La famiglia Pozzi

I custodi della chiesa di Paderno Una bella storia d'altri tempi

I custodi della chiesa di Paderno Una bella storia d'altri tempi
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In copertina: Giuseppe Carlo Pozzi con la moglie.

 

Custodi della chiesa di Paderno per 150 anni: è la storia della famiglia Pozzi, che il Gruppo di Mediazione Didattica, associazione composta da persone appassionate alla conoscenza del territorio seriatese, ha deciso di raccontare. Il gruppo scova nuove storie sul patrimonio storico, sociale e culturale della città di Seriate e da anni si occupa di arricchire il museo della chiesa settecentesca di Sant’Alessandro a Paderno, cuore della zona. E, proprio nello spazio adiacente alla sacrestia, si trova questo museo permanente che racchiude storie passate e presenti di Paderno. In occasione della festa della Madonna nel mese di maggio, il Gruppo di Mediazione Didattica collabora con Davide Testa, curatore del museo, nell’allestire con un tema di anno in anno diverso i locali, che sono aperti al pubblico e visitabili su prenotazione.

 

 

Questo 2017 è stato dedicato a due tematiche particolarmente care a Paderno: una racconta il percorso religioso dei preti che si sono succeduti alla guida della zona, da don Franco Cassera, don Gigi Orta, don Cesare Micheletti, fino a don Stefano Manfredi. L’altra ricerca ha invece riguardato la famiglia Pozzi, che, di generazione in generazione, per quasi centocinquant’anni è stata fedele custode della chiesa. Il primo della famiglia a esercitare questo ruolo fu Giuseppe Carlo Pozzi, contadino della zona, che già nella seconda metà dell’Ottocento viveva nei locali adiacenti la chiesa, di cui era il custode e il sacrestano. «È stato il capostipite di una grande famiglia: infatti dalla prima moglie sono nati sei figli, di cui uno morto nel corso della prima guerra mondiale, e dalla seconda quattro», spiega Chiara Bellani, che si è occupata della ricerca storica sulla famiglia insieme a Rosanna Sandrinelli, entrambe ricercatrici del Gruppo di Mediazione Didattica.

«Ai tempi la vita qui era semplice e morigerata, senza né elettricità né acqua potabile fino al 1950; c’era un solo camino per cucinare e riscaldare almeno la cucina - racconta la ricercatrice -. La roggia Vescovada, che lambisce ancora oggi i muri della chiesa a est, forniva l’acqua per l’igiene personale e per lavare anche gli arredi sacri. Considerata la capienza delle tre stanze, quando la famiglia era troppo numerosa, qualcuno decideva di trovare lavoro e casa altrove, ma tutti poi convergevano regolarmente nella loro casa principale. Abbiamo anche ricostruito l’albero genealogico grazie a numerose ricerche svolte in Comune e in parrocchia: della famiglia capostipite rimangono tutt’oggi numerosi nipoti e pronipoti, tra i quali Andreina Valsecchi e Flavio Pozzi».

 

 

Ancora narrano e ricordano suoni, profumi, eventi e incontri di allora: «Il suono delle campane, gli addobbi per le feste importanti, i candelabri lucidati a dovere, le candele che si scioglievano per il gran caldo estivo, le feste per la Madonna che richiamavano fedeli persino dai paesi vicini, anche se erano semplici “feste di campagna”». Fra gli aneddoti che ancora raccontano, emergono anche ricordi terribili legati alla Seconda Guerra Mondiale: «Qui vicino c’era la pista dell’aero - porto e nella canonica erano alloggiati i soldati tedeschi (come per altro su tutto il territorio di Seriate) che, poco distante dalla chiesa, dietro alcune casematte, eseguivano fucilazioni - spiega la ricercatrice -. La chiesa non è mai stata bombardata malgrado la sua posizione strategica: forse la Madonna l’ha protetta. Negli anni Ottanta è stato necessario utilizzare anche la sacrestia per permettere ai numerosi fedeli di assistere alla messa: succedeva così che, mentre pregavano, sentivano il profumo del pranzo domenicale proveniente dalla cucina di colei che è sempre stata considerata l’ultima storica sacrestana: Evelina Pozzi». Attualmente infatti non solo non è più agibile quella che era l’antica dimora del custode, ma neppure più esiste questa figura: eppure la signora Evelina, sacrista fino al 1995, resterà nelle memorie di Paderno come la discendente di quell’antico ruolo tanto stimato e riverito dalla comunità.

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