Tutti a segno negli ultimi turni

I bomber bergamaschi in A

I bomber bergamaschi in A
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Che Bergamo da sempre coltivi i sogni dei campioni, lo sappiamo bene. L'arte del calcio noi la conosciamo, certo che sì. Perché c'è l'Atalanta. Perché c'è l'Albinoleffe. Ma anche perché il movimento calcistico è così forte e pieno di passione che (quasi) ogni anno vengono fuori giocatori dal radioso futuro. In giro ce ne sono tanti, e anche nelle squadre che giocano in Serie A. Ecco i tre che in questo campionato stanno facendo robe da pazzi.

MANOLO GABBIADINI (Sampdoria)

È il re del calciomercato. Manolo Gabbiadini non è solo il campione germogliato nel giro di qualche mese, è l'uomo che ha spostato gli equilibri della stagione 2014/2015. Tanto per dire. Stadio Marassi, Samp-Udinese. Gabbiadini segna il gol numero sette dell'anno. Microfoni accesi: «Allora Manolo, è l'ultimo gol con la maglia della Samp?». Quello, da timido qual è, ha dovuto rinforzare la corazza. S'è fatto diplomatico. Risposta: «Può darsi». Orrore. Perché qualche ora dopo Mihajlovic spazza via la furia del calciomercato assicurando: «Manolo è nostro». Ma dietro la superficie, l'addio di Gabbiadini (destinazione Napoli) sembra ormai cosa fatta. Gabbiadini è il nuovo che è già arrivato, è qui, e non dobbiamo lasciarcelo sfuggire. Se l'avesse convocato Prandelli al Mondiale in Brasile? Per anni i maligni hanno detto che il Gabbiadini coi piedi buoni non era Manolo ma Melania, la sorella, che con il gol ha sempre avuto un feeling speciale. Il calcio non è questione genetica, si sa, ma l'esplosione del ragazzo di Calcinate l'avevamo attesa con fiducia ai tempi dell'Atalanta. È arrivata due anni fa, a Bologna, quando Gabbiadini segna sei gol da urlo. Il passaggio alla Sampdoria è solo l'ultimo stadio della metamorfosi da buon giocatore in fuoriclasse.

ALBERTO PALOSCHI (Chievo)

C'è poi la spinosa questione Paloschi. Eterna promessa dalla faccia pulita, di Paloschi siamo ormai abituati alle meraviglie estemporanee. L'ultima, neanche a dirlo, nel derby contro il Verona. Ultimo giro d'orologio. Palla lunga, cross al centro. Per chi? Paloschi, ovvio. Un colpo di testa che è una bomba ad orologeria. Ma nella carriera di Paloschi c'è un'infinità di gemme così. Ai tempi del Milan, il giorno dell'esordio in Serie A, Paloschi si prende l'appellativo di predestinato. Esce Serginho, entra lui. Diciotto secondi dopo fa gol. Sembra l'inizio di una carriera sfavillante. E invece. Un giorno fa due conti e capisce che la vita è fatta di problemi. «Ho preso 5 cm in un anno, adesso sono alto 183 e la crescita improvvisa ha generato i problemi muscolari. Poi ho fatto gli esami per le intolleranze alimentari, ho tolto i denti del giudizio e preso l'impronta per il bite (una placca che si inserisce fra le arcate, ndr) che userò per allenarmi e giocare. Insomma, più di così non potevo fare». Era il 2010 e Paloschi giocava nel Parma. Un anno dopo passa al Chievo. È qui che trova una certa stabilità, non c'è male.

ANDREA BELOTTI (Palermo)

Benissimo Andrea Belotti, invece. Alza la cresta, ma solo per esultare. Così il galletto del Palermo che arriva da Calcinate ha fatto innamorare il popolo rosanero. Quando giocava nell'Albinoleffe Mondonico, l'allenatore dell'epoca, lo aveva descritto così: «È un attaccante muscolare, pieno di qualità. Lo definirei un centravanti vecchio stampo. Ha movimento ed abbina a questo aspetto grande cattiveria sotto porta». Aveva diciotto anni. L'Atalanta lo aveva scartato. Ora che ne ha 21 e l'aria da giovanotto scanzonato, Belotti è uno dei più promettenti talenti del nostro calcio. Quest'anno ha fatto gol al Napoli (doppietta) e poi al Sassuolo. Minuto 90. La partita è finita: andate in pace. Macché. Belotti non molla, e quando tutto sembra ormai chiuso ecco spuntare la cresta da Gallo, ché è così che lo chiamano gli amici. Ha molta strada davanti, il ragazzo.

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