Un'intervista da vicino

Denia Mazzola, una vita da soprano

Denia Mazzola, una vita da soprano
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Ottenere un’intervista al soprano Denia Mazzola Gavazzeni è un po’ come dare la caccia a un tornado: non sai dove orienterà la prossima ondata di energia. Quando l’abbiamo “intercettata”, in due giorni via web (posta elettronica, social network), tallonata dentro un camerino, una chiesa e una casa di riposo per anziani (Fondazione Carisma, ai più nota come Gleno), siamo stati investiti da un torrenziale fiume di parole che raccontano la sua vita di artista.

La spensierata e viva giovinezza. Parte della sua storia è nota, anche perché singolare. Nata a Bottanuco (Bergamo) da famiglia modesta, studi orientati all’ottenimento di un impiego, la musica era solo una passione cui dava seguito cantando come voce solista nel coro della chiesa parrocchiale e nei viaggi organizzati dagli appassionati o dai componenti delle bande: all’Arena di Verona e al ritorno sul pullman Denia ricantava le arie più celebri fra lo stupore generale.

Era talentuosa non solo nella musica, disegnava e scriveva benissimo, precoce in tutto, sfidava i compagni in recite e improvvisate. Se ne ricorda una, esilarante, ispirata ai personaggi del primo libro di Fantozzi. Il tema era: avere il coraggio di presentarsi alla gita in montagna (fissata dal parroco) vestiti, appunto “alla Fantozzi”, cioè un’improbabile accozzaglia di indumenti fra cui un cappello di paglia e ciabattine da camera in raso. Ma le piacevano anche gli scherzi, e cantare per dispetto a squarciagola sotto le finestre degli amici. Poi ci fu il primo impiego, un lavoro di segreteria.

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La svolta, l’amore e il canto. Un ruolo che le stava ancor più stretto degli anni scolastici di ragioneria. Il canto sempre da autodidatta. Un giorno, sulla cronaca locale del Corriere della Sera comparve l’annuncio di una selezione di coristi per la Scala: qui avvenne il primo riconoscimento di un talento che rischiava di non essere notato dal grande pubblico. Tutti erano scettici: non si inizia a vent’anni compiuti una carriera, tanto più in assenza di una formazione di base e di studi regolari. Vero, sì certo, presumibilmente per tutti, ma non per Denia. Iniziò così la sua lenta salita, lezioni private che si pagava da sé e tanti sacrifici perché era indispensabile mettersi al passo con chi già studiava regolarmente da dieci anni.

A Bergamo viveva ed operava il già celebre direttore d’orchestra Gianandrea Gavazzeni e Denia gli scrisse. Ma nessuna risposta: troppi chiedevano un ausilio alla fama di Gavazzeni, che aveva così deciso di non rispondere a nessuno. Soltanto una sua direzione alla Scala li fece incontrare e – addirittura – sposare, nel 1991, con nozze molto chiacchierate per via della differenza d’età, interrotte dalla morte del maestro cinque anni dopo.

Da allora Denia non ha mai smesso di fare la cantante lirica, di esibirsi in numerosi paesi del mondo, non rifiutando anche gli ingaggi più scomodi e lontani perché la sua passione e il suo talento sono autentici e la sua carriera che ancora oggi continua è la risposta che zittisce le malelingue e impallidisce le cattiverie subite alla morte del maestro. Ha scelto un motto, inserito nel suo profilo: «Il tempo è galantuomo». E negli anni recenti ha fondato l’associazione Ab Harmoniae Onlus. Ce la facciamo raccontare da lei.

 

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Perché un’ associazione?
«Al punto in cui sono arrivata nella mia carriera ho sentito l’esigenza di un messaggio spirituale e di solidarietà. Il bisogno di restituire parte del successo ottenuto. Lo scopo principale di Ab Harmoniae è quello di promuovere la musica operistica sacra e il bel canto in luoghi come le chiese, le case di riposo per anziani, le carceri, e altri tipi di comunità. In alcune occasioni si esibiscono con me allievi della mia scuola di canto. Con l’associazione possiamo tenere in vita opere dimenticate, ad esempio Cecilia di Licinio Refice che è stata composta nel 1922 è andata in scena nel ’34 con grande successo e poi abbandonata. Refice è un compositore straordinario di stile wagneriano. Toscanini diceva di lui: “Se non avesse la veste talare sarebbe il più grande compositore del Novecento”».

Insegna anche canto, vero?
«Sono docente di arte scenica e canto a Trento e a Riva del Garda e scelgo gli allievi tramite audizioni che mi permettono di individuare le voci idonee al proseguimento dello studio».

Un’opinione sui talent?
«Un successo troppo rapido, momentaneo, che noi chiamiamo “la forza del lupo”. I giovani devono calcare il palcoscenico, sentire il contatto col pubblico e progredire a tappe, in una parola fare esperienza, dai teatri di provincia ai recital come quello tenuto, appunto, con tre allievi (Beatrice Zacconi di Alessandria, Marta Iodice, napoletana e Ken Watanabe, giapponese, accompagnati al piano da Svetlane Huseynova dell’Arzebaijan) alla casa di riposo S. Maria Ausiliatrice, già Gleno».

Quindi scuola di musica, onlus e poi?
«C’è sempre la mia attività di concerti, di cui la prossima rassegna e in qualità di rappresentante per l’Italia si terrà in Estonia. Per quanto riguarda le opere, ora ne faccio solo una all’anno».

E il concerto tenuto nella Chiesa delle Grazie?
«È stata una mia proposta al parroco, monsignor Valentino Ottolini, che ringrazio. Ho pensato che quello che succede ai cristiani in medio-oriente e in altre zone dell’Africa. È terribile e in quanto credente è mio dovere dare testimonianza della mia fede e farlo con gli strumenti che mi sono propri. È un messaggio alla cittadinanza con un’elevazione musicale nel nome di Giustizia e Pace per i cristiani perseguitati, uccisi o dispersi in vaste aree del mondo. Credo che dovremmo fare tutti qualcosa di più per sollecitare l’attenzione sull’argomento. Ho scelto pagine di preghiera tratte dalle opere di Donizetti, Verdi, Rossini, Ponchielli e Mascagni. Con me si sono esibiti il mezzosoprano Elena Bresciani e il baritono Ken Watanabe. All’organo, il maestro Giovanni Brollo».

Prossime esibizioni a Bergamo?
«Anche quest’anno dal 25 giugno al 5 luglio continuo la mia collaborazione col Comune di Bergamo con la rassegna Opere a palazzo (nel cortile di palazzo Frizzoni). Eseguirò musiche di Gaetano Donizetti e brani della Gioconda di Ponchielli. Poi, su richiesta della fondazione MIA Misericordia Maggiore, alla quale mi lega un rapporto di stima reciproca, terrò un’esibizione nel restaurato Monastero di Astino il 3 luglio (ore 21) e un successivo concerto nella Sala Piatti».

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