Il 21 agosto 1964

50 anni fa moriva il Migliore

50 anni fa moriva il Migliore
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Si celebrano oggi, 21 agosto, i cinquant’anni dalla morte di Palmiro Togliatti. Tra i fondatori della rivista «Ordine Nuovo» e del Partito Comunista d’Italia, fu politico, antifascista e mentore di Enrico Berlinguer. Ricordarlo impegna a rievocare una parte consistente della storia del nostro paese: la sua è stata infatti una delle figure cardini che hanno contribuito a (ri)costruire l’Italia.

Palmiro Togliatti nasce a Genova il 26 marzo 1893, terzo di quattro figli. La famiglia si sposta da una città all’altra, al seguito del padre Antonio, contabile nell’amministrazione dei Convitti nazionali del Regno. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1911, sostiene gli esami d’accesso al Collegio Carlo Alberto di Torino, insieme alla sorella Maria Cristina. Tra i candidati c’è anche Antonio Gramsci. Tutti e tre superano brillantemente la prova e si iscrivono all’Università di Torino, forniti di una (indispensabile) borsa di studio. Maria Cristina e Gramsci studiano Lettere e Filosofia, mentre Palmiro è stato esortato dai familiari a seguire gli studi di giurisprudenza.

Nel primo dopoguerra, insegna Diritto e Economia a Torino e collabora con quotidiani di sinistra, tra cui «L’Avanti!». Il primo maggio 1919 fonda «Ordine Nuovo», insieme all’amico Antonio Gramsci, a Angelo Tasca e a Umberto Terracini. Togliatti cura la rubrica «La battaglia delle idee», scagliandosi acerbamente contro il nazionalismo di matrice prezzoliniana.

Il ruolo svolto da «Ordine Nuovo» nella creazione del Partito Comunista è focale. In seguito al termine dell’occupazione operaia delle fabbriche torinesi, il 26 settembre 1920, le colonne ordinoviste sostengono infatti che, ai fini della buona riuscita di una rivoluzione proletaria, la fondazione di un partito comunista sarebbe indispensabile. Entro pochi giorni, l’esigenza espressa dall’ala socialista vicina a Gramsci si concretizza nel frazionamento del PSI e nella nascita del Partito Comunista d’Italia, il PCd’I., durante il Congresso di Livorno (21 gennaio 1921). Nonostante le violenze perpetrate dai fascisti, l’attività politica e giornalistica di Togliatti prosegue. Alla fine dell’estate 1921, a Roma, è il redattore-capo del «Comunista», giornale diretto dal deputato Luigi Repossi. Nella Capitale conosce Rita Montagnana, redattrice di un altro quotidiano comunista, «Compagna». La sposerà il 27 aprile 1924.

 

ORDINE

 

Il 28 ottobre 1922 una squadra fascista fa irruzione nella tipografia del «Comunista», che è costretto a chiudere le pubblicazioni. Il 18 dicembre il console della milizia Piero Brandimarte assalta la Camera del Lavoro e quella di «Ordine Nuovo», provocando la morte di 22 persone.

In seguito a questi episodi, Palmiro Togliatti si ritira dall’attività politica, colto impreparato da una situazione che avrebbe richiesto un impegno militante, più che dialettico. Il distacco dalla politica, tuttavia, sarebbe stato breve. Nell’aprile 1923, assume infatti la dirigenza del comitato esecutivo del partito, con lo pseudonimo di Paolo Palmi. La nuova sede, clandestina, si trova ad Angera, sul Lago Maggiore.

Arrestato il 3 aprile 1924 e scarcerato il 29 luglio, nel settembre Togliatti sfugge a un altro ordine di cattura, dandosi alla clandestinità. Il 10 febbraio 1926 parte per Mosca, a capo di una delegazione di partito. Sarebbe tornato in Italia diciotto anni dopo. Ministro senza portafoglio, fa parte dell’Assemblea costituente che avrebbe scritto la Costituzione italiana. Il 14 luglio 1948, mentre sta uscendo da Montecitorio con Ilde Iotti, è ferito da tre colpi di pistola, sparati da uno studente di giurisprudenze seguace del qualunquismo, Antonio Pallante. La notizia suscita gravi disordini e proteste a Genova, città natale di Togliatti, Roma, La Spezia, Napoli. Le linee dei telefoni pubblici e la circolazione ferroviaria si interrompono e alcuni gridano a un secondo caso Matteotti.

Poi, succede che Bartali vince, in Francia, e l’Italia tira un sospiro di sollievo, come ricordandosi che la guerra è finita davvero. La situazione politica si decongestiona e si torna, lentamente, alla normalità.

Da quel momento fino alla sua morte, avvenuta nel 1964, Palmiro Togliatti avrebbe continuato ad essere un punto di riferimento per il partito comunista, uno di quelli che ancora concepiva la politica come una questione di pensiero, prima che di parola. Ignazio Silone, infatti, osservava che Togliatti«aveva un suo modo di ascoltare a lungo, ma quando prendeva la parola era come se leggesse, veniva fuori la lunga riflessione, sapeva collegare fatti apparentemente secondari a cui nessuno di noi aveva pensato». E Giulio Andreotti, ricordando l’avversario di antica data molti anni più tardi, aggiungeva: «Non inoltrerei una causa di beatificazione per Togliatti. Ma quando leggo qui sul Domenicale che bisogna piantarla col Migliore "uomo scaltro, doppio, spregevole"... non è vero. Se la nostra generazione è riuscita a fare qualcosa è stato proprio perché ciascuno assorbì dagli altri anche le valutazioni opposte. Per questo ho sempre avuto per Togliatti grande rispetto».

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