Lutto

Addio a Dario Gamba, fondatore di SportPiù: una vita dedicata al benessere e alla disciplina

Dal tatami alle palestre: la visione di un pioniere che ha insegnato a Bergamo come prendersi cura di sé. Se n'è andato a 85 anni

Addio a Dario Gamba, fondatore di SportPiù: una vita dedicata al benessere e alla disciplina

Era appesa alla parete del suo ufficio a Zingonia, con due catenelle metalliche che ne garantivano l’equilibrio orizzontale. Un pezzo raro, da collezione. La manovrava con rispetto, come un ostensorio in mano al prete. Era una katana, una spada a lama curva e taglio singolo usata dai samurai.

Dario Gamba, scomparso a 85 anni, non era un guerriero del Sol Levante. Troppo alto. Ma le sue battaglie nella vita, nel lavoro e nello sport le ha combattute con la stessa determinazione di un membro dell’antica casta colta giapponese. Lui restava però un bergamasco autentico, con alle spalle una famiglia di sani principi che gestiva in via Grumello (tra Bergamo e Lallio) una salumeria che si era accorta dell’avvento della grande distribuzione proprio in periodo d’Avvento, quando i panettoni dei primi centri commerciali costavano sempre meno degli stessi panettoni che il papà Renato vendeva a prezzo d’acquisto per non dare l’impressione di “fregare” la sua clientela con un minimo ricarico.

Dario Gamba, in quella salumeria, ci era cresciuto. Poi è diventato il “capo” dei centri SportPiù, un impero del fitness che ha conquistato la Bergamasca. In effetti, la parola fitness a Bergamo, prima di Gamba, era solo un barbarismo d’alta società, un parolone da salotti damascati. Gamba l’ha reso popolare. Erano agli inizi degli anni Ottanta. «Una volta la gente della mia generazione (classe 1940, ndr) restava in forma per la vita che faceva – soleva dire Gamba -. Salivamo sulle piante a raccogliere le ciliegie. Giocavamo a far correre i cerchi delle ruote nelle aie delle cascine. Partecipavamo ai pali della cuccagna. Spaccavamo la legna. Un continuo movimento vitale».

Dario Gamba

Gamba era un buon osservatore e si era ravveduto subito del cambiamento sociale con quegli stili di vita che abbracciavano troppo la sedentarietà: al lavoro in macchina o in motorino e tante ore seduti a una scrivania. Una vita tutta diversa dalla sua, che veniva spedito in città da Treviglio in bicicletta a comprare sfilze di salsiccia. D’estate si sudava e d’inverno la brina brillava sulle sopracciglia. Faceva il garzone da un salumiere amico di suo padre. Partiva da casa il lunedì alle 6 e tornava alle 13.30 della domenica. Se fossimo in America, sarebbe stato un self-made man, un uomo che si era fatto da sé sgobbando sodo, stando bene attento che i passi non fossero più lunghi della gamba. E anche intervenendo in soccorso di chi, invece, l’ambizione non la calibrava sull’ampiezza della falcata.

Anche per Gamba l’avventura del fitness a Bergamo avrebbe potuto rappresentare un fallimento se il suo carattere e la solida educazione non l’avessero fatto camminare con i piedi per terra. «Ho creduto in quell’avventura – raccontava tra le sue rose nel giardino di Zingonia -. Ma avendo una moglie e tre figli, accanto al fitness portavo avanti la salumeria di mio padre chiusa nel 1990». Quindi carattere ed educazione l’hanno plasmato nell’uomo che era oggi. Ma c’è un altro elemento che è fondamentale considerare: la sua passione sconfinata per lo sport e in particolare per le arti marziali.

Era ancora il suo ufficio che parlava per lui. Fotografie, articoli di giornale e una sequela di coppe e medaglie che lo svelavano come un grande del karate che ha iniziato dal judo con il maestro Toto Iacobazzi. E la differenza tra le due arti marziali restava “abissale” per uno del ramo come lui. «Il karate è per difendersi, parata e contrattacco – diceva mimando le mosse -, mentre il judo è uno sport per attaccanti. Io ho scelto il karate». Diventò cintura nera nel ’69 al centro arti marziali di Bergamo. Negli anni Settanta infila quattro secondi posti assoluti nel campionato italiano individuale. Guadagna un primo posto nel 1972 nel campionato a squadre e nel 1975 era il primo “karate kid” d’Italia. Un podio che lo portò in California, a Long Beach, per il Campionato del Mondo con 300 karateka in gara. Arrivati come vice campioni del mondo, dopo la Francia, venivano eliminati dal Guatemala. Vinse il Giappone anche con il favore degli arbitri connazionali. Talmente “venduti” che il campione francese Dominique Valerà, quando s’era visto ribaltare la decisione arbitrale di un inglese da parte del supervisor nipponico, non ci pensò due volte a menare quest’ultimo per manifesta imparzialità. La Francia perse il titolo, ma si fece giustizia.

Nello stesso anno, dopo i campionati europei di Ostenda, Gamba avvisò l’avvocato Ceracchini, presidente della federazione di Karate, che la sua carriera agonistica era finita. Aveva 35 anni. Di quella competizione aveva ancora impresso il pugno alla schiena (oizuki) che l’inglese Alifax gli piazzò togliendogli quasi il respiro. Da allora, Gamba si è reinventato come un grande preparatore, apprezzato anche all’estero tanto da essere direttore tecnico della squadra polacca e poi di quella ceca, stage in Russia, Sudafrica e Namibia, senza dimenticare che la sua squadra bergamasca (la Kushinkan, ovvero “il cuore e la mente oltre l’orizzonte”) fu per anni la squadra da battere in Italia.

Gamba è stato un uomo di successo che conservava con orgoglio gli inizi della sua avventura umana. I suoi figli Alberto, Luca e Renato (avuti con la moglie Gianna) l’hanno seguito nella gestione dei centri SportPiù. Papà Dario seguiva tutto da Zingonia con la stessa vena creativa e imprenditoriale di quando in salumeria riusciva a vendere un prodotto che ad altri risultava come una missione impossibile. Andava orgoglioso di una sua pensata: uno SportPiù per sole donne sotto al Coin, la Area Donna. «Lo fanno in America – diceva -, figuriamoci se a Bergamo non attacca». Ci mancherai.