Dea quarta, la storia siamo noi

Buffo, il calcio. Alla sesta di campionato, dopo quatto sconfitte incassate nelle prime cinque partite, l’Atalanta batte il Crotone, si rimette in carreggiata e decolla verso l’infinito. Nell’ultima giornata di campionato, battendo la Lazio e conquistando una straordinaria salvezza, proprio il Crotone permette alla Dea di chiudere al quarto posto il migliore anno della nostra vita. Quarti, con 72 punti, due più della Lazio, 9 più del Milan, 10 più dell’Inter. Come dice Papu Gomez, «abbiamo fatto qualcosa di storico che resterà per sempre».

E’ vero. Ci vorrà del tempo per realizzare compiutamente la grandezza di un’impresa che ha stupito il calcio, ha esaltato Bergamo, ha entusiasmato chi ama il calcio. Ci vorrà del tempo perché, se è vero che non bisogna mai smettere di sognare, è quando i sogni diventano realtà che rischi di non credere sia tutto vero. Invece, è così. E ciò che è successo in questo ultimo turno di campionato, è stato un inno alla gioia che gli atalantini non smetterebbero mai di intonare. Perché qui sta il punto.

Ricordate l’intervista che Gasperini concesse a Bergamo Post, in piena arrampicata verso l’Europa? «Non so come andrà a finire – confidò l’allenatore a Fabio Gennari -. Ma so ciò che desidero fare per i nostri tifosi: voglio renderli felici». Missione compiuta, Gian Piero che hai stregato un popolo intero e hai capito perché a Bergamo non si dica vado allo stadio, ma vado all’Atalanta.

C’è un’immagine, fra le molte che la festa di sabato ci ha consegnato, destinata a rimanere impressa a lungo nella nostra memoria: quel bandierone, enorme, sventolato sotto la Curva Nord da Cristian Raimondi, con l’Europa colorata di nero e azzurro e la scritta “A guardia di una fede”, mentre Gasperini, Percassi e i giocatori applaudono la Curva che li applaude.
Raimondi, uno di noi. Come Migliaccio. La storia sono loro. La storia siamo noi. Ora possiamo dirlo.