i sarcasmi della madre Maestra, la sua voce dura, le sue ingiustizie, le sue ironie, e per il pane della umiliazione, Grazie!

Grazie per essere stata quella cui la Madre Teresa poteva dire :"Non me ne combinate mai abbastanza".

Grazie per essere stata quella privilegiata dai rimproveri, di cui le mie sorelle dicevano: "Che fortuna non essere come Bernadette.

Grazie di essere stata Bernadette, minacciata di prigione perché vi avevo vista, Vergine Santa!

Guardata dalla gente come una bestia rara; quella Bernadette così malridotta che a vederla si diceva:”Tutto qui?!".

Per questo corpo miserando che mi avete dato, per questa malattia di fuoco e di fumo, per le mie carni in putrefazione, per le mie ossa cariate, per i miei sudori, per la mia febbre, per i miei dolori sordi e acuti, Grazie mio Dio!

Per quest’anima che mi avete data, per il deserto della aridità interiore, per la vostra notte e per i vostri balenii, per i vostri silenzi e i vostri fulmini; per tutto, per Voi assente e presente, grazie, Gesù!

E per tutti i ragazzi maltrattati e incompresi dalla scuola aggiungiamo questo breve episodio, che spiega l’accenno alla signorina Pailhasson.

Lunedì 15 febbraio (quattro giorni dopo la prima apparizione) la scuola frequentata da Bernadette è in subbuglio. La superiora, madre Ursula, entra in classe della ragazza e le dice: «Allora: hai finito con le tue carnevalate?». All’uscita di scuola Bernadette è attesa da suor Anastasia, che volendo capire chi è la ragazza di cui tutti parlano, domanda alla maestra, Madame Pailhasson, di indicargliela. La maestra, in risposta, molla uno schiaffone a Bernadette dicendo a suor Anastasia: «Eccola qui, la scema!». A questo punto la suora afferra per un braccio la ragazza e la scuote tutta continuando a ripetere: «Scema!, Scema! Lo sai che se torni alla grotta ti mettono in prigione».

Fermiamoci qui.

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