Storia tragica

«Aiutatemi, sto morendo di freddo e di stenti»: l'appello al Comune di Treviglio di una 61enne

Giuseppina Lo Nardo è malata e non può lavorare. È rimasta senza metano e con l'elettricità depotenziata a causa dei debiti. «A volte chiedo a Dio di farla finita»

«Aiutatemi, sto morendo di freddo e di stenti»: l'appello al Comune di Treviglio di una 61enne
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Un appello disperato quello che ha lanciato una 61enne attraverso i colleghi di PrimaTreviglio. Lei è Giuseppina Lo Nardo, abitante della città della Bassa, che si è rivolta all’Amministrazione comunale dopo aver vissuto gli ultimi tre mesi nelle casa popolare di via XX Settembre senza metano e con il depotenziamento dell’energia elettrica a causa delle bollette arretrate da pagare.

«Aiutatemi - ha detto la donna -. Sto morendo di freddo e di stenti, sono tanto malata e da anni non posso lavorare».

Una storia di dolore

Lo Nardo ha raccontato la sua storia con gli occhi lucidi: «La pensione di reversibilità del mio defunto marito di poco più di 400 euro non mi basta per coprire tutte le spese. Gli arretrati da pagare sono tanti, le medicine sono troppo costose e con il pacco alimentare offerto dalla Caritas non riesco a sfamarmi, anche perché senza metano non posso cucinare parte del cibo che mi mandano. Se a oggi riesco a mangiare qualche pasto caldo è solo grazie alla signora Lucia, che vive al piano di sotto. Ma non posso continuare a vivere sulle sue spalle. Nonostante la povertà, io ho ancora una dignità e non voglio perdere pure quella».

Una dignità, quella della signora Lo Nardo, minata a più riprese durante la sua esistenza. Nata a Napoli nel 1962, si è poi trasferita a Palermo, dove rimase vedova a soli 25 anni con cinque figli da crescere. Mentre lavorava come operatrice socio-sanitaria, conobbe un nuovo compagno. Il quale, con il passare del tempo, non le riservò però soltanto amore.... Dopo averla trascinata con sé al nord, l’uomo iniziò infatti a maltrattarla, anche davanti alle due figlie nate dal loro rapporto. Gli episodi più gravi risalgono al 2005 e al 2006, anno in cui gli assistenti sociali decisero di intervenire.

«Mi hanno tolto Fortunata, la mia ultima figlia, quando lei aveva solo 5 anni. Scelsero di darla in affido a una famiglia di Cremona per allontanarla dalle violenze che subivo per mano di suo padre. Questa ferita non si rimarginerà mai, come quella legata all’aborto dei due gemellini che anni prima portavo in grembo e che mi sono stati strappati via dal mio compagno a suon di botte».

«A volte chiedo a Dio di farla finita»

Il dolore per la perdita prematura dei suoi due figli, le violenze domestiche subite e l’allontanamento di Fortunata spinsero Giuseppina a mettere fine al rapporto malato con il compagno e a rimboccarsi le maniche per rifarsi una nuova vita. Ma dopo aver trovato lavoro come bidella, il destino beffardo si accanì ancora su di lei: «Nel 2015 sono rimasta vittima di un grave incidente con un autobus che mi ha distrutto la gamba sinistra. Da allora sono costretta a convivere con problemi cronici all’anca, al ginocchio e alla schiena che non mi hanno più permesso di lavorare davvero, malgrado abbia provato pure a fare la badante».

La mancanza di un lavoro stabile ha finito per gettare Giuseppina in uno stato di miseria che oggi le sta rendendo la vita insostenibile: «Una volta ero una donna forte e determinata, sopportavo tutte le sofferenze che la vita mi infliggeva perché ero giovane e il mio corpo ce la faceva a lottare e a rialzarsi ogni volta che cadeva. Ora non ci riesco più. Sono caduta e non riesco più ad alzarmi, rimango qui per terra in attesa che qualcuno mi aiuti, perché io da sola non ce la posso più fare, tanto che mi capita di chiedere a Dio di farla finita presto».

L'appello al Comune e la risposta

Per scongiurare il peggio, Giuseppina ha deciso di fare un ulteriore tentativo con il Comune: «Con l’inverno alle porte, non posso più stare senza acqua calda e non posso più vivere con l’ansia che mi stacchino pure l’energia elettrica. Chiedo all’Amministrazione di non abbandonarmi proprio ora e di non chiudermi le porte in faccia. Vorrei che mi aiutassero, magari pagandomi le bollette, perché vorrei tornare a sentire la mia casa calda e accogliente. Se avessi potuto chiedere aiuto ai miei figli, lo avrei già fatto, ma purtroppo anche loro non vivono nell’agiatezza economica. Per questo, chiedo al sindaco Juri Imeri e al vicesindaco Pinuccia Prandina di non voltarmi le spalle».

A tale appello, sempre attraverso PrimaTreviglio, ha risposto proprio Prandina: «Gli amministratori e gli assistenti sociali hanno da sempre ben presente la situazione della signora Giuseppina Lo Nardo e per questo motivo sono stati attivati tutti gli interventi possibili, sia sul fronte della casa che dal punto di vista dell'aiuto economico diretto e indiretto per sostenere le spese di bollette, affitto, generi alimentari e altre necessità. Per ovvi motivi di privacy e per il grande rispetto della situazione della signora, non è certamente la stampa il luogo in cui rendere conto delle attività messe in atto da anni dal Comune per garantirle un sostegno concreto e costante. È in corso un progetto a supporto della signora che dovrebbe continuare a fidarsi e affidarsi ai servizi pubblici, comunali e non, che da 12 anni le garantiscono supporto e sostegno».

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