L'ultima scoperta

Appare nella Basilica della Natività il settimo angelo di Betlemme

Appare nella Basilica della Natività il settimo angelo di Betlemme
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L’ultima, clamorosa, scoperta, è stata quella di un angelo, il settimo, di cui nessuno conosceva l’esistenza. O meglio, che tutti credevano andato distrutto come la maggior parte dei 2mila metri quadrati di mosaico originario, di cui oggi rimangono poco meno di 200 metri. È accaduto a Betlemme, alla basilica della Natività, dove da ormai tre anni si è cominciato a parlare italiano. Perché il merito della scoperta è della Piacenti s.p.a., un’azienda italiana, un’eccellenza nel campo dei restauri, che nei 2013 ha vinto la gara d’appalto per rimettere in sesto la chiesa più antica del mondo, costruita sopra la grotta dove è nato Gesù. Il settimo angelo, splendente e luminoso, guarda insieme agli altri suoi compagni in direzione della mangiatoia, vegliandola pellegrini dall’alto.

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Un angelo splendente. La scoperta del settimo angelo è stata fatta da Silvia Starinieri, una giovane restauratrice che fa parte del team che da tre anni è di stanza a Betlemme. Passando una termocamera su una parete ricoperta di gesso ha notato che c’era qualcosa di strano. Togliendo una piccola parte di intonaco sono apparse alcune tessere di mosaico che componevano la forma del viso di un angelo. Un volto radioso, di madreperla e tessere d’oro, che probabilmente era stato coperto dall’intonaco per essere protetto. Raschiando e restaurando l’angelo è tornato al suo antico e originario splendore nei suoi quasi due metri e mezzo di altezza.

Gli altri mosaici. Ma alla Natività non ci sono solo mosaici di angeli che vegliano in direzione della mangiatoia. Le scene raffigurate si riferiscono ai momenti principali della vita di Gesù e dei discepoli. Sono mosaici di epoca crociata, realizzati tra il 1165 e il 1169, che ricordano nello stile quelli di epoca bizantina che si trovano anche in Italia, e molti sono incredibilmente simili a quelli che si trovano a Gerusalemme, nella moschea della Cupola d’Oro. C’è il mosaico che mostra l’incredulità di San Tommaso, e ci sono molte altre scene della vita di Gesù e degli apostoli. Le tessere dorate, originariamente, sono state volutamente inclinate, per riflettere la luce e trasmettere stupore e meraviglia ai pellegrini che arrivavano a Betlemme e entrando nella Basilica volgevano il loro sguardo verso l’alto. Tutti i mosaici sono firmati.

 

 

L’urgenza del restauro. Secoli di incuria e abbandono avevano ridotto la culla della cristianità a un cumulo di polvere, fuliggine, infiltrazioni di acqua, che hanno danneggiato le pareti della Basilica e i mosaici che ne ricoprivano quasi per intero la parte superiore. Nel 2012 le Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme: la chiesa, che ha resistito a intemperie e a numerose guerre, che nessuno ha mai pensato di distruggere, e che nel 2002 è finita sotto assedio fornendo riparo e rifugio a circa 200 militanti palestinesi, si stava avviando alla sua estinzione. L’Autorità Nazionale Palestinese accolse l’appello dell’Onu e fece pressioni sulle chiese che gestiscono la Natività affinché riuscissero a mettersi d’accordo e avviare così l’ingente opera di restauro. L’azienda italiana, da Prato, decise di partecipare alla gara d’appalto concorrendo con alcuni giganti nel campo dei restauri. Grazie alla perizia delle informazioni tecniche fornite, e soprattutto grazie alla passione con cui il Presidente dell’azienda, Giammarco Piacenti, da sempre illustra gli interventi necessari, riuscendo a far innamorare anche il più scettico e incompetente dei suoi interlocutori, la gara è stata vinta, e il gruppo di lavoro ha cominciato a “restaurare il cielo”, per citare il titolo della mostra dedicata che verrà allestita al prossimo Meeting di Rimini.

Italiani nella storia. E così il team Piacenti, che vanta un curriculum di tutto rispetto, avendo restaurato i monumenti più belli sparsi in giro per il mondo, ha cominciato con la sistemazione del tetto della Basilica, reso necessario dalle pesanti infiltrazioni che compromettevano la struttura stessa della chiesa, e poi ha proseguito con un’imponente opera di restauro delle parti interne, delle colonne e dei mosaici. Da Prato a Betlemme, la Piacenti s.p.a., azienda famigliare che conta una storia di 150 anni, è così entrata a pieno diritto a far parte della storia. Grazie all’imponente rifacimento del tetto la Natività è ora al sicuro per altri mille anni.

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Alcuni numeri. A Betlemme, tra italiani e palestinesi, stanno lavorando in 169: sono partner, collaboratori, subcontractor e consulenti. Numerosi, 27 in tutto, i container di materiali spediti, che hanno dovuto attraversare la frontiera israeliana. 2.800 metri quadrati di ponteggi, 20 tonnellate di legno antico, 200 chilogrammi di resina per legno, 55mila viti solo per il tetto; 2mila metri quadrati di multistrato fenolico, 2.800 metri quadrati di lastre di Piombo, 2 tonnellate di Lana di Prato. In uno dei tanti carichi delle spedizioni c’era anche la sofisticatissima termocamera, ed è grazie a lei che il sesto angelo è stato scoperto. La passione e il coraggio hanno fatto il resto.

I prossimi passi. Una volta terminato il lavoro di restauro dei mosaici, toccherà alle 50 colonne, sulle quali sono dipinti i volti di santi. Per l’occasione, durante un convegno tenutosi appositamente in Vaticano, è stata lanciata una sottoscrizione aperta a chiunque desideri “adottare una colonna”. Obiettivo: raccogliere i due milioni e 300 mila euro che serviranno per riportare all’antico splendore le due file di colonne di epoca giustinianea con 30 capitelli, 32 delle quali decorate con pitture di epoca crociata, in rosso, giallo e azzurro.

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