Rimettiti in piedi, magica Atalanta La nostra stagione resta da sogno

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Quando finisci sotto un treno, è un miracolo se resti vivo. E l’Atalanta è viva: un incubo di 90’ non cancella una stagione da sogno. I nerazzurri a San Siro sono rimasti in campo soltanto per un quarto d'ora, poi sono tornati a Bergamo, insalutati ospiti, e l’Inter ha strapazzato le loro controfigure. Come un uragano, la Beneamata le ha spazzate via con quei 5 gol in 17 minuti; con le triplette di Icardi (tris in otto minuti, da 70 anni un interista non segnava tre reti in così poco tempo: l’ultimo era stato "Veleno" Lorenzi) e di Banega; con la rete di Gagliardini, implacabile ex che, proprio contro la sua Dea, è andato a segno per la prima volta al Meazza; con una prestazione spaventosa per intensità, gioco, protagonismo. L’Inter non segnava cinque gol in un tempo dal 1964; l’Atalanta non incassava sette gol in una partita dal 1990.

Per prima cosa, onore e applausi scroscianti alla squadra di Pioli (12 gol segnati nelle ultime due gare, quarto posto in classifica; se il campionato fosse iniziato 16 partite fa, ora l’Inter sarebbe seconda a tre punti dalla Juve), mattatrice della miglior prova della gestione firmata dall’ex laziale che, se fosse arrivato alla Pinetina in luglio e non in novembre, oggi sarebbe ancora più in alto. Per seconda cosa, è un’impresa inutile cercare i migliori e i peggiori tra le fila bergamasche: è stata una domenica infame per tutti, dal primo all’ultimo. Soltanto l’analisi a freddo dei prossimi giorni permetterà a Gasperini e ai giocatori di capire che cosa sia loro accaduto, perché sia accaduto, quale sia stata la causa di un black out collettivo senza precedenti dall’inizio del campionato, da dove siano nati quei sette gol presi in 90 minuti quando la difesa ne aveva subiti soltanto uno nei quattro incontri precedenti e nemmeno uno negli ultimi tre. La Serie A, vietato scordarlo, contempla ancora dieci partite da giocare e mette in palio 30 punti, a disposizione dell’Atalanta, oggi sesta in classifica e in Europa League.

Nella stessa misura in cui, il 25 febbraio, è stato naturale festeggiare la vittoria di Napoli senza montarsi la testa, non bisogna deprimersi oggi dopo la batosta di Milano. Sarà salutare, non ci sono dubbi, come lo è stata per il Barcellona quando è stato travolto a Parigi e da quella lezione ha tratto la forza per la straordinaria rimonta della gara di ritorno in Champions League. L’accostamento non è improprio, visti gli immediati accostamenti fra lo storico exploit catalano e la grandinata interista sulla Dea per la rapidità con la quale si è abbattuta sulla formazione che, assieme alla Lazio, è e rimane la rivelazione dell’anno.

La costruzione di una grande squadra, e la squadra di Gasperini rimane tale, passa anche da esperienze sportivamente tremende come l’odierna. Questo 7-1 brucia sulla pelle, ma, possiamo esserne certi, si rivelerà un formidabile propellente per rialzarsi. E se solo chi corre può cadere, da domenica la Dea ricomincerà a correre. Spinta anche dalla gratitudine della sua gente per ciò che ha fatto prima di Milano e ciò che riprenderà a fare dopo Milano: dopo la stangata, i tifosi aspettano la squadra a Zingonia per rincuorarla, incoraggiarla, sostenerla. In piedi, Atalanta.

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