di Fabio Gualandris
La storia di Julio, da Cuba all’Italia per lavoro e per il futuro della sua famiglia, dal diamante del baseball ai campi della Serie A e all’Atalanta. Una doppia sfida, tra sogni, sacrifici e una nuova passione nerazzurra. Lo incontriamo a due passi dalla sua abitazione, un bilocale nel centro storico di Albino.
«Mi chiamo Julio Antonio Rios Ortiz, sono nato a Manzanillo Granma 42 anni fa e vengo da Cuba. Successivamente mi sono trasferito a Campo Florido di L’Avana, località che ha per patrona Sant’Anna, come la chiesa vicina a casa mia qui ad Albino. Sono sposato con Ania, abbiamo due figli, la femmina Celin di 16 anni, il maschio Enmanuel di 13; attualmente tutti loro vivono a Cuba. Siamo una famiglia cristiana, cattolica. Crediamo sempre in Dio».

Da quanti anni vive in Italia?
«Da sette anni, era il 2018. Mia sorella, sposata con Fabio, già viveva in Italia, a Gandino. Io sono venuto per lavorare, ma più avanti, quando tutti i documenti saranno pronti, conto di riunire qui la nostra famiglia».
Ci parli del lavoro…
«Appena arrivato ho abitato a Calcinate, ma presto mi sono trasferito ad Albino lavorando come badante a un anziano sacerdote, don Giovanbattista Caccia, accompagnandolo negli ultimi suoi mesi di vita. Da tempo lavoro alla fonderia Arizzi di Albino. Il lavoro è un po’ pesante ma mi piace, lo faccio con passione».
Di cosa si occupava a Cuba?
«Lavoravo come ispettore della sanità per il Comune. Andavamo nelle case per interventi di prevenzione e a controllare se c’erano zanzare tigre, insetto che può trasmettere diverse malattie virali, tra cui la Chikungunya, la Dengue e il virus Zika».
Ha costruito relazioni con le persone di qua?
«Sì, ho conosciuto tante persone, soprattutto qui ad Albino, dai vicini di casa al bravissimo prevosto don Giuseppe, ma anche ai compagni di lavoro e di scuola con cui siamo diventati amici».
Di scuola?
«Sì, all’Istituto Romero ho frequentato per un anno i corsi di italiano, mi piace tanto la lingua italiana che trovo molto simile allo spagnolo».
E poi ha scoperto anche l’Atalanta.
«Già prima di venire in Italia conoscevo un po’ l’Atalanta, mio cognato è di Gandino e tifoso atalantino. Quando lui veniva a Cuba ci portava magliette e gadget della Dea».
Come ha cominciato a seguirla?
«Appena arrivato in Italia guardavo il calcio in televisione, saltuariamente andavo al bar per seguire le partite. Ma dopo che sono entrato in fonderia, si è rinforzata di più questa passione; i miei colleghi di lavoro, che la seguivano più da vicino, mi hanno invitato ad andare con loro allo stadio: ci sono andato indossando i colori nerazzurri e con la mia bandiera cubana, diventando per loro “il primo atalantino cubano”. Bandiera cubana che porto in onore ai tanti cubani che vorrebbero andare allo stadio. Mio papà mi dice che per lui è un suo sogno andare in uno stadio così a vedere una partita di calcio».
In quale settore dello stadio andate?
«In Curva Nord, dove il tifo è più caldo e tutti cantano». (…)