Shiran Shiran oggi ha 71 anni

Un altro no alla libertà vigilata per l'assassino di Bob Kennedy

Un altro no alla libertà vigilata per l'assassino di Bob Kennedy
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Sirhan Bishara Sirhan ha compiuto settantuno anni, è in carcere da 45 e per la quindicesima volta ha chiesto la libertà vigilata. Per la quindicesima volta la richiesta è stata respinta, perché secondo la corte giudicante il detenuto non ha mai mostrato segni di pentimento. Sirhan, del resto, non è in carcere per avere ucciso un anonimo signor Smith, ma per avere sparato al senatore Robert F. Kennedy, il quale morì per le ferite riportate. Il suo assassinio fece degli americani «il popolo più spaventato del pianeta», come affermò lo storico Arthur Schlesinger, il biografo ufficiale dei Kennedy.

Il 1968 in America. Nei mesi precedenti l’assassinio di Kennedy, l’America aveva attraversato momenti difficili. Il presidente Lyndon Johnson aveva inviato nuove truppe in Vietnam, ma la situazione nella penisola indocinese non era mutata. Al contrario, la scoperta del massacro di My Lai macchiò l’immagine dell’esercito americano, che si rivelò autore di crimini di guerra. In aprile Martin Luther King, il promotore dei diritti civili per gli afroamericani e sostenitore di una rivoluzione pacifica, era stato ucciso e nelle città statunitensi si registrarono rivolte e disordini. La morte di Kennedy andò ad aggiungersi a una serie di eventi che avevano già destabilizzato l’intera America.

 

 

Gli eventi della notte tra il 5 e il 6 giugno. Alla mezzanotte del 5 giugno 1968, Bob Kennedy aveva appena finito di tenere un discorso all’Ambassador Hotel di Los Angeles. Il giorno prima aveva riportato una vittoria decisiva nelle primarie indette per eleggere il candidato democratico alle presidenziali. Sirhan Sirhan, invece, era un cristiano palestinese di origini giordane. Aveva ventiquattro anni. Era nato a Gerusalemme, ma da dodici anni viveva negli Stati Uniti, prima a New York e poi in California. Era affetto da problemi mentali e da alcolismo. Nei mesi in cui Kennedy aveva cominciato a farsi largo nel mondo politico, Sirhan aveva sviluppato un’ossessione per lui. In particolare, cominciò a nutrire l’intenzione di eliminarlo dopo che il senatore aveva dichiarato il proprio sostegno a Israele. Più tardi, infatti, Sirhan avrebbe detto di avere sparato per il «suo paese», cioè la Giordania. La notte del 5 giugno il giovane decise dunque di portare a termine il suo piano. Si fece largo tra la folla che circondava l’Hotel e sparò quattro colpi, di cui tre colpirono Kennedy. Il quarto ferì invece Paul Schrade, amico del senatore, oggi novantenne. Poco dopo Sirhan venne bloccato a terra dai presenti e portato via dai poliziotti. Il suo processo non durò a lungo: il 23 aprile 1969 il giordano fu condannato a morte.

 

 

Da condanna a morte a ergastolo. In California, tuttavia, le esecuzioni delle condanne a morte erano state sospese e nel 1972 la Corte suprema dichiarò incostituzionale il verdetto di Sirhan. La sentenza è stata così tramutata in ergastolo, con la possibilità di uscire con la condizionale, per valutare la quale Sirhan ha diritto a un’udienza ogni cinque anni. Negli ultimi anni, durante i quali ha sempre affermato di non ricordarsi nulla del 6 giugno 1968, Sirhan è stato trasferito da un penitenziario all’altro, da San Quentin a Corcoran, fino alla prigione di San Diego, al confine con il Messico, dove sta attualmente scontando la sua pena.

La teoria del complotto di Pepper. Facendo valere il suo diritto a udienze quinquennali, Sirhan ha chiesto per quindici volte di poter uscire dal carcere in libertà vigilata – l’ultima volta, pochi giorni fa. Ma tra le tesi sostenute dai suoi avvocati per convincere la corte, quella più fantasiosa è stata certamente scritta da William Frances Pepper, nel 2011. Secondo Pepper, Sirhan sarebbe stato manipolato e “ipno-programmato” prima dell’omicidio e non avrebbe agito da solo. L’avvocato, che dà molto credito alle teorie del complotto, dichiarò inoltre che nelle settimane successive alla morte di Kennedy le prove erano state inquinate per incastrare il suo assistito. Pepper, del resto, aveva già cercato di provare l’innocenza di James Earl Ray, l’omicida di Luther King, facendo sempre affidamento a teorie complottistiche. Una strategia mal calcolata, dato che, finora, non ha sortito alcun effetto positivo.

 


L'assassinio di Robert Kennedy di BananaFlambe

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