Basta criminalizzare l'Atalanta e i suoi tifosi

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I bambini ci guardano e ci giudicano. Se, a 6 anni, ti proibiscono di entrare allo stadio con la maglia della squadra del cuore e, ai tuoi, uno steward troppo zelante, ingiunge di coprirla con una felpa, i bambini si domandano in che razza di mondo viviamo. Il problema sono gli adulti, con le loro miserie, le loro bassezze e le loro strumentalizzazioni. Perché un conto è l'indecente caso denunciato dal genitore del piccolo tifoso di Tevez, che ha tutti i motivi per essere imbufalito e un altro è il tiro contro l'Atalanta e i suoi tifosi, possibilmente calibrandolo contro la Curva Nord che non guasta mai per i moralisti un tanto al chilo, i disinformati, gli sputasentenze in servizio permanente effettivo.

Come sottolinea Fabio Gennari nella sezione L'Atalanta siamo noi, il problema non sono gli steward, sono le regole imposte agli steward che, per ciò che guadagnano e per ciò che devono fare, fanno sin troppo.

Il problema è la maleducazione sportiva, la tracotanza, l'inciviltà tracimanti in troppi stadi del Belpaese, figli di anni e anni di sottovalutazione del fenomeno, di ignavia, di incapacità di imporre il rispetto della legge dentro quelle che sono diventate zone franche e impunite. Ma questo è un altro discorso, fatto e rifatto una, dieci, cento volte ai sordi che stanno dentro il Palazzo e in questi anni prima di tutto hanno pensato a difendere le poltrone.

Qui si parla del meccanismo mediatico in base al quale, se uno steward fa ciò che ha fatto, evidentemente all'insaputa dell'Atalanta, la colpa sia dell'Atalanta. Per non dire degli stereotipi sui barbari tifosi nerazzurri, immediatamente scattati seguendo il riflesso condizionato dei cani di Pavlov: come se, nella fattispecie, i tifosi nerazzurri c'entrassero qualcosa e men che meno quelli della Curva Nord, protagonisti invece di una coreografia e di un sostegno decisamente spettacolari. L'episodio si è verificato all'ingresso della Tribuna Creberg e, anche in tribuna centrale, durante l'intervallo ci sono stati momenti di tensione con due spettatori adulti, indossanti maglie bianconere, che hanno addirittura spintonato il questore di Bergamo.

I fatti dovrebbero essere separati dalle opinioni. Al contrario, puntuale come in altre circostanze, si è scatenato il festival dell'ipocrisia. Come se Bergamo fosse la culla dell'inciviltà e degli animali da stadio, nel Paese dove fair play e correttezza regnano sovrani.

Suona poi tenero che a fare la predica sia pure il presidente del Coni, fresco di squalifica di 16 mesi inflittagli dalla Disciplinare della Federnuoto per via della guerra in corso fra Malagò medesimo e Barelli, presidente della stessa Fin.

Malagò che, sinora, come capo dello sport italiano, alla pari di Tavecchio, presidente della Figc, e Palazzi, procuratore federale, non ha aperto bocca per condannare, censurare, chiedere la punizione disciplinare di Lotito dopo le ributtanti parole pronunciate da quest'ultimo contro Beppe Marotta («Con uno occhio gioca a biliardo e con l'altro segna i punti». Agenzia Ansa, lancio delle 19.37 di venerdì 26 settembre 2014).

Malagò che, giustamente definisce "inaccettabile" ciò che è accaduto al bimbo, ma non ci spiega e, soprattutto, come capo dello sport italiano, non impone a Tavecchio e sodali di spiegarci come mai  le regole dettino agli steward comportamenti che è eufemistico definire odiosi, modello sabato scorso.

Malagò che,come Tavecchio e sodali, dovrebbe stracciarsi le vesti ogni volta che un tifoso in trasferta, a qualunque squadra appartenga, viene sottoposto a vessazioni e disagi di ogni sorta.

Malagò che non spende una parola per l'Atalanta che, con Pierpaolo Marino, ha contattato il padre del bimbo per manifestare solidarietà e disponibilità ad intraprendere ogni iniziativa che risarcisse il piccolo tifoso del torto subito.

Ma la palma dei peggiori in campo va assegnata agli spettatori di 50 o 60 anni che, ha raccontato stamane un genitore a L'Eco di Bergamo, «insultavano mia figlia e altri bambini fra gli 8 e 10 anni con le maglie della Juve. Andate a casa, cosa fate? Gridavano». Spettatori assisi in tribuna. Considerata la fauna che vi pullula,  ancora una voglia si capisce perché sia cento volte meglio andare in curva.

 

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