La risposta

Bergamasca nera: «Caro fascista dimmi perché vuoi uccidermi»

Bergamasca nera: «Caro fascista dimmi perché vuoi uccidermi»
Pubblicato:
Aggiornato:

Se la definisci coraggiosa, lei sorride dall’altra parte della cornetta. Un sorriso educato, che senti anche se non vedi, con il quale ti spiega che di coraggio ne ha avuto ben poco. E ha ragione lei. Dove sta il coraggio nell’esporre dei pensieri che, nel marzo 2018, dovrebbero essere normali, quasi banali? No, Leaticia Ouedraogo, 20 anni, studentessa di Lingue occidentali all’Università Ca’ Foscari di Venezia, nata in Burkina Faso e cresciuta a Bonate Sopra, è stata semplicemente sincera. Leaticia, trovatasi faccia a faccia con l’ignoranza più becera, alla rabbia ha preferito la compassione. E ha scritto tutto in una bellissima lettera pubblicata sul blog Line a20, nato quattro anni fa e interamente gestito dagli studenti del Collegio Internazionale Ca’ Foscari, dove vive.

 

 

Il fatto da cui tutto ha avuto inizio è stata una scritta che qualcuno ha impresso con un pennarello indelebile nel bagno della biblioteca in cui Leaticia sta svolgendo uno stage: «W il Duce. Onore a Luca Traini (il fascista che a Macerata ha sparato a caso contro persone di colore, ndr). Uccidiamoli tutti sti negri!». Di contorno alle parole, una svastica e una croce celtica. È a quel qualcuno, rimasto ancora senza nome, che la ragazza ha indirizzato la sua lettera e alcune domande: «Come puoi pensare di uccidere qualcuno solo per il colore della sua pelle? Cosa otterresti dalla mia morte? Io vorrei capire. Vienimi a parlare. Voglio essere guardata dritto negli occhi e voglio sentire cosa ti affligge. Perché mi odi? Come mi uccideresti? Come ti sentiresti dopo la mia morte? Saresti felice? Voglio capire la dinamica dei tuoi sentimenti. Vienimi a parlare prima di uccidermi, cosicché io ti possa abbracciare e mostrare un po’ di umanità».

È bastato un niente: in poche ore la lettera ha iniziato a girare sui social. Poi su altri siti. Poi sui giornali. È diventata notizia, prima locale poi nazionale. Fino a portare Leaticia ospite nel salotto televisivo di Massimo Gramellini, su Rai3. E anche se i commenti al video del suo intervento nel programma pubblicato su Facebook non lasciano particolarmente ben sperare, lei ci sta provando a fare capire che non ha fatto niente di speciale. «Mi ha stupita, tutto questo clamore. Non me lo aspettavo, anche perché la lettera è nata quasi per caso. Con i miei amici stavamo discutendo su che articolo pubblicare sul nostro blog. Il tema era il razzismo e io ho proposto questa riflessione, che avevo scritto di getto, come a volte mi capita di fare, in un’ora morta tra una lezione e l’altra».

 

Leaticia Ouedraogo, Le parole della settimana

"Il vaccino contro il razzismo non esiste. Come mi uccideresti?
Vorrei abbracciarti e dirti che non devi uccidere me, ma quel mostro che si nutre delle tue paure e della tua ignoranza"

Lettera a un coetaneo razzista, Leaticia Ouedraogo a Le parole della settimana

Pubblicato da Rai3 su lunedì 19 marzo 2018

 

In un passaggio della lettera ti definisci «immune al razzismo». Allora perché la decisione di pubblicarla?
«Inizialmente, l’episodio della scritta nel bagno mi era scivolato addosso. Il giorno dopo, però, mi sono resa conto che in realtà non l’avevo ancora digerito. Era inizio marzo, giorni in cui il dibattito su razzismo e rigurgiti di fascismo era sulle prime pagine di tutti i giornali. E poi mi aveva fatto venire in mente un episodio avvenuto qualche mese fa...».

Il dialogo con il tuo fratellino con cui si apre la lettera?
«Esatto. Mathys ha solo otto anni e, una volta, mi ha chiesto cosa volesse dire negher, perché due suoi compagni di classe a Bergamo l’avevano chiamato così. Gli ho spiegato che vuol dire “negro” e che, probabilmente, i suoi due amici volevano insultarlo chiamandolo così. E gli ho anche detto che, se l’episodio si dovesse ripetere, lui dovrà rispondere di essere fiero di essere negro».

E secondo te ha capito?
(Sorride, ndr) «No, non credo. È quello il problema: come lo spieghi il razzismo a un bambino di 8 anni? Per lui il razzismo non esiste. Mathys dice sempre che lui non è nero, ma marrone, e che i suoi amici non sono bianchi, ma rosa. Nella sua ingenuità, dice la cosa più vera».

Quindi questa lettera, più che per lui, l’hai scritta per te?
«Forse sì. O forse mi sono soltanto resa conto che...»

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo a pagina 5 di Bergamopost cartaceo, in edicola fino a giovedì 29 marzo. In versione digitale, qui.

Seguici sui nostri canali