Alessandra, vita sempre in vetta Ha scalato tutti i 4mila delle Alpi

Una vita sempre in vetta. E da qualche giorno vanta un posto nella hall of fame della montagna, riservato solo a chi ha scalato tutte le 82 cime superiori ai 4mila metri di altezza dell’arco alpino. Alessandra Casiraghi, 49 anni, è la quarta donna italiana nella storia ad aver raggiunto questa incredibile impresa. E l’ultima vetta - la Crete du Diable, sul Monte Bianco - è stata anche la più sofferta. «Ci ho provato quattro volte a vuoto, alla quinta ci sono riuscita» afferma con grande gioia. Residente in via Santa Apollonia alla Molinata, Missaglia (Lecco), diploma magistrale nel cassetto, Alessandra ha scelto di lavorare come collaboratrice scolastica prima alle scuole di Monticello e ora a quelle di Viganò, per poter coltivare la sua grande passione e trascorrere più tempo possibile in montagna, il suo vero habitat naturale. «La montagna è la mia vita, anche se quando sono in Brianza mi piace molto anche andare in bicicletta - rivela - Proprio una caduta in bici ha rischiato di pregiudicarmi questo record: l’anno scorso, mentre mi trovavo al Monte Barro nel parcheggio del bar, ho preso un cordolo troppo alto, non sono riuscita a staccare i piedi dai pedali e sono caduta. Ho rotto il femore». Dolorante e col morale a terra, l’alpinista missagliese ha trovato proprio nella riabilitazione gli stimoli per tornare in vetta. «Dalle finestre dell’ospedale di Bellano vedevo solo montagne. Ho chiesto ai medici di fare in fretta, perché ci dovevo tornare al più presto...» ricorda. Dopo qualche mese di convalescenza, la 49 enne ha ritentato l’impresa della Crete du Diable. «Ci sono andata con un mio amico della Valsassina, non sono così brava da andarci in solitaria. Però ce l’ho fatta. Ci sono voluti in tutto 25 anni, ma alla fine ho raggiunto anche la vetta numero 82. Vedere il mio nome, insieme a quello di altre tre donne nella storia dell’alpinismo italiano, mi riempie di gioia».
Che grinta e tenacia siano di famiglia in casa Casiraghi non è un mistero, viste le imprese nelle ultramaratone della sorella Monica. Ma il raggiungimento dell’82esima vetta alpina non era certo scontato. «In realtà ho iniziato per puro caso. Ricordo bene il mio primo 4 mila: era il Gran Paradiso. All’epoca era molto più semplice arrivarci rispetto a oggi, non c’erano crepacci né rischi particolari. Era una passeggiata molto lunga, bastava avere fiato e si arrivava in cima. Da lì ho sentito il desiderio di provare a raggiungerne un altro, poi un altro ancora, e così via». Quello tra Alessandra e la montagna è un rapporto quasi simbiotico. «La montagna è un costante viaggio dentro se stessi. È una metafora della vita, insegna a conoscersi, anche ad accettare i fallimenti. Se un giorno senti che non ci sei con la testa è meglio prenderne atto e tornare a casa, cercare la vetta a tutti i costi può essere pericoloso se non si è in condizione per farlo. L’importante, poi, è riprovarci. Proprio come nella vita».