Da Denis a Pinilla, quelli che rovesciano l'Atalanta (con Reja)

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A colpi di pareggi, Edoardo Reja sta salvando l’Atalanta. E la sta salvando perché il primo a credere che l’impresa fosse possibile è stato proprio lui, sin dal momento in cui ha preso il posto di Colantuono. Lui che ha rilanciato Denis, sino al raptus che ha tolto di mezzo l’argentino, lui che ha sopportato tre partite senza Pinilla proprio perché era stato capace di ripartire da Denis.

Otto punti di vantaggio sulle terz'ultime (in realtà sono nove, tenuto conto degli scontri diretti) quando mancano cinque partite alla fine, costituiscono un vantaggio rassicurante per una squadra che a Cesena ha rischiato di perdere dopo avere meritato di vincere. Va bene così. Va benissimo così. Quando la salvezza sarà aritmetica, ci sarà tempo e modo per ripercorrere a uno a uno tutti gli affanni, tutti gli errori, tutte le vicissitudini di una stagione stregata, che sarebbe potuta essere maledetta. Se non lo è stato, il merito è anche della società che in gennaio ha avuto la determinazione e il denaro necessario per andare a prendere il cileno mago delle rovesciate.

E anche questo è un segno di forza: è il caso di ricordarlo ai gufi e alle prefiche che dall’inizio della stagione remano contro. Quelli che per mesi non hanno speso una parola per la criminalizzazione di un'intera tifoseria; per il bando degli atalantini dalle trasferte; per l’invereconda chiusura per quattro turni del Baretto dello stadio, decisa ricorrendo a una norma in vigore durante il fascismo. Quelli che si sono inchinati alla disinformazione e la disinformazione hanno praticato, raccontando panzane. Peggio per loro.

Pinilla al Manuzzi è andato addirittura in verticale, salendo in cielo per fulminare i romagnoli che con Perico, bergamasco figlio di Eugenio, avrebbero potuto trovare il 3-2, ma hanno buttato la vittoria alle ortiche. Sono gli strani incroci del destino, nel calcio come nella vita. Mai mollare. Come dicono i tifosi, l’Atalanta siamo noi.

 

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