L'intervista

Alla scoperta di Tiziano Incani: «Io sono il Bepi, fiero di esserlo e di quello che ho fatto»

Dopo l’exploit all’Edoné e a Piazza Brembana, il cantautore e scrittore di Rovetta prepara altre date del suo celebre personaggio

Alla scoperta di Tiziano Incani: «Io sono il Bepi, fiero di esserlo e di quello che ho fatto»
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di Bruno Silini

Dopo l’exploit all’Edoné di Bergamo e a Piazza Brembana, il Bepi ha in calendario per il 2024 ancora diverse date: Cepino (4 settembre), Clusone (7 settembre), Calcinate (14 settembre), Camerata Cornello (21 settembre) e il Rifugio Coca a Valbondione (12 ottobre). Fuori Bergamo, il 29 settembre sarà a Scicli, in Sicilia, al Donnalucata Resort, impegnato in diverse esibizioni in quartetto acustico.

Se intervisto Tiziano Incani, il Bepi si offende?

«Ma un po’ sì, perché sembra quasi di mancargli di rispetto come se Tiziano Incani fosse quello bravo e il Bepi fosse la strada facile verso il successo. Non è così. A volte la gente mi chiama Tiziano come per farmi sentire che ha capito chi sono veramente. Ma non è così. Io sono il Bepi, sono fiero di essere il Bepi e di quello che ha fatto. Semmai, le qualità di Tiziano col tempo le ho fatte convergere nel Bepi. Però non dobbiamo pensare che Tiziano sia la parte intelligente e colta e il Bepi sia la parte più commerciale, nel senso negativo del termine».

Dopo tanti anni di convivenza, chi comanda fra i due?

«Dipende dai contesti. Comanda il Bepi da un punto di vista più strettamente numerico, perché il Bepi è quello famoso ed è quello che piace al popolo. Da un altro punto di vista, invece, comanda Tiziano, perché è sempre quella testa contorta che in qualche modo è l’artefice sia dei successi che degli insuccessi del Bepi».

Il Bepi l’ha affrancata economicamente?

«Per mia fortuna, non sono mai stato in una condizione tale da dover fare qualcosa perché se non l’avessi fatta non sarei campato. Di sicuro il Bepi mi ha portato qualche spicciolo in più in tasca, anche se credo di essermelo meritato. Sono soldi che non sono piovuti dal cielo».

Ma senza il successo derivante dal Bepi, Tiziano Incani che strada professionale avrebbe scelto?

«Il Bepi ha cominciato ad avere successo intorno al 2005. Allora ero una via di mezzo tra un impiegato e un magazziniere con una laurea in Giurisprudenza non conclusa (solo nove esami). E non ero felice. Avevo il mito di Paolo Conte, che era riuscito a coniugare l’attività forense con l’arte, e pensavo che ci sarei riuscito anch’io. In realtà non è stato così. Sinceramente, me lo sto chiedendo ancora oggi cosa io potrei fare se non facessi il Bepi».

Si è stancato di fare il Bepi?

«Capita, anche spesso. Monta la voglia di fare altro liberandomi di questo mondo».

Quando il Bepi è esploso, il lavoro da impiegato l’ha mollato?

«Subito».

Senza la maschera iper dialettale del Bepi, Tiziano Incani chi è?

«Perché iper dialettale? Perché si crede, soprattutto in città, che il Bepi sia un’esagerazione, sia un’iperbole, una macchietta? Il Bepi è credibilissimo in un contesto provinciale montano. Vi assicuro che dove abito io, uno come il Bepi è perfettamente allineato. Nella remota provincia, si parla come il Bepi, ci si comporta come il Bepi. La maggior parte delle persone è come il Bepi».

Però Tiziano Incani chi è?

«Tiziano Incani è uno che è spesso affascinato anche dal Bepi, poiché il Bepi mi ha consentito di ottenere risultati che fin quando fossi rimasto Tiziano non avrei raggiunto. Mi ha aiutato a comprendere cose che Tiziano non avrebbe capito e, oggi, mi aiuta a interessarmi di tutte quelle questioni relative al territorio, alla sua cultura, alla sua lingua. Tiziano senza il Bepi non vivrebbe tutto ciò in una maniera così intensa».

Quando ha capito che il Bepi funzionava? Una data, un episodio?

«Direi quando mi sono esibito all’Original Beer Fest di Alzano nel 2005. Ricordo un buio improvviso e poi un boato e ci chiedemmo (io e la mia band, allora era i “Tolas”) cosa fosse successo. Pensavamo a un faro caduto...».

Invece?

«Invece le luci le avevano spente intenzionalmente con cinquemila persone che attendevano di vedere il Bepi. È una roba che, soprattutto quando hai 30 anni e non 20, ti lascia abbastanza basito».

Macina ancora gli stessi numeri del 2005?

«Una certa flessione, devo dire, c’è stata, anche se oggi vedo le stesse scene che vedevo vent’anni fa. Tutto questo mi piace. I numeri fanno sempre piacere e stimolano quel brio da rockstar (...)

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