Alì, 33 tentativi da Calais a Dover «Ci provo per vedere mia madre»
Un braccio di mare e venti minuti di treno separano Calais da Dover. Venti minuti basterebbero a cambiare la situazione dei moltissimi emigrati che affollano il campo profughi della città portuale francese, un campo che è stato battezzato “The Jungle”, la giungla. «La giungla è un luogo fatto per gli animali, non per gli uomini. Questo posto è una giungla», spiega un rifugiato.
La vita nella Giungla. Il campo ospita circa seimila persone e sta assumendo l’aspetto di un insediamento permanente. È diviso in quartieri che corrispondono ai Paesi di provenienza dei richiedenti asilo, anche se poi è facile mischiarsi, durante il giorno. Sono sorti persino dei “ristoranti” e dei caffè, bazar e negozi alimentari. C’è chi sta costruendo una scuola e chi, invece, si occupa della chiesa (come mostra bene questo video del Guardian). «Anche se manca un sacerdote (c’era un tizio, un prete, ma poi è andato in Inghilterra), è un bene che ci sia un luogo in cui si può stare in solitudine, un luogo quieto per leggere, pregare, pensare», spiega l’architetto-muratore. Il ragazzo che si sta occupando della costruzione ha dovuto lasciare il Sudan e un figlio di due anni, ma spera di potersi ricongiungere a lui, magari in Gran Bretagna. «È dura, è molto dura. Però sono ancora felice e sono vivo», afferma con tranquillità disarmante. Nella Giungla i cristiani convivono con i musulmani, i quali rispettano il Ramadan, nonostante le difficili condizioni in cui si trovano. «È una prova di pazienza e di sopportazione. Una sfida con te stesso», spiegano. In generale, sopravvivono prestandosi e scambiandosi cibo, utensili e medicinali. Quelli che soffrono di più sono i nuovi arrivati, perché sono gli ultimi nella catena di distribuzione dei pasti, che nel campo vengono forniti solo una volta al giorno.
Tents are reflected in a puddle with waste inside the camp known as the Jungle in Calais, northern France, Tuesday, Nov. 3, 2015. More than 5000 migrants are fleeing conflict zones or poverty at the rapidly growing camp outside Calais. All hope to make it across the English Channel to Britain. (AP Photo/Markus Schreiber)
Unidentified migrants use their cell-phones near the migrant camp known as the new Jungle in Calais, northern France, Wednesday, Oct. 21, 2015. The mayor of the northern French city of Calais says troops may be needed to cope with the rising number of migrants camped in her city in hopes of reaching a better life in Britain. Connected to England by a train tunnel, Calais has been seen as a jumping off point for migrants for years. (AP Photo/Michel Spingler)
An Afghan migrant begins construction on makeshift shelters at the migrant camp known as the new Jungle in Calais, northern France, Wednesday, Oct. 21, 2015. The mayor of the northern French city of Calais says troops may be needed to cope with the rising number of migrants camped in her city in hopes of reaching a better life in Britain. Connected to England by a train tunnel, Calais has been seen as a jumping off point for migrants for years. (AP Photo/Michel Spingler)
Unidentified Sudanese migrants prepare food outside their makeshift tents at the migrant camp known as the new Jungle in Calais, northern France, Wednesday, Oct. 21, 2015. The mayor of the northern French city of Calais says troops may be needed to cope with the rising number of migrants camped in her city in hopes of reaching a better life in Britain. Connected to England by a train tunnel, Calais has been seen as a jumping off point for migrants for years. (AP Photo/Michel Spingler)
Unidentified Sudanese migrants prepare food outside their makeshift tents at the migrant camp known as the new Jungle in Calais, northern France, Wednesday, Oct. 21, 2015. The mayor of the northern French city of Calais says troops may be needed to cope with the rising number of migrants camped in her city in hopes of reaching a better life in Britain. Connected to England by a train tunnel, Calais has been seen as a jumping off point for migrants for years. (AP Photo/Michel Spingler)
