Che cosa c'entra l'Atalanta con i problemi di ordine pubblico?
Il meccanismo è degno dei cani di Pavlov, lo studioso dei riflessi condizionati. A Bergamo c'è una bomba a orologeria chiamata stadio: insicuro, obsoleto, vecchio, da rifare. È l'autentica indecenza della Casta politica di ogni ordine e grado che, negli ultimi cinquant'anni, si è avvicendata al governo della città ed è stata sistematicamente incapace di disinnescarla. Parole, promesse, ignavia. Bene, anzi male. Perchè ogni volta che all'esterno del vetusto impianto si registrano episodi di violenza e gli abitanti di un intero quartiere vengono sequestrati o terrorizzati, com'è accaduto sabato scorso dopo la partita con la Roma, i cani del Palazzo abbaiano. E trasformano una questione di ordine pubblico nell'immancabile strumentalizzazione e criminalizzazione di tutti i tifosi bergamaschi e della stessa Atalanta. Come se a pagare non dovessero essere solo e soltanto quelli che verranno riconosciuti colpevoli di avere infranto la legge. Ma quelli e solo quelli. Come se la società dovesse e potesse prevenire gli incidenti: compito che non le spetta assolutamente e che assolutamente spetta allo Stato. I cui organi si devono mettere d'accordo sul modo di tutelare l'ordine pubblico se è vero, com'è vero, che stamane sull'Eco di Bergamo il questore è' stato durissimo contro Roma. Avevamo segnalato da mesi quanto l'appuntamento del 22 novembre fosse pericoloso - ha ricordato il dottor Finolli, un signore che ha il pregio della chiarezza -. E proprio per questo la trasferta doveva essere vietata ai tifosi romanisti. Naturalmente, non è stata vietata: con tanti complimenti all'organizzazione che fa capo al signor Alfano, quello che l'8 agosto scorso, presentando gli ennesimi provvedimenti repressivi, ivi compreso l'obbrobrio giuridico del daspo di gruppo, aveva solennemente sentenziato: tratteremo i delinquenti da stadio come i mafiosi e restituiremo gli stadi alle famiglie. Appunto. Poi sono venuti i bengala e le bombe carta di Roma-Cska, i petardi e i bengala di Italia-Croazia, sospesa per dieci minuti mentre la famiglia di Ciro Esposito aspetta ancora di sapere chi, secondo la giustizia italiana, abbia ucciso suo figlio, ferito a colpi di pistola andando all'Olimpico, la sera del 3 maggio e deceduto dopo 53 giorni di straziante agonia. Vi risulta che qualcuno abbia pagato nella catena di comando preposta all'ordine pubblico? Qualcuno si è dimesso? È saltata qualche testa? No. E allora, di che cosa stiamo parlando?