La canzoni, ad una ad una

Tutti amano Kendrick Lamar Il rapper che ha stravinto ai Grammy

Tutti amano Kendrick Lamar Il rapper che ha stravinto ai Grammy
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Musicalmente parlando, il 2015 è stato l’anno di Kendrick Lamar. L’ultima ratifica è arrivata nella notte di lunedì, quando il rapper statunitense ha fatto incetta di premi ai Grammy: se ne è aggiudicati ben 5 su 11 candidature. Tutti quelli relativi al genere rap e quello per il miglior video, Bad Blood (Taylor Swift feat. Kendrick). Una notte da trionfatore, con una performance live strepitosa, arrivata dopo un 2015 memorabile, scandito da continui riconoscimenti da parte della critica e riscontri commerciali più che positivi (ad esempio 9,6 milioni di ascolti su Spotify nel giorno di uscita dell’album e quasi 800mila dischi venduti negli Stati Uniti).

Kendrick ha esordito nel 2011 con Section.80, ma è il secondo disco a renderlo davvero celebre: in good kid, m.A.A.d city racconta la giornata tipo di un ragazzo nero in giro per le strade violente di Compton, la città del rapper. Kendrick prende le distanze dagli stereotipi del gangsta rap; definito da molti come il futuro del genere musicale, con il terzo album supera anche colleghi più esperti e affermati come Kanye West e Dr. Dre.

 

 

La critica si inchina. Il disco si intitola To Pimp a Butterfly ed è stato pubblicato lo scorso 15 marzo 2015, anticipato nel settembre 2014 dal memorabile singolo i. Difficile ricordare un album musicale che abbia raccolto un consenso così universale da parte della critica negli ultimi anni. Una valanga di voti altissimi, spesso coincidenti con il massimo: Pitchfork, una delle testate più influenti, ha assegnato un significativo 9.3/10; il Guardian invece si è limitato a 4 stellette su 5, ma nessuno è sceso sotto quella soglia, comunque molto alta. C’è un sito che fa la media tra tutti i voti assegnati ai dischi (o a film e altro): Metacritic. La media per Kendrick è vertiginosa, 96/100, ovviamente la più alta del 2015. A fine anno sono arrivate poi le classifiche: altro trionfo assoluto per Lamar, risultato il migliore per una quindicina di testate. To Pimp a Butterfly è stato eletto miglior disco dell’anno, tra gli altri, dal New York Times, da Pitchfork, da Spin, da NME, Rolling Stone, Billboard e persino dal severo Guardian.

Un disco politico. Leggendo le recensioni, si comprende il motivo per cui è stato così apprezzato. Il rapper porta avanti un discorso complesso, che va a sondare la psicologia collettiva degli afroamericani, individuando le criticità e le contraddizioni anche interne. «É un disco politico, inteso come il collage dei sentieri che un’intera comunità percorre. La comunità, qui, non è più quella di Compton: è quella degli afroamericani dell’America tutta. Alla fine, tanto vale dirlo, piuttosto che lasciarlo aleggiare: si parla di Sogno Americano, inteso come ricerca di una felicità (economica, sociale) al netto del merito, del pigmento, dell’estrazione sociale. Ovviamente, quel sogno si è talmente sfasciato che è quasi inutile parlarne. Ma occorre comunque discuterne perché, arrivando ad una sintesi, questo disco è sì una seduta psicanalitica, ma collettiva», si legge su Sentireascoltare.

 

 

Le canzoni. Per noi italiani la comprensione dei testi può risultare difficoltosa: è bene quindi ascoltarle tenendo un occhio sulla pagina di Genius.com dedicata al disco. Cliccando sulle canzoni si aprirà una scheda con il testo e a destra la spiegazione generale del brano. Selezionando poi le varie partiti dei testi si potranno leggere analisi più approfondite e specifiche. Ecco alcune annotazioni sui brani più importanti.

  • Wesley’s Theory. Spiega il concetto del titolo To Pimp a Butterfly: fare il protettore (il pappone) di una farfalla, come se fosse una prostituta. È una metafora che descrive la pratica di successo dell’industria musicale americana di gonfiare gli artisti neri a fini commerciali, snaturandoli.
  • King Kunta. Kunta Kinte è un personaggio di invenzione protagonista del romanzo Roots: The Saga o fan American Family di Alex Haley. Schiavo, tenta di fuggire dalla piantagione senza successo e per questo gli viene tagliato un piede. Ma per Kendrick, Kunta è un re.
  • These Walls. Un gioco di parole complesso: le pareti sono quelle di una vagina, di una cella e della mente umana. Il rapper esplora in questo modo vari temi: la sessualità, l’abuso, la sua stessa carriera e la psicologia umana.

 

 

  • Alright. Segna un momento di speranza in mezzo al disco, un tentativo di superare le difficoltà descritte negli altri brani. Lamar guarda con fiducia al futuro, sicuro che ci sia un posto anche per lui nei piani di Dio. Si legge anche il dolore per i fatti di violenza contro ragazzi di colore avvenuti in America negli ultimi anni. Per questo motivo il brano è diventato un inno degli attivisti del movimento Black Lives Matter nel 2015.
  • How Much a Dollar Cost. Racconta di una prova: in Sudafrica un senzatetto chiede a Kendrick 10 Rand (1 dollaro). Dopo diversi tentativi falliti l’accattone si arrende e rivela la sua vera identità: è Dio, e Kendrick ha perso la sua occasione per guadagnarsi un posto in Paradiso. Obama ha detto che questa è la sua canzone preferita dell’anno.
  • The Blacker the Berry. Canzone sorella del singolo i, del quale ripropone i temi, variandoli. Esalta il retaggio afroamericano, ma al contempo critica alcuni membri di questa comunità, perché prima si mostrano in lutto (per la morte di Trayvon Martin), ma poi fomentano loro stessi la violenza contro altri neri.
  • i. Il singolo di lancio del disco, una canzone positiva, per combattere la negatività che l’ha sempre circondato a Compton. Quella frase, «I love myself», ripetuta come un mantra, è una vera rivoluzione nella cultura rap, caratterizzata in passato da una visione tendenzialmente negativa.
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