Il medico che ha mollato tutto per fare il giro del mondo in bici
Steven Fabes è un medico inglese che, fino a poco tempo fa, era insoddisfatto della sua vita. Trascorrere le giornate chiuso in un ambulatorio o in un ospedale non faceva per lui. Voleva conoscere il mondo, viaggiare e possibilmente riuscirci svolgendo anche la sua professione. La decisione di partire l’ha presa con l’aiuto di una birra e l’ha comunicata ai suoi amici, seduti al tavolo di un pub. All’inizio i compagni di Steven pensavano che scherzasse, complice qualche pinta di troppo. E invece no: il medico era serissimo. Sarebbe partito in bicicletta e, pedalando, avrebbe fatto il giro dei sei continenti, per curare le persone più bisognose. Steven, insomma, sarebbe diventato un medico itinerante, o un viaggiatore a fin di bene. Nel suo blog, Steven ha raccontato così il momento in cui ha dato la notizia agli amici:
Pinta in mano, un mini-atlante aperto sul tavolo, sedevo nel giardino del George, vicino a London Bridge, in un giorno qualsiasi del 2008, spiegando un nuovo progetto a un piccolo gruppo di amici. In una posa concentrata, con la penna che pendeva sopra il minuscolo punto di Londra, ho sorriso ai miei scettici spettatori e mi sono tuffato, disegnando la mia strada attorno al mondo e attraverso i sei continenti. Tutto sarebbe stato portato a termine, ho affermato, in bicicletta. «In sei anni, prendere o lasciare».
Il percorso di Steven. Qui per i dettagli.
Le difficoltà. Il 5 gennaio 2010 Steven ha lasciato la Gran Bretagna con bicicletta, zaino, tenda (immancabile) e pochi soldi in tasca. In sei anni ha visitato 74 Paesi, ha percorso più di 86mila chilometri, circa due volte la circonferenza del pianeta, e ha sostituito venticinque ruote. Sentiva costantemente un «impressionante senso d’imprevedibilità» e aveva pure nostalgia di casa, un «pedaggio da pagare per strada». Non è stato facile, per nulla. Oltre alla fatica fisica, Steven doveva affrontare difficoltà legate alla natura e alla cultura dei luoghi in cui capitava.
Ha condiviso la tenda con uno scorpione e una vedeva nera e ha dormito a poca distanza da leoni e serpenti, incluso un cobra. In Malesia ha contratto la febbre dengue, in Egitto è stato assaltato da un gruppo di ragazzi che volevano derubarlo e in Ecuador un giovane ubriaco lo ha pugnalato al dito. Un giorno, in Perù, si è svegliato con un uomo che gli puntava contro una pistola. È però riuscito a parlargli con calma e ha capito che l’uomo viveva in una città industriale molto povera e cercava di sostenere, con qualsiasi mezzo, sua moglie e i suoi tre figli. Alla fine Steven e lo sconosciuto hanno condiviso una minestra e l’uomo ha offerto il suo aiuto al dottore, se ne dovesse avere mai bisogno.
Non si è mai perso d’animo. Steven non se la cavava bene nemmeno dal punto di vista economico. Quando era partito, pensava di riuscire a mantenersi con dieci dollari al giorno, ma si sbagliava. Ben presto si è trovato senza nemmeno uno spicciolo. Si è rimboccato le maniche, però, e ha cominciato a tenere conferenze e ha scrivere degli articoli sulla sua avventura. Poco dopo sono arrivati gli sponsor e, da quel momento, non ha più dovuto preoccuparsi delle sue finanze. Nonostante tutti gli ostacoli, comunque, Steven non ha mai considerato l’eventualità di tirarsi indietro, nemmeno nei frangenti più duri, come quando ha dovuto attraversare la Mongolia d’inverno, a meno 35 gradi. Steven non voleva perdere l’opportunità di rompere barriere, di entrare in contatto con i villaggi di ogni parte del globo.
Clicca sull'immagine per vedere tutti gli scatti di Steven in giro per il mondo.
Ne è valsa la pena. Il medico di Oxford è stato ripagato dei rischi affrontati dalla gentilezza delle persone che gli offrivano ospitalità. La dolcezza di quei momenti lo faceva sentire quasi a casa. Quando poi curava malati che altrimenti non avrebbero potuto permettersi nessun sostegno medico, si sentiva utile come mai nella vita e sapeva che ne era valsa la pena. «Prima di partire ero più interessato a scoprire il mondo esterno, che non il mio interno. E quello ho capito è che viviamo in un cultura nella quale tutto si può ottenere. Ci vantiamo di essere intolleranti al compromesso. Ma ciò che conta è il sacrificio, l'abnegazione, e per alcuni questo è un carico obbligatorio», ha affermato Steven, a viaggio concluso. Al momento, si trova ad Amsterdam e pensa di ritornare in Gran Bretagna la prossima settimana, per scrivere un libro sul suo pellegrinaggio.