Migrants play soccer inside the migrant camp known as the new Jungle in Calais, northern France Tuesday, Nov. 3, 2015. There are more than 5000 migrants fleeing conflict zones or poverty at the rapidly growing camp outside Calais. All hope to make it across the English Channel to Britain. (AP Photo/Markus Schreiber)
Migrants walk through a camp known as the Jungle, at dusk in Calais, northern France, Tuesday, Nov. 3, 2015. More than 5000 migrants are fleeing conflict zones or poverty at the rapidly growing camp outside Calais. All hope to make it across the English Channel to Britain. (AP Photo/Markus Schreiber)
A migrant cuts the hair of a other other migrant on a railway track near the migrant camp known as the new Jungle in Calais, northern France Tuesday, Nov. 3, 2015. There are more than 5000 migrants fleeing conflict zones or poverty at the rapidly growing camp outside Calais. All hope to make it across the English Channel to Britain. (AP Photo/Markus Schreiber)
Hamoudi Ali, siriano. Di giorno i rifugiati conversano tra di loro, giocano a carte o a calcio, riposano o leggono. Ma è la notte il momento più importante, quello in cui si tenta di attraversare la Manica e di giungere, finalmente, in Inghilterra. Non è per nulla facile, anzi: i controlli della polizia si sono intensificati e nascondersi dietro o dentro i tir di passaggio è diventato quasi impossibile. Hamoudi Ali, siriano, afferma all'Independent, che racconta la sua storia: «La stazione dei treni è l’occasione migliore. Solo venti minuti e sei a Dover. Venti minuti! È incredibile che in venti minuti tu possa rivedere la tua famiglia. Ci vado ogni giorno. Solo per vedere mia madre. Solo per vederla…il giorno in cui la vedrò, vedrò il mio mondo». Ali è originario di Afrin, nel nord della Siria. Quando il governo ha ritirato le sue truppe, nel 2012, la regione è diventata un distretto dell’area curda autonoma. Nel luglio dello stesso anno, il Partito Democratico del Kurdistan ha preso il controllo. Nonostante la famiglia di Ali sia di etnia curda, ha lasciato l’area a causa della guerra e della leva obbligatoria che avrebbe costretto Hamoudi e i suoi due fratelli ad arruolarsi. «Non voglio entrare nell’esercito. Perché se ci vai, devi uccidere. Non mi piace», ha dichiarato Ali.
Gettare il cuore oltre la Manica. Ali, suo fratello e sua madre sono emigrati in Turchia, abbandonando gli studi in giurisprudenza e cominciando a lavorare in un negozio di abbigliamento. La situazione, per loro, continuava ad essere molto difficile. Hanno così deciso di trasferirsi in Occidente, ma i soldi bastavano appena per pagare il viaggio di due persone: «Non ho dimenticato quel giorno, quando sono andato a salutarli. Abbiamo pianto così tanto. Mi hanno abbracciato, baciato, perché sono il più piccolo della famiglia [ha 25 anni, ndr]. Sono il bambino», ha aggiunto con una risata. La madre e il fratello sono riusciti a raggiungere le sponde inglesi, mentre Ali è rimasto a Istanbul. È però riuscito a racimolare il denaro necessario per partire a sua volta e, tre mesi fa, ha lasciato la Turchia. Da otto settimane si trova a Calais, il “limbo” dei rifugiati. In questo lasso di tempo ha tentato per trentatré volte di attraversare la Manica. Ci prova praticamente ogni giorno, ogni giorno raggiunge il punto più vicino alla sua famiglia. Nel frattempo, parla con la madre per telefono: «Ogni due ore, mi chiama. Tutti i giorni. “Dove sei?”, “Dove vai?”, “Cosa stai facendo? Prego perché tu arrivi”, mi dice sempre. “Devi provare. Devi vedermi, voglio vederti”. E io rispondo: “Va bene, mamma, per favore. Lo so, non sono bravo a lasciare la giungla. Ma non piangere. Sto arrivando! Arrivo ogni giorno”